Cerca

Eventi

Tutti gli appuntamenti

Eventi

CASALMAGGIORE. OGLIO PO

Morto per un infarto: «Nessuna condotta sbagliata»

I periti del giudice scagionano il medico Usca accusato di omicidio colposo

Francesca Morandi

Email:

fmorandi@laprovinciacr.it

24 Gennaio 2025 - 20:55

Morto per un infarto: «Nessuna condotta sbagliata»

CASALMAGGIORE - Lo hanno scagionato i periti del giudice. Gli stessi consulenti tecnici della Procura hanno corretto il tiro: «Nella relazione abbiamo usato tanti condizionali». È la relazione sul decesso di un 78enne cardiopatico con by pass, diabetico, contagiato dal Covid, stroncato da un infarto il 26 febbraio del 2021, terza ondata pandemica, all’Oglio Po. Sul banco degli imputati per omicidio colposo c’è il medico (mantovano) delle Usca che due giorni prima — il 24 febbraio - visitò a domicilio il paziente, il quale lamentava un dolore alla spalla. Sotto accusa, il medico è finito per non aver riconosciuto l’infarto, per non aver effettuato un intervento tempestivo, ma oggi è emerso che quando visitò il 78enne, l’infarto non era ancora in atto. E non c’erano nemmeno campanelli di allarme. La sentenza sarà emessa il 14 febbraio prossimo.

Andò così, quattro anni fa. Il 24 febbraio, il 78enne chiamò il proprio medico curante, il quale, oberato di lavoro, non riuscì a soddisfare la sua richiesta. Scattò l’intervento delle Usca, le Unità speciali di continuità assistenziale. Si tratta di team medici che si occupavano di seguire i pazienti Covid nelle loro abitazioni. Del team faceva parte l’imputato: verso mezzogiorno si recò a casa dell’anziano, lo visitò, lo sottopose al ‘walking test’, ovvero il test del cammino in 6 minuti, un esame che consente di valutare la capacità funzionale dei pazienti con malattie cardiopolmonari.

Il test non evidenziò nulla di anomalo. Terminata la visita, il camice bianco stilò un referto, consigliando al medico curante del 78enne di attivare il cosiddetto ‘pacchetto Covid’ (esame del sangue, Rx-torace...): un percorso protetto al Pronto soccorso per i pazienti contagiati dal virus. Il 26 febbraio, le condizioni del 78enne peggiorarono, il medico curante ne chiese il ricovero. L’anziano arrivò al Pronto soccorso verso le 13. «Ha atteso circa quattro ore — ha spiegato l’avvocato Nicola Turzi, difensore dell’imputato — per poi essere visitato verso le 17. Nemmeno al Pronto soccorso il paziente era stato sottoposto ad elettrocardiogramma e gli esami che erano stati effettuati erano normali. Non c’era nulla di sospetto». Il 78enne fu ricoverato, alle 23 collassò in bagno, stroncato da un infarto.

«Un paziente ad altissimo rischio per il quadro clinico (più patologie), ma quando il medico lo ha visitato a casa, l’infarto non era ancora in atto. Non ravvisiamo criticità nella visita a domicilio. Non risultano ritardi rispetto alla condotta del medico», hanno affermato il medico legale del Civile di Brescia, Andrea Verzeletti, e Damiano Rizzoni, ordinario di Medicina interna all’Università di Brescia, i periti del giudice. «Quando a mezzogiorno del 24 febbraio, il medico è andato a visitare il paziente, l’infarto non poteva essere in atto», hanno confermato Massimo Amato, direttore del Dipartimento di emergenza urgenza e pronto soccorso del Carlo Poma di Mantova e Francesco Tiboni, medico legale, gli esperti messi in campo dalla difesa.

Un passo indietro. A processo il medico è finito, perché «le prime perizie davano l’insorgenza dell’infarto da un giorno a tre giorni prima del decesso», ha spiegato l’avvocato Turzi. Ieri, i periti della Procura Giancarlo Marenzi - direttore della Terapia intensiva cardiologica e del Translational diagnostics and therapeutics program del Centro Cardiologico Monzino di Milano - e il medico legale Manuela Margherita, hanno chiarito che «non c’erano motivi particolari per fare l’elettrocardiogramma», che «anche un intervento tempestivo non avrebbe modificato l’esito letale». Poi, due precisazioni. La prima: «Il consulente di parte fa un ragionamento ex post, non ex ante». La seconda: «Nella relazione abbiamo usato tanti condizionali». Il medico ieri si è difeso. «Il signore lamentava un dolore alla spalla. Ho fatto la valutazione, non ho ravvisato la necessità di mandarlo al Pronto soccorso. C’era anche il Covid».

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su La Provincia

Caratteri rimanenti: 400