L'ANALISI
15 Gennaio 2025 - 21:16
TROGOLO - «Tutti i miei dipendenti li considero figli». Il 3 maggio del 2023, uno dei suoi ‘figli’, coetaneo di 50 anni, era rimasto vittima di un grave infortunio sul lavoro alla GFR: la perdita di due dita - l’anulare e il mignolo della mano destra - tranciate da una sega circolare per metalli.
Nel processo dove il pm onorario, Silvia Manfredi, ha riconosciuto un «concorso di colpa del lavoratore», oggi il titolare è stato condannato a 2 mesi con pena sospesa, beneficio subordinato al risarcimento del danno - una provvisionale di 6mila euro - all’ex dipendente, parte civile con l’avvocato Massimiliano Capra, che aveva chiesto più di 170mila euro. Il giudice ha invece assolto la srl ‘perché il fatto non sussiste’. Il pm ne aveva, invece, chiesto la condanna al pagamento di 150 quote del valore, ciascuna, di 280 euro per un totale di 42mila euro. Titolare e società erano difesi dagli avvocati Francesca Bertini e Paolo Terbonati.
Il 3 maggio era mercoledì. Dopo le 16, il dipendente era rientrato da una consegna. La sua mansione era quella, ma occasionalmente era capitato che lavorasse «a quel macchinario». Una macchina «palesemente contraria alle norme di sicurezza», per dirla con il pm. Ma quando una decina di anni prima, il titolare l’acquistò «usata», gli garantirono che «andava bene». E la stessa garanzia gliela diedero «i consulenti esterni: mi sono fidato». In precedenza, la macchina aveva dato qualche problema. «A volte si era fermata, era in programma di cambiarla», ha spiegato il titolare. È stata sostituita dopo l’infortunio.
«Al di là di un concorso colposo, una disattenzione ci può stare, il macchinario era vecchio e obsoleto e non aveva il meccanismo di sicurezza che avrebbe evitato l’infortunio», ha evidenziato l’avvocato di parte civile Capra.
Quel pomeriggio, il turno di lavoro del dipendente terminava alle 17. Il titolare gli aveva però chiesto di andare a visionare il macchinario: «I pezzi erano già stati tagliati per una commessa e messi sul bancale. Dopo l’infortunio, mi sono accorto di un’anomalia: la macchina era parzialmente pulita». Secondo la difesa, il dipendente, che non indossava protezioni, avrebbe deciso di rimuovere un pezzo e di pulire il macchinario ancora in funzione. «Una condotta imprevedibile, che il datore di lavoro non avrebbe potuto prevedere», nonostante la stessa difesa abbia ammesso come «per il titolare di un’azienda l’obbligo di vigilanza non debba mai cessare».
Oggi, uno dei lavoratori testimoni della difesa, è tornato a quel pomeriggio: «Ho visto un collega che correva alla cassetta del pronto soccorso. Il titolare ha chiamato il 112». Il dipendente «aveva la mano massacrata. Ha detto: ‘Ho fatto una c…, la lama è venuta giù’». Il ferito era stato trasportato in eliambulanza all’ospedale di Borgo Trento, Verona.
Un imprenditore «severo», il capo. Rimproverava i lavoratori se li trovava senza dispositivi individuali di protezione (guanti, caschi, auricolare). Un capo che non stava soltanto in ufficio. Anche lui lavorava sui macchinari dell’azienda che «stava ottenendo risultati finanziari importanti. Tant’è che a gennaio del 2023, mi ha dato l’incarico per avviare l’attività di valutazione dei rischi», ha sottolineato l’avvocato Bertini. Tra 90 giorni la motivazione della sentenza.
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