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LE STORIE DI GIGIO

Oggi il ‘prof’ indossa i suoi guanti bianchi

Il maestro di sala insegna davvero: Bertoletti e la lezione speciale agli studenti del Cr.Forma

Gilberto Bazoli

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redazione@laprovinciacr.it

21 Ottobre 2024 - 05:20

Oggi il ‘prof’ indossa i suoi guanti bianchi

I ragazzi del Cr.Forma e l’85enne Giuliano Bertoletti, insegnante per un giorno, elegante in completo blu con papillon, camicia bianca e gemelli

CREMONA - Uno lo tempesta di domande, una riempie i fogli di appunti, gli altri ascoltano in silenzio. Dietro la cattedra nell’aula magna siede un volto nuovo per loro, un professore d’eccezione. È elegante: completo blu, papillon, camicia bianca e gemelli. Sulla giacca spicca la spilla che regalò all’adorata madre.

«I segreti di questo mestiere? La passione e il sorriso», è il messaggio che Giuliano Bertoletti, 85 anni, ‘inventore’ di due ristoranti storici come il Mulino Vecchio e Palazzo Quaranta a Isola Dovarese, affida agli studenti di Cr.Forma. Ha lavorato negli alberghi più prestigiosi e servito teste coronate, capi di Stato, aristocratici, star del cinema e del teatro portando in giro per i continenti la sua gentilezza e il suo stile. Ma, in fondo, è rimasto un uomo semplice legato alle sue radici. Ha accettato volentieri la proposta di Alessandro Rossi, insegnante di matematica e fisica, che, dopo aver letto del suo libro di memorie ‘Il mondo in guanti bianchi’ (scritto con Fabio Maruti), ha invitato il maestro di sala a tenere una lezione agli allievi dell’istituto di via Cesari.

L’incontro rientra nel progetto Mentoring, basato sull’idea che i ragazzi possano confrontarsi e farsi ispirare da persone con una ricca esperienza professionale. Il primo appuntamento è stato con Maurizia Baresi, negli anni ‘70 e ‘80 pilota di rally e della Parigi-Dakar. Quel giorno c’erano gli allievi del settore meccanici. Stamattina, invece, tocca ai loro compagni di due sezioni, la seconda e la quarta, dell’indirizzo ristorazione. Una quarantina di aspiranti chef, barman e camerieri.

Bertoletti comincia dal dopoguerra. Nel suo piccolo paese in riva all’Oglio non c’è lavoro e così il fratello maggiore, Gino, gli consiglia di raggiungerlo a Milano.

«La mia prima esperienza è stata al Diana». Era l’1 agosto 1953 e aveva 14 anni. Si susseguono incarichi in altri ristoranti e hotel, tutti di lusso, come il Gallia e il Savini. «Sono stato anche al Porta d’Oro, uno dei locali notturni più belli».

Giuliano non teme i cambiamenti. «Mi animava lo spirito di avventura, la voglia della scoperta. Senza avere paura».
E ora per spiegarsi cita il romanzo di Edmondo De Amicis in cui si riconosce: ‘Dagli Appennini alle Ande’. È spinto da quella curiosità che accetta di fare nuovamente le valigie e partire, dopo Milano e il lago di Como, per l’estero, prima a Baden Baden, in Germania, quindi a St. Moritz, in Svizzera, al Suvretta House.

«Un cinque stelle frequentato dallo scià di Persia, dall’imperatrice Farah Diba e da tutto il jet set», racconta al suo giovane pubblico.

«Non le tremava la mano davanti a quelle persone?», gli chiedono.

«Fingevo di non avere esitazioni».

Ancora: «Non le è mai caduto un bicchiere o un piatto?».

Anche in questo caso la risposta è no.

L’ospite ricorda un’altra tappa, una delle tante della sua carriera: il trasferimento, nella primavera del 1958, in Inghilterra, presso la favolosa residenza della famiglia Barchi. La carriera continua frenetica: dallo Yorkshire, attraverso la Scozia, a Parigi, al servizio, come maggiordomo, dell’ambasciatore americano Lewis David Einstein.

«Alla sua tavola sedevano uomini potenti come Charles De Gaulle».

Dal banco in prima fila si alza la mano di Gabriele, iscritto alla quarta cucina, che ama i pomodorini confit e la musica rock: «Rifarebbe tutto quello che ha fatto?». «Certamente, ogni cosa, anche se c’era da sgobbare».

Bertoletti riprende parlando del Savoy di Londra.
«È lì che ho avuto il privilegio di vedere Elisabetta e gli altri reali. Con loro, come con tutti, non si poteva sgarrare, bisognava essere impeccabili».

Poi la svolta: «Sono stato chiamato da mio fratello che nel frattempo si era messo in proprio rilevando un locale ungherese fallito a Stratford-upon-Avon, città natale di Shakespeare. C’era un’atmosfera familiare, un cuoco italiano è rimasto con noi per 40 anni. All’inizio venivano operai e artigiani. Per loro minestrone, cotoletta milanese, lasagne. In seguito la clientela si è ampliata a grandi nomi dello spettacolo come Richard Burton».

Cibo ottimo ma anche tanta generosità. «All’ora del tè si raccoglievano fondi per l’acquisto di cani guida dei non vedenti. Aiutavamo anche l’Esercito della salvezza».

Eni, cittadina italiana figlia di immigrati albanesi, sogna di aprire un ristorante insieme con i suoi fratelli che ne gestiscono uno in Germania. «In quegli anni c’erano donne che lavoravano in sala?», chiede.

«No, no. Ora siete voi le più brave».

Giuliano ha avuto un’altra passione: i viaggi, ogni anno dal primo gennaio al 14 febbraio, il giorno di San Valentino, a tutte le latitudini. «Una volta, in Guatemala, fuori dalla chiesa c’erano delle anziane che leggevano la mano. Una di loro mi ha detto: la cosa importante per te è inseguire ciò che desideri».

Avrebbe fatto sua quella raccomandazione anche al ritorno, dopo il suo lungo peregrinare, a casa, a Isola Dovarese, dove con i familiari ha rilanciato il Mulino Vecchio e restaurato Palazzo Quaranta, dimora settecentesca splendidamente affrescata. Instancabile e mai sazio, non si è ritirato ma continua a dividersi tra il locale con vista incantevole sull’Oglio e quello, con annesso albergo, al centro del paese.

Suona la campanella, lezione finita. «Sono davvero un uomo fortunato, mi è stato dato di tutto e di più».

«Lei oggi ha insegnato che si deve avere il coraggio di buttarsi e che bisogna fare fatica. Quindi, ragazzi, non perdete tempo quando siete a scuola», chiosa Rossi.

Gli studenti circondano il professore di ristorazione e di vita, esempio di classe e bontà d’animo, che autografa copie del suo libro.

«Grazie perché mi avete fatto sentire grande» si accomiata il maestro di sala che ha attraversato il mondo in guanti bianchi.
Dagli Appennini alle Ande e oltre.

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