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MALATI D’AZZARDO: PIAGA SOCIALE

Quando il gioco ti rovina: «Nella testa solo il buio»

La dipendenza vista dal legale Beber, amministratore di sostegno di 40 ludopatici

Francesca Morandi

Email:

fmorandi@laprovinciacr.it

11 Novembre 2024 - 20:51

Quando il gioco ti rovina: «Nella testa solo il buio»

Nel riquadro Consuelo Beber

CREMONA - Il più giovane ha 21 anni, i più grandi intorno ai 55. Sono «malati di ludopatia» assistiti dall’amministratore di sostegno Consuelo Beber, avvocato che svolge anche questa attività dal 2008 (la misura di protezione è stata introdotta nel 2004). Oggi ne amministra una quarantina. Dal suo osservatorio spiega le dinamiche: che cosa spinge a rovinarsi con un gioco a perdere: macchinette, ‘Gratta&Vinci’ e scommesse. Una piaga sociale che nel tunnel spesso trascina le famiglie, «perché le prime cose che saltano sono le bollette — luce, acqua e gas — e l’affitto. I ludopatici sono accumulatori di debiti».

L’avvocato Beber fa una premessa: «Partiamo dal presupposto che sono tutte persone con dei disagi personali, con delle difficoltà che possono derivare da vari problemi: fisico, psichiatrico, l’asocialità». E che, quindi, «nello sbocco nel gioco, innanzitutto vedono una rivalutazione di se stesse, ma giocano anche per riempire la giornata» E «per avere un sostentamento, perché giocando, per la grande legge dei numeri, prima o poi vinci, hai la possibilità di vincere e, di conseguenza, non vedi la spendita, ma l’incasso. Nella tua patologia, vedi che giocando, comunque porti a casa dei soldi». Addirittura 100mila euro li ha portati a casa un suo assistito.

Nella casistica dell’avvocato, c’è un assistito che ha subito un grave infortunio sul lavoro «riportando una menomazione sia fisica sia mentale. Impossibilitato a lavorare, ogni giornata la cominciava giocando. Il fatto è che aveva alle spalle una famiglia da mantenere». Un altro ancora, «pur lavorando, ha iniziato a giocare». Il gioco che diventa «riempitivo», una «povertà mentale», perché «il tempo fuori dal lavoro, lo riempiva giocando al punto che quando ha poi cambiato lavoro, si è mangiato fuori tutto il Tfr e la pensione della famiglia. La sua fortuna è di non aver mai perso il lavoro. Così, quando vi è stata la mia nomina, abbiamo rimesso in fila tutto ciò che andava pagato».

Nei ludopatici «non vedi più le priorità. La priorità è ‘Devo giocare, perché tanto mi salta fuori qualcosa dal gioco’». Nel caso dei giovani, «cominciano, giocando i soldi delle paghette. Se la macchinetta o il ‘Gratta&Vinci’ sono vietati ai minorenni, lo dovrebbero essere anche le scommesse, ma queste hanno un giro più grande nei ragazzi, perché gli permettono di giocare. Il meccanismo è che ogni tanto vinci qualcosa e, allora, con la vincita ti entrano più soldi e aumenti le spese. Ma nel caso dei giovani, i soldi spesso servono per comprarsi la droga. C’è sempre un disagio di base, indipendentemente dal tipo di famiglia». Beber lo sottolinea: «Nei miei casi, non stiamo parlando di famiglie disagiate. Parliamo di un disagio della persona, che cerca una fuoriuscita, una luce in fondo al tunnel».

Nel caso dell’amministrazione di sostegno funziona così: il conto corrente viene bloccato e su autorizzazione del giudice tutelare, «io il lunedì mattina carico una tessera con la somma che il mio assistito può spendere durante la settimana: viaggiamo da un minimo di 60 euro per chi non deve fare la spesa settimanale a un massimo di 100-110 euro». Poi, però, accade che «quando i soldi finiscono, il ludopatico li chiede in prestito. Innanzitutto, ti rivolgi al giro di amici e poi il giro lo allarghi: i soldi te li prestano anche quelli delle agenzie di scommesse. Nulla di illegale, sia chiaro, ma poi resta un obbligo di restituzione. Ho visto prestiti di somme importanti da restituire: ‘Devo restituire 3 mila euro a quella persona, 4 mila a quell’altra, 5 mila a quell’altra ancora».

E i prestiti li ottengono grazie «alla bugia», perché «il ludopatico è un bugiardo cronico. Ti racconta l’impossibile, pur di avere il denaro. Ti racconta del parente che sta molto male, della famiglia in difficoltà. La bugia è sempre associata ai familiari. ‘Mia madre sta molto male, devo partire per l’estero per vedere come sta e ho bisogno di soldi per il viaggio’. È logico che se vai da un amico e gli dice che il tuo familiare sta male, l’amico un aiuto te lo dà. Nel caso dei familiari, invece, arriva il ricatto: ‘Se non me li dai, mi faccio del male, mi ammazzo’». Nel caso di prestiti dalla cerchia di amici, subentra un problema. «I soldi vengono bloccati, ma il ludopatico continua a chiederli a prestito ai conoscenti. E tu amministratore sei in difficoltà, perché non puoi dare soldi a terzi. Negli ultimi anni, nei decreti di nomina i giudici ti obbligano all’utilizzo del denaro solo attraverso sistemi elettronici: bonifici, bancomat. Qui sono soldo cash e sorgono molte difficoltà». Beber racconta il caso di un amministrato che dopo la sua nomina, «ha continuato a chiedere prestiti per 3-4 volte a persone diverse».

Se ne esce? «In qualche caso sì, quando il ludopatico è collaborativo».

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