L'ANALISI
01 Febbraio 2025 - 05:20
CASTELVETRO - È la ‘Las Vegas’ della provincia e uno dei cinque territori regionali da ‘bollino nero’, dove si superano statisticamente i cinquemila euro pro-capite annui di spesa per il gioco d’azzardo. Erano attorno ai 4mila l’anno precedente. Castelvetro, capitale della Bassa Piacentina al confine con Cremona, ancora una volta finisce al centro dell’indagine sulla ludopatia presentata da Cgil, Spi-Cgil, Federconsumatori e Auser Emilia-Romagna.
Dallo studio emerge innanzitutto che quella di Piacenza è la provincia emiliana in cui si gioca di più, un poco edificante primo posto causato principalmente dal gioco fisico che porta la spesa pro-capite annua a 2mila euro. Il gioco online si ferma invece a 1.506 euro pro capite. Se Castelvetro è al primo posto per giocate e registra l’ennesima impennata, subito dopo arrivano Alseno (che si ferma però a 3.002 euro pro-capite) e Pontenure dove la crescita in un anno è stata del 129%. Complessivamente nel Piacentino sono stati spesi 635 milioni in un anno e nel solo capoluogo l’aumento è stato del 3%.
Analizzando le zone, il distretto sanitario di Levante che comprende anche il resto della Bassa ha giocate pro-capite medie fra i 1.300 e i 1.600 euro pro-capite; per il gioco online risulta in testa Caorso. Per quello fisico la maglia nera va appunto a Castelvetro, che sul territorio ha anche una sala slot.
«Noi abbiamo un’ordinanza che prevede la limitazione degli orari di funzionamento delle slot o macchinette – ricorda il sindaco castelvetrese Silvia Granata – e c’è un’attività di controllo che, però, non è mai sufficiente né risolutiva. Ricordo che le strutture dedicate al gioco d’azzardo sono autorizzate dalla questura e senz’altro noi scontiamo la vicinanza alla città». Poi precisa: «I numeri del ‘giocato’ pro-capite, per un paese di frontiera come il nostro, non indicano quanto il problema interessi effettivamente i residenti di Castelvetro. La ludopatia però è senz’altro una fragilità sociale che emerge anche in diversi casi in carico ai nostri Servizi sociali, spesso associata ad altri disagi».
In seguito alla diffusione dei dati della ricerca, anche Emanuele Cavallaro dell’Anci Emilia-Romagna si è espresso evidenziando il peggioramento del fenomeno: «I 9,5 miliardi di spesa in gioco sul territorio regionale sono un’enorme ferita per le comunità che amministriamo. Si tratta di una gigantesca fonte di entrata per i concessionari e per lo Stato, perché il banco vince sempre, e di una enorme uscita per il Welfare e la sanità locali, che devono invece curare e sostenere le famiglie dilaniate dalla ludopatia che, lo ricordiamo, è scientificamente una malattia e non una cattiva abitudine. Nella battaglia contro il gioco d’azzardo, i sindaci si sentono spesso istituzionalmente soli: in forza della bella legge fatta dalla Regione Emilia-Romagna, i Comuni si impegnano a chiudere o allontanare sale gioco dai luoghi sensibili, impegnandosi a mani nude in ricorsi e battaglie legali che, per quanto legittime, dimostrano la lacunosità delle norme statali». Anci ha anche rivolto un appello ai parlamentari emiliano-romagnoli: «Se si tornasse a giocare solo al lotto e al totocalcio, forse negli uffici dei sindaci arriverebbero meno disperati in cerca d’aiuto».
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