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CREMONA. GIUDIZIARIA

«Non diffamò il sindaco, erano solo pettegolezzi»

Fango su Galimberti. La Procura chide l’archiviazione per una 22enne

Francesca Morandi

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fmorandi@laprovinciacr.it

22 Gennaio 2025 - 19:33

«Non diffamò il sindaco, erano  pettegolezzi»

CREMONA - «Ragazze, vi aggiorno sullo scandalo cremonese. Da una fonte qualificata, ho saputo che il sindaco ha una relazione con un uomo... Per me è gay». La ragazza che due anni fa lasciò la chat vocale nel gruppo WhatsApp delle amiche, non ha mai rivelato ‘la fonte qualificata’. La - falsa - notizia su una relazione omosessuale dell’allora sindaco Gianluca Galimberti rimbalzò di chat in chat, serpeggiò di voce in voce, via via arricchendosi di falsi particolari sino ad allargarsi a macchia d’olio e arrivare all’orecchio di Galimberti. Insomma, quella pallina - la chat - si trasformò in una valanga di «fango», per dirla con l’ex sindaco. Ne fu travolto lui (e la sua famiglia). Ma anche la ragazza della chat vocale, oggi 22enne, unica indagata nel procedimento per diffamazione aperto dopo la querela «contro persona ignota» presentata, ad aprile del 2023, dal sindaco al Comando della polizia locale.

La Procura ha chiesto l’archiviazione per la 22enne difesa dall’avvocato Michele Barrilà. L’ex sindaco, assistito dall’avvocato Michele Tolomini, si è opposto. Il caso è stato discusso oggi: il gip si è riservato.

Nella richiesta di archiviazione, il pm osserva: «Le espressioni utilizzate, per quanto eticamente censurabili, non integrano quella offesa all’altrui reputazione che connota il reato di diffamazione». Ed ancora: «Le frasi riportate in querela e nei relativi screenshots e audio delle conversazioni, paiono originate in un contesto di mero ‘pettegolezzo’. Esse si concretizzano nel passaparola di informazioni, opinioni e dicerie che in sé, non paiono offensive e risultano mera espressione di un diritto di opinione che deve essere valutata nel contesto sopra descritto».

Il pm annota che «per rilevare giuridicamente, la condotta deve avere una portata oggettivamente denigratoria ed attribuire alla vittima fatti ritenuti socialmente riprovevoli o dipingerla con attributi generalmente percepiti come negativi». Per il pm non sarebbe questo il caso. Ma vi è dell’altro. «Inoltre - aggiunge - deve osservarsi che il livello di critica esercitabile nei confronti di un personaggio pubblico è ovviamente più elevato e più ampio di quello che può essere indirizzato all’uomo comune, per il ruolo che riveste il primo e per l’evidente interesse pubblico alla conoscenza della sua condotta e del suo atteggiamento».

Di osservazione in osservazione, nella richiesta di archiviazione il pm annota: «Non si ha prova dell’origine delle informazioni riportate dall’odierna persona sottoposta a indagini, in quanto, anche come confermato dal querelante, i soggetti terzi con i quali ha parlato ed ai quali lui stesso ha fatto ascoltare l’audio, erano già a conoscenza dei fatti da diverso tempo a causa di un ‘sentito dire’, diffusosi in diversi ambienti del contesto sociale cremonese. Non si ritiene pertanto raggiunta la prova che» la ragazza «abbia dato origine alla diffusione dell’informazione definita in querela come diffamatoria». La ventiduenne «si è limitata a riportare, al pari di altri soggetti, quanto udito in più contesti». Ultima annotazione del pm: «Si ricorda che la norma incriminatrice non protegge affatto dalla mera contumelia, bensì l’aggressione della personalità individuale nell’ambito della collettività».

I fatti. A fine marzo del 2023, un nipote informa Galimberti delle voci sul suo conto. Dopo lo sconcerto, il sindaco comincia a indagare, scoprendo che quelle voci circolavano - sotto traccia - da mesi (già da dicembre del 2022). Voci che, passando di bocca in bocca, aggiungevano particolari allo «scandalo». Si fa il nome di un ‘amante’, poi i nomi diventano due, quindi tre, infine quattro. Voci fuori controllo, ormai. Come quella, secondo la quale il sindaco era fuori casa, viveva con un uomo e si stava separando dalla moglie. O come quell’altra: la moglie lo aveva ‘beccato’ a casa, in camera da letto. Dispiaciuto per la sua famiglia (famiglia molto unita, i Galimberti) e sconcertato, il sindaco risale alla chat vocale che allega alla querela «contro ignoti». Chi indaga, sente numerose persone, anche un sacerdote. Tutti hanno ‘sentito’, ma chi abbia azionato la macchina del fango, chi abbia acceso la miccia che ha fatto da detonatore, è rimasto ignoto.

Dopo la querela, il sindaco Galimberti è rimasto abbottonato a lungo, poi, ad agosto del 2024, ha parlato pubblicamente del suo caso all’interno della puntata del podcast di realpolitik ‘Prìncìpi’ - condotto insieme allo storico Guido Damini - e intitolata ‘Le (male) lingue’. «La puntata — aveva spiegato Galimberti — nasce con l’idea di trasformare un caso particolare che ha colpito me e la mia famiglia e che ci ha fatto male in una riflessione sull’uso delle parole». Una puntata centrata «su questa voce falsa e piena di fango fatta circolare per poi arrivare a fare una riflessione più ampia su cosa vuol dire usare il fango: se si usa il fango si diventa fango».

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