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CREMA. L'INCONTRO

Ruffoni racconta le vette della ‘sua’ Africa

Lo scalatore cremasco parla di ascensioni e rispetto dell’ambiente

La Provincia Redazione

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15 Febbraio 2025 - 11:41

 Ruffoni racconta le vette della ‘sua’ Africa

Filippo Maria Ruffoni

CREMA - Una sala Fra’ Agostino gremita ha accolto le storie d’Africa di Filippo Maria Ruffoni, alpinista di Montodine 37enne. Quella organizzata mercoledì dalla sede di Crema del Touring Club Italiano è stata una serata alla scoperta delle vette delle montagne della Tanzania, che il cremasco ha scalato per ben cinque volte. Tra aneddoti, consigli e suggerimenti pratici per affrontare la scalata, Ruffoni ha affascinato con i suoi racconti d’alta quota. Ad accompagnare la presentazione del reportage fotografico, anche un velo di nostalgia e le domande di amici, appassionati di alpinismo e semplici curiosi della montagna.

«Non solo praterie e savana: l’Africa è anche maestose montagne e vulcani inattivi», ha esordito Ruffoni, che cinque anni fa partiva alla volta del Kilimanjaro, per conquistarne la vetta in sette giorni.

Più recente — febbraio 2023 — è invece la scalata del monte Meru, situato nel territorio delle grandi migrazioni. L’alpinista ha ribadito a più riprese il profondo rispetto per la biodiversità e la tutela delle specie animali e vegetali che il governo locale pretende dagli escursionisti: l’ingresso nei parchi è regolato da precise regole, così come le opzioni disponibili per il pernottamento durante la scalata e i percorsi di salita possibili. Indispensabile per Filippo è essere fedele allo spirito di montagna: entrambe le scalate sono state effettuate insieme a un gruppo di portatori, ovvero un team di locali che aiuta gli alpinisti durante la salita provvedendo al trasporto di cibo e tende. «La riuscita delle spedizione dipende anche dai portatori. Per me è indispensabile rispettare la dignità di queste persone che stanno lavorando per me ed esprimere loro la mia gratitudine condividendo i pasti».

A fare da cornice ai racconti di Ruffoni l’incontro e il confronto con la cultura locale. «Hakuna matata è il motto della popolazione locale. Quell’andrà tutto bene invoca anche una sorta di fatalismo interpretato come stile di vita: se una cosa deve succedere, succederà», ha spiegato, dicendosi a volte in difficoltà di fronte al confronto tra questo approccio alla montagna e quello degli alpinisti come lui, che invece affrontano la spedizione solo ben equipaggiati e con un’adeguata preparazione fisica.

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