L'ANALISI
04 Novembre 2024 - 05:30
Nel riquadro Enrico Marsella
CREMONA - Guido Bertolaso importa infermieri dall’Argentina, e gli infermieri lombardi non ci stanno. È vero che il sistema sanitario lombardo chiama aiuto; ma perché attingere dall’estero? Quella della regione sarebbe, forse, una soluzione di breve periodo, in un momento in cui si implora un intervento più massiccio. E più duraturo. L’arrivo previsto delle nuove leve dell’Università di Rosario (200 in tutto) è fissato per l’inizio dell’anno nuovo. Questione di settimane. L’accordo, che andrà perfezionato entro metà novembre, servirà a rafforzare la preparazione degli infermieri e dei medici, oltre che ad affrontare le gravi carenze di personale di cui soffre la Regione.
«L'accordo - afferma l’assessore al Welfare Bertolaso - rappresenta un passo concreto e strategico nella collaborazione tra la Regione Lombardia e istituzioni accademiche internazionali. La Regione punta a colmare le attuali carenze d'organico negli ospedali, ma desidera anche promuovere un incontro di culture, valori e competenze. I professionisti, formati presso lo Iunir, dove oltre alle materie sanitarie approfondiscono anche lo studio della lingua italiana, porteranno con sé un bagaglio di esperienza che contribuirà a confermare la qualità dell'assistenza ai pazienti lombardi. Oltretutto, la loro appartenenza a una cultura profondamente legata all'Italia, per origini e valori, favorirà un'integrazione naturale nei nostri ospedali, facilitando la collaborazione e il dialogo».
L’Ordine degli Infermieri, però, non è affatto convinto. «È una misura che tenta di mettere una pezza a un’emergenza – commenta Enrico Marsella, presidente dell’Ordine di Cremona – ma che non risolverà il problema. Anzi, sospetto che la scelta possa avere conseguenze impreviste».
In primo luogo, il tema della preparazione accademica. «In qualità di formatore - spiega Marsella - posso garantire per la preparazione degli infermieri italiani. I nostri operatori compiono un percorso di studi che si articola in tre anni molto duri, durante i quali si conquistano una preparazione di alto livello. È evidente che anche gli infermieri argentini avranno compiuto un percorso formativo adeguato, e su questo non si discute. Tuttavia, come ente sussidiario dello Stato, esistiamo anche perché siamo in grado di garantire al cittadino che il professionista che opera sulla sua salute ha le carte in regola per farlo. Non può essere lo stesso con l’Argentina».
I dubbi di Marsella riguardano, inoltre, il tema delle interazioni con il resto del personale e con gli utenti degli ospedali. «Non si può ignorare che, quando verranno in Italia, questi infermieri troveranno notevoli difficoltà con la lingua. Importare forze dall’estero comporta sempre questa difficoltà».
Il linguaggio scientifico del mestiere, secondo Marsella, è tutt’altro che immediato: «Queste nuove leve verranno sicuramente affiancate – prosegue – ma ricordiamoci che sul territorio ci sono anche anziani che parlano in dialetto. Che, naturalmente, non si insegna né a scuola né nei corsi accelerati. E in quel caso le cose si fanno ancora più difficili».
Un’altra obiezione riguarda il numero di infermieri. L’incremento di 200 unità previsto da Bertolaso appare più simbolico che altro: si tratterebbe di uno 0,3% in più. «In Lombardia, abbiamo un ‘buco’ di oltre 9.000 infermieri. I nostri infermieri attualmente sono 65.000. Duecento in più sono pochi». Un ulteriore dubbio, poi, è di natura etica: «Attingendo alle risorse dell’Argentina – argomenta Marsella – stiamo andando a sottrarre personale sanitario ad un Paese che storicamente fatica a reperirne di proprie. Quella degli infermieri è una carenza diffusa, che interessa diversi Paesi del mondo». Non c’è niente da fare: servono interventi strutturali. «Abbiamo già fatto le nostre proposte – conclude Marsella – e attendiamo che vengano prese in considerazione dalla Regione. In questo scenario è necessario pensare al lungo periodo».
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