L'ANALISI
30 Gennaio 2025 - 19:11
Nel riquadro l’avvocato Alberto Zucchetti
CASTELLEONE - Li spacciava per veri, ma erano ‘croste’. Storia di nove opere d’arte false attribuite una a Mario Sironi, tre a Giovanni Fattori, una a Gaudì, una a Silvestro Lega, una a Riccardo Licata, una a Giuseppe Capogrossi, una a KPetrik. Falsi i dipinti, falsi gli expertise.
Il 19 maggio del 2022 i carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale di Monza sequestrarono i dipinti a Castelleone, nel magazzino di un 69enne, venditore ambulante di opere d’arte. Insieme ai dipinti, portarono via documenti (alcuni compilati, altri ancora in bianco) di accompagnamento delle opere con timbro dell’Ufficio donazioni del Vaticano. Sotto sigillo anche i timbri. E una macchina da scrivere.
Contraffazione, l’accusa che oggi ha portato il 69enne di Castelleone davanti al giudice, insieme all’altra di ricettazione di un olio su tela ‘nobildonna con ventaglio’, rubata il 10 marzo del 2022 nel castello di Podenzana. E di contraffazione di 4 delle 9 opere d’arte è accusato un 77enne di Padenghe sul Garda, difeso dall’avvocato Alberto Zucchetti.
Parte da Pisa la storia dei falsi su cui hanno indagato i carabinieri di Monza e gli specialisti del Ris di Parma sentiti oggi al processo.
Giovedì 21 aprile del 2022. A Pisa, sotto le Logge dei Banchi, vicino al palazzo Comunale, c’è un mercatino ambulante. Il castelleonese ha messo giù la sua bancarella: espone dipinti, schizzi e disegni di Warhol, Basquiat, Haring, De Chirico, Depero, Boccioni, Pellizza da Volpedo, Fattori, Lega. E un Sironi. Ce n’è per attirare l’attenzione di un signore che è a Pisa per un breve soggiorno, ricercatore universitario di professione. Il quale si stupisce che in quel contesto a suo dire «inconsueto» qual è un mercato ambulante, su quella bancarella siano esposte opere asseritamente originali di artisti di fama mondiale e dai prezzi inaccessibili. Incuriosito, si avvicina, parla con l’ambulante di Castelleone, il quale gli garantisce che le opere sono originali. La prova? Gli esibisce certificati di autenticità, timbri e firme di periti e di gallerie d’arte. Il ricercatore universitario viene attirato in particolare da un Sironi venduto a 4mila euro. Sul retro c’è il timbro con la firma del perito che, in apparenza, avrebbe accertato l’autenticità. Il timbro: ‘Claudia Gianferrari’.
L’ambulante sceso a Pisa da Castelleone non può lontanamente immaginare chi sia la persona che gli è davanti. Sfortuna per lui, il ricercatore è amico del professore Andrea Sironi-Straußwald, storico dell’arte e unico discendente diretto dell’artista, presidente dell’associazione Mario Sironi, con sede in via Battisti a Milano. Nel 2007 l’ha fondata con Claudia Gian Ferrari, per almeno trent’anni una delle protagoniste del mondo artistico italiano, scomparsa il 24 gennaio del 2010.
Il ricercatore scatta una foto dell’opera, retro e verso, la invia su WhatsApp all’amico Sironi. Intanto l’ambulante gli consegna il suo biglietto da visita: ‘Gallerista d’arte...’. Il professor Sironi ci mette un battito di ciglio a capire che il dipinto è una crosta. Telefona subito all’amico, spiegandogli il perché. Lo spiegherà anche nella lettera che invia al Nucleo carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Monza. Quel Sironi è un falso «talmente evidente da risultare palese anche solo dalla fotografia». E «smaccatamente contraffatti» sono il timbro e la firma della gallerista Claudia Gian Ferrari, con la quale il professore ha lungamente collaborato e fondato l’Associazione Sironi. «È addirittura sbagliato il nome: ‘Gianferrari’ anziché ‘Gian Ferrari». Sironi spiega che «Claudia Gian Ferrari non apponeva mai timbri e firme al verso dei dipinti, ma sempre e solo al verso delle fotografie».
Il giorno successivo, a Pisa la bancarella del gallerista di Castelleone non c’è più. Nei giorni successivi, bussano alla sua porta i carabinieri di Monza: gli perquisiscono la casa. E il magazzino: sequestrano le 9 opere d’arte, timbri, documenti e la macchina da scrivere. Il carabiniere del Ris poi accerta che i 9 documenti di accompagnamento dei dipinti sono stati ‘confezionati’ con quella macchina da scrivere.
Agli investigatori di Monza, il gallerista spiega di aver ricevuto quattro dei 9 dipinti dal 77enne di Padenghe. «Il mio assistito glieli ha dati, perché li vendesse come opere non autentiche», ha spiegato l’avvocato Zucchetti. Tre anni fa, fu perquisita anche la casa del 77enne: esito negativo. In aula si tornerà il 13 marzo prossimo.
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