L'ANALISI
29 Gennaio 2025 - 05:15
CREMONA - Con 146 nuove attività registrate in provincia e 259 cessazioni, il saldo del commercio al dettaglio (-113 esercizi) è ancora negativo: le saracinesche abbassate e non più rialzate nel corso del 2024 sono state troppe e pesano non solo su economia e servizi ai cittadini, ma anche sullo sviluppo turistico. Il divario è ancora più marcato in città dove, stando ai dati concessi dall’Ufficio Studi e statistica della Camera di Commercio, i negozi chiusi sono stati 60 e quelli aperti si sono fermati a 27 (-33). Meno della metà.
Fra le categorie più segnate dalla crisi ci sono i piccoli negozi alimentari (complessivamente 46 chiusure in provincia fra vendita carni, frutta, panetterie e altro), seguiti da quelli di abbigliamento e calzature (22 cessazioni in provincia). Reggono gli ambulanti, con nessuna cessazione, e le vendite online: in quest’ultima categoria c’è molto ricambio perché sono state avviate 42 attività a fronte di 33 chiuse. Bene anche il commercio auto, con 28 iscrizioni e 8 cessazioni. In città il numero maggiore di chiusure riguarda i negozi di abbigliamento, i frutta e verdura, le tabaccherie: per ogni categoria, cinque attività cessate nel corso del 2024. Si arriva così a 3.724 imprese commerciali registrate in provincia (di cui 3.455 effettivamente attive) e 897 in città (di cui 790 attive).
Considerando che tra il 2012 e il 2023 i negozi chiusi in città erano già stati 198, senza considerare le attività ricettive e della ristorazione, va da sé che l’allarme fra le associazioni di categoria non manca. Marco Stanga, vice presidente di Confcommercio Cremona, non lo nasconde: «Purtroppo non servono le statistiche per rendersi conto delle tante chiusure: basta passeggiare per il centro storico. E si sa già che nel 2025 molti altri negozi chiuderanno. Una sofferenza legata sì all’economia e all’inflazione, ma che ritengo parta da lontano».
Nel corso della sua analisi, Stanga snocciola anche proposte: «A questo punto credo serva uno studio finalizzato proprio a ridare vita al centro storico. Ma va anche rivisto il piano mobilità, vecchio di dieci anni, perché il tema parcheggi è tutt’altro che marginale. Fra aumenti delle soste e carenze di posteggi, diciamo che la gente non è particolarmente invogliata a frequentare il centro. La nuova amministrazione sta dimostrando sensibilità al tema, ma invertire la rotta non è semplice, anche perché nel frattempo Cremona è diventata poco attrattiva per i gruppi o catene: i flussi non sono considerati sufficienti e così assistiamo a chiusure di marchi che magari da altre parti invece investono. Cito ad esempio il caso di Zara, che da noi ha chiuso e a Piacenza ha rilanciato il negozio».
Per Stanga, infine, chi ha attività in centro rischia ormai di essere «penalizzato anziché avvantaggiato». E questo porta a spostarsi nelle periferie o nei centri commerciali. «A Parigi è accaduta una cosa curiosa: il Comune ha acquistato negozi vuoti e li ha messi in affitto a basso prezzo pur di garantire servizi in alcuni quartieri – conclude –. Se si va avanti di questo passo, il discorso potrebbe essere applicato anche in Italia».
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