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LA CITTÀ DELLA MUSICA

La tradizione liutaria è nella ‘forma interna’

Il documento pubblicato dall’Ufficio Unesco definisce il metodo di costruzione

Nicola Arrigoni

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narrigoni@laprovinciacr.it

06 Gennaio 2025 - 19:49

La tradizione liutaria è nella ‘forma interna’

CREMONA - Corsi e ricorsi della liuteria contemporanea, in cerca di una visione univoca legata al saper fare liutario cremonese, sotto l’egida dell’Unesco. Che il 2025 si apra con una rinnovata guerra fra liutai che usano la forma interna e altri che si affidano alla forma esterna? Così a ridosso della fine dell’anno sul sito di Cremona Liuteria l’Ufficio Unesco ha pubblicato un aggiornamento legato a ciò che è da considerarsi il pedegree che deve avere il processo produttivo degli strumenti made in Cremona, secondo la lezione di Amati, Stradivari e Guarneri del Gesù.

Torna con forza la diatriba — che una quarantina d’anni fa infuocò il mondo liutario — fra la costruzione dei violini utilizzando la forma interna o quella esterna, acquisizione della scuola francese. Furono anni di feroci battaglie e scontri all’ultima piallatura in cui i liutai si dividevano fra fedelissimi di Francesco Bissolotti e quanti si riconoscevano negli insegnamenti di Gio Batta Morassi, l’uno dedito alla forma interna, l’altro più possibilista e difensore della forma esterna. E quanto si legge sul sito come Addendum al piano di salvaguardia del saper fare liutario, lascia poche vie di fuga: «Il metodo costruttivo che identifica la liuteria cremonese da Andrea Amati ai liutai del tardo Ottocento è caratterizzato dall’utilizzo della forma interna — si legge —. Tale metodo è documentato dalle testimonianze materiali che costituiscono le Collezioni Civiche Liutarie, custodite presso il Museo del Violino in Cremona. Gli strumenti e le forme, i modelli e gli attrezzi, caratteristici di un lavoro artigianale, provengono dalle botteghe degli Amati, dei Guarneri, dei Rugeri, di Stradivari, dei Bergonzi e dei Ceruti».

Se quanto detto sembra escludere dalla tradizione liutaria l’utilizzo della forma esterna, il documento sembra addolcire i toni in un passaggio in cui si intuisce che il lavoro stesso dei liutai in città sarebbe a garanzia del patrimonio e della tradizione del saper costruire strumenti ad arco: «La comunità patrimoniale del saper fare tradizionale liutario cremonese è formata in primo luogo dalla comunità dei liutai, che con il loro lavoro quotidianamente mantengono vivo il patrimonio immateriale tutelato dall’Unesco — e continua il documento —. Il metodo costruttivo, trasmesso dal XVI secolo, utilizzato da liutai contemporanei, si è evoluto per esigenze musicali dalle origini a oggi ma ha mantenuto inalterato l’utilizzo della forma interna. La tradizione costruttiva antica, così come quella contemporanea, si basa sull’utilizzo di materiali specifici e prevede la stagionatura naturale del legno e l'utilizzo di colle e vernici naturali».

Nella volontà di regolamentare l’agire degli eredi di Stradivari nel rispetto di una tradizione che comunque ha attraversato i secoli c’è anche una sorta di attenzione all’organizzazione del lavoro in bottega laddove si legge: «L'organizzazione della bottega prevedeva la figura del maestro e la presenza di aiutanti, che contribuivano alla costruzione degli strumenti nell'ambito di un processo di lavorazione artigianale, garantendo la trasmissione dei saperi e del saper fare. Tale organizzazione consente ancora oggi di costruire un numero di strumenti determinato dalla capacità del singolo maestro».

Di fronte a questo ritorno alla disfida fra forma interna e forma esterna, i decani della liuteria cremonese, Stefano Conia e Giorgio Scolari si guardano e sorridono, loro che quella stagione la vissero da protagonisti. «Ma come mi devo considerare se nel fare i miei strumenti io utilizzo indifferentemente la forma interna e quella esterna? Mio figlio costruisce i violini senza forma alcuna. Credo che al di là delle definizioni, valga l’artigianalità del nostro fare, il processo fatto a mano in tutti i suoi passaggi».

Giorgio Scolari sorride e pesca nei ricordi che oltre quarant’anni fa incendiarono la liuteria in cerca di una sua esclusività: «Mi ricordo che una associazione di categoria organizzò un concorso con la richiesta esplicita che i liutai costruissero violini esclusivamente con la forma interna — racconta —. E così fu, tranne per un liutaio che si divertì a sottoporre il suo strumento, fatto con forma esterna. Il risultato fu che quello strumento arrivò secondo, nessuno dei giurati si rese conto della differenza. Fu quella una sfida, uno schiaffo che è da leggere nel clima di quegli anni in cui non si andava molto per il sottile e le parti che si contrapponevano non lasciavano nulla di intentati pur di difendere le proprie convinzioni. A distanza di oltre quarant’anni forse bisognerebbe superare questo aspetto, magari impegnandosi a tutelare l’autentica artigianalità in cui sta il prestigio della scuola cremonese e questo al di là di forma interna o forma esterna che sia».

Chi ha decenni di storia della liuteria sulle spalle conferma come il punto nodale sia tutelare l’artigianalità in tutte le sue parti e lavorare per tutelare il buon nome della liuteria nel mondo: «Non è possibile che mi arrivino foto di strumenti a nome Conia che non sono miei, sono dei falsi, ma vengono venduti come autentici», commenta amareggiato il decano prossimo ad entrare nell’ottantesimo anno di età.

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