L'ANALISI
14 Febbraio 2025 - 17:51
CASALMAGGIORE - Il giudice ha assolto con formula piena — perché il fatto non sussiste — dall’accusa di omicidio colposo il medico delle Usca che la mattina del 24 febbraio 2021 visitò a domicilio un 78enne cardiopatico con by pass, diabetico e contagiato dal Covid. L’anziano fu stroncato da un infarto alle 23 del 26 febbraio all’Oglio Po, collassato nel bagno della stanza in cui fu ricoverato quello stesso giorno.
Nella visita del 24 mattina per un dolore alla spalla, non ci fu alcun sospetto di infarto. Ecco perché il medico non fece l’elettrocardiogramma al paziente. Entro 45 giorni sarà depositata la motivazione della sentenza arrivata nel primo pomeriggio di oggi.
Anche il pm aveva chiesto per il medico l’assoluzione («Non vi è la prova oltre ogni ragionevole dubbio») «alla luce delle nuove incertezze insinuate» dai consulenti tecnici della Procura Giancarlo Marenzi — direttore della Terapia intensiva cardiologica e del Translational diagnostics and therapeutics program del Centro Cardiologico Monzino di Milano — e il medico legale Manuela Margherita. ‘Incertezze insinuate’ all’udienza del 24 gennaio scorso, quando i periti del pm si erano corretti.
Se nelle prime perizie effettuate in fase di indagine, «davano l’insorgenza dell’infarto da un giorno a tre giorni prima del decesso», risentiti, avevano chiarito che «non c’erano motivi particolari per fare l’elettrocardiogramma», che «anche un intervento tempestivo non avrebbe modificato l’esito letale». Il 24 febbraio, il 78enne chiamò il proprio medico curante: troppo lavoro, non riuscì a soddisfare la richiesta. Scattò l’intervento delle Usca, i team medici che seguivano i pazienti Covid nelle loro abitazioni.
Del team faceva parte il medico oggi assolto: verso mezzogiorno si recò a casa dell’anziano, lo visitò, lo sottopose al ‘walking test’, il test del cammino in 6 minuti che non evidenziò alcunché di anomalo. Terminata la visita, il medico stilò un referto, consigliando al medico curante del 78enne di attivare il ‘pacchetto Covid’. Il 26 febbraio, le condizioni dell’anziano peggiorarono, il medico di base ne chiese il ricovero. Il 78enne arrivò al Pronto soccorso verso le 13. Dopo quattro, cinque ore di attesa, il ricovero.
Ma neppure al Pronto soccorso gli fu fatto l’elettrocardiogramma. Alle 23, la morte per infarto. «Un paziente ad altissimo rischio per il quadro clinico, ma quando il medico lo ha visitato a casa, l’infarto non era ancora in atto. Non ravvisiamo criticità nella visita a domicilio. Non risultano ritardi rispetto alla condotta del medico». Così, i periti super partes del giudice: il medico legale del Civile di Brescia, Andrea Verzeletti, e Damiano Rizzoni, ordinario di Medicina interna all’Università di Brescia. «Quando a mezzogiorno del 24 febbraio, il medico è andato a visitare il paziente, l’infarto non poteva essere in atto».
Così Massimo Amato, direttore del Dipartimento di emergenza urgenza e Pronto soccorso del Carlo Poma di Mantova, e Francesco Tiboni, medico legale, consulenti dell’avvocato Nicola Turzi, difensore del medico. «Non si sarebbe dovuti arrivare sino a qui con il rinvio a giudizio, perché l’accadimento non è stato datato con certezza — ha sottolineato Turzi—. Tutte le procedure necessarie sono state fatte. Anche al Pronto soccorso nessuno ha ritenuto di fare l’elettrocardiogramma al paziente. La situazione era nella norma e non è stato quindi ritenuto di disporre ulteriori esami. Ed è stato il mio assistito a consigliare il pacchetto Covid».
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