L'ANALISI
27 Gennaio 2025 - 05:19
Paola Finzi in braccio al padre Umberto con la sorellina Marina
CREMONA - Salva grazie a una ‘soffiata’. «Il maresciallo dei carabinieri di Ostiano disse ai miei di fuggire il più in fretta possibile perché ci avrebbero arrestato». Paola Finzi (nella foto qui sotto), 82 anni compiuti mercoledì, ebrea, era allora una neonata. Per lei il Giorno della Memoria, che si celebra ogni 27 gennaio per commemorare le vittime dell’Olocausto, è anche ricordare quel gesto coraggioso. L’ex professoressa di Storia dell’arte e Disegno può raccontare l’odissea della sua famiglia. Non così lo zio paterno, Marcello Finzi, e il nonno materno, Ercole Deangelis: uno non è più tornato dal campo di concentramento di Auschwitz, l’altro da quello di Flossenburg. La nipote dei due deportati vive a Milano, ma è venuta alla luce all'ospedale di Cremona.
«Mio papà, Umberto, è originario di Ostiano, come i suoi quattro fratelli. Faceva il fabbro, una cosa abbastanza strana perché solitamente si pensa che le famiglie ebraiche siano altolocate».
A causa delle persecuzioni delle leggi razziali («Che io definisco razziste»), i Finzi si erano trasferiti dal paese lungo l’Oglio a Milano. «Papà lavorava in un’officina di periferia. I miei avevano la tessera annonaria ma non potevano usarla, e così compravano qualcosa al mercato nero. Sono stati sfollati e hanno fatto rientro a Ostiano, in via Costiera, una piccola casa spoglia, due stanze con una saletta al primo piano e due al secondo. Un alloggio concesso in uso da Enrica Finzi, una donna, non mia parente, facoltosa. È in quel periodo che sono nata io. Da noi è tradizione che il secondo nome sia ebraico, a me è stato dato quello, un po' mascherato, di Lea». Gli inizi dello nuova vita dalla città alla campagna scivolano via abbastanza tranquilli. «Tutti conoscevano mio padre, sapevano che si era nascosto e lo proteggevano. Lui sperava di non essere denunciato».
Ma la situazione precipita. «Una sera il maresciallo dei carabinieri è arrivato: ‘Cercate di scappare e di farlo subito perché domani mattina vogliono portarvi in carcere’. Ce ne siamo andati quella sera stessa: il papà con me piccolissima, mia mamma Erminia e i miei nonni. Quell'uomo in divisa è stato molto generoso. Avrei tanto desiderato ringraziarlo, ma tutto ciò di cui parlo ora l’ho appreso solo in seguito dalle memorie che mio padre, una volta in pensione, ha scritto».
Dopo quell'avvertimento, riprende il peregrinare dei Finzi, che lasciano Ostiano e partono per Genova, dove, nel luglio del ‘44, viene al mondo la sorellina di Paola, Marina, in omaggio al mare. «Ma siamo stati costretti a scappare nuovamente e rifugiarci sopra la città, alla Madonna della Guardia, consigliata a mia mamma da qualcuno che l’aveva informata della presenza di una locanda dove c’era la possibilità di metterci in salvo. Si trattava di un covo di partigiani, il cui capo era Beppe Fenoglio, che mia madre ha conosciuto. Un paio di giorni dopo, i partigiani hanno detto ai miei che non potevano stare lì con le bambine e che dovevano andarsene subito».
Addio a Genova, ritorno a Milano. «Naturalmente non nella vecchia abitazione che era stata occupata dal fratello, un fascista, del proprietario, ma in quella dove avevano trovato riparo i miei nonni paterni. Ai vicini mio padre spiegava che era un profugo dall'Italia del Sud, nel frattempo liberata dagli Alleati. Non so come riuscisse ad esprimersi in quel modo perché parlava solo il milanese. Avevamo documenti falsificati, eravamo diventati da Finzi a Floris. Mia mamma non era più Erminia, ma Armida. Quando la chiamavano, non si voltava. Allora il papà le ripeteva di stare attenta a rispondere. Siamo rimasti in quella casa di ringhiera sino alla Liberazione. Alla fine ci siamo salvati».
Non è invece scampato alla Shoah il prozio, Marcello Finzi, figlio di Cesare ed Esterina. Nato a Ostiano il 9 febbraio 1883, all'età di 15 anni si era trasferito a Milano per riprendere, nel 1937, la strada per Ostiano. «Lavorava come sarto. Era malato, probabilmente affetto da problemi cardiaci, come i suoi parenti. Venne ricoverato nella casa di riposo di Mantova, dove lo arrestarono con gli altri pazienti».
Il 5 aprile 1944 fu caricato sul convoglio n. 09, che cinque giorni dopo arrivò ad Auschwitz. «Marcello fu ucciso subito, come tutti i deportati che si trovavano nelle stesse condizioni di salute. Conoscendolo, immaginavamo che non l’avremmo rivisto. Stava invece bene mio nonno ed è anche per questo che mia mamma lo ha aspettato a lungo».
Inutilmente: incarcerato a Genova e detenuto a Bolzano, Ercole Deangelis è morto il 18 aprile 1945 a Flossenburg. Paola Finzi, anzi, Paola Lea Finzi ha frequentato le elementari e le medie presso la Scuola ebraica di Milano per poi laurearsi all’Accademia delle Belle Arti.
«Negli anni Settanta mia madre, come pure le due sorelle, ha ricevuto una telefonata dall’Università di Genova con cui l’avvisavano di essersi accorti che, durante i lavori di riordino dell'archivio, il suo diploma recava la scritta ‘Di razza ebraica’. Se lo avesse restituito, gliene avrebbero consegnato uno senza quella frase. Risposta: ‘No, siamo rimaste come eravamo, pensateci voi a quello che avete fatto’. Ha incorniciato e appeso orgogliosamente quel vecchio documento in salotto. Anche i bambini venivano subito schedati. Il mio certificato integrale di nascita a Cremona, che ho richiesto quando mi sono sposata, riportava quel: ‘Di razza ebraica’».
Per tanto tempo non ha fatto visita a Ostiano. «Mia mamma non voleva saperne, le rammentava un periodo angoscioso. Quando è mancata, ho deciso di vedere com'era il paese. Sono stata accolta con affetto, ho tenuto anche una testimonianza in teatro. Anche se lì non ho miei defunti, mi ha commosso entrare nel piccolo cimitero ebraico e incontrare il suo appassionato custode, Giuseppe Minera, che ha ripercorso vicende della mia famiglia di cui ero all’oscuro. Sento un legame particolare con Ostiano».
Anche per lei il Giorno della Memoria continua ad essere una ricorrenza speciale. «Ancora di più in questo momento drammatico, penso alla strage del 7 ottobre, a Israele e Gaza. Purtroppo non c'è quasi più nessuno che sia sopravvissuto all’Olocausto. Spetta a noi non dimenticarlo».
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