L'ANALISI
23 Gennaio 2025 - 19:38
CREMONA - Il water in ceramica ridotto in cocci, il materasso dato alle fiamme, lo spintone a un agente, il furto tentato di alcuni farmaci. Tutto ai primi di giugno del 2022, quando all’interno di Cà del Ferro, lo stop alla somministrazione di un farmaco aveva scatenato la rivolta di alcuni detenuti. Come Mohamad, oggi condannato a 1 anno e 4 mesi per resistenza a pubblico ufficiale, danneggiamento del water, danneggiamento del materasso a seguito di incendio, tentato furto di alcuni farmaci. Il pm onorario aveva chiesto 8 mesi e 20 giorni di reclusione e 206 euro di multa.
In un istituto di pena peraltro sovraffollato (590 detenuti il dato di alcuni giorni fa), ricordare il nome di ciascun detenuto è impossibile anche per il medico che dal 2008 presta servizio in carcere. «Se è quello che dico io, se ricordo bene, arrivava dal carcere di San Vittore con problemi di tossicodipendenza e psichiatrici - ha spiegato il camice bianco —. Aveva disturbi del comportamento, era uno di quelli che cercava disperatamente psicofarmaci».
Il medico oggi è tornato a quei giorni di rivolta scatenata dalla sostituzione di un farmaco. Si tratta del Lyrica, utilizzato per trattare il dolore neuropatico e anche come antidepressivo. Se, però, viene assunto in dosaggio elevato, dà effetti come la cocaina. Tant’è che «fuori dal carcere è conosciuto come droga da strada».
Il farmaco era stato sostituito con il Gabapentin, «simile, ma non è la stessa cosa», insomma un po’ più blando. Il medico ha parlato di «pressioni anche con minacce esercitate dai detenuti su medici e infermieri» dopo la sostituzione del farmaco.
Lo stop al Lyrica il 4 giugno aveva scatenato la rivolta con alcuni detenuti che avevano appiccato diversi incendi nelle loro celle. Le fiamme e il fumo avevano coinvolto due sezioni, al secondo e terzo piano. La polizia e i carabinieri avevano evacuato 80 detenuti, momentaneamente spostati - e sorvegliati a vista - nei cortili di passaggio per consentire ai vigili del fuoco di spegnere le fiamme.
Nei giorni immediatamente successivi, il detenuto Mohamad aveva dato del filo da torcere. Protestava per il farmaco sospeso. «Cercava uno scontro con me - ha riferito un agente della polizia penitenziaria —. Mi ha minacciato e spintonato. In quel periodo non riusciva più a ricevere il farmaco Lyrica e questo gli creava problemi. Erano stati convocati i detenuti che assumevano quel farmaco, spiegando loro che ne avrebbero assunto un altro».
Un secondo poliziotto penitenziario ha raccontato il suo intervento del 7 giugno nella cella di Mohamad. «Ho sentito un rumore, sono andato nella sua cella. Aveva rotto la ceramica del water. Difficile che l’abbia rotta accidentalmente, il water è fissato, non si muove, forse lo ha preso a calci. Ho cercato di togliere tutti i cocci affinché il detenuto non si facesse male».
Altro episodio, secondo agente di polizia penitenziaria: «Ero in servizio nel reparto dei nuovi giunti. Era il turno di notte, avevo preso le consegne. Il detenuto mi ha chiamato con insistenza: voleva bombole di gas». Non potendo accontentarlo, «lui ha cominciato ad urlare, a minacciarmi, è intervenuta la sorveglianza. ‘Se ti avvicini alla mia cella, spacco tutto’». E il materasso è andato in fumo. Un terzo agente ha spiegato che in quel periodo i detenuti chiedevano sempre i farmaci.
«Non si negano i fatti - ha arringato il difensore di Mohamad - ma chiedo che il giudice consideri la possibilità di assolvere il mio assistito. Sicuramente ha influenzato la sostituzione del farmaco, che dava problemi di dipendenza».
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