L'ANALISI
17 Ottobre 2024 - 05:15
Nel riquadro Luca Motta
SPINO D'ADDA - Da una parte la necessità di puntare su coltivazioni meno bisognose di acqua, anche a fronte di tempi nei quali la scarsità di precipitazioni tende sempre più ad abbandonare le caratteristiche di un fenomeno episodico; dall’altra la consapevolezza che scelte di quel tipo non possono garantire gli stessi standard di produzione e — conseguentemente — di remunerazione. Il conflitto per molti aspetti strutturale tra sostenibilità e reddito esce inevitabilmente confermato dalle interviste a numerosi agricoltori, che trasmettono un generale malcontento nei confronti di normative regionali e comunitarie sempre più stringenti, insieme ad una forte preoccupazione per il futuro. Rilancia l’allarme la tesi discussa mercoledì da Luca Motta (la famiglia è titolare della Cascina Reseghina di Spino d’Adda, dedita all’allevamento di vacche da latte), laureato con la votazione di 109/110 al corso triennale in produzione e protezione delle piante e dei sistemi del verde presso la Facoltà di Scienze agrarie e alimentari dell’Università Statale di Milano. Un lavoro arricchito dal tirocinio esterno svolto da Motta presso lo studio Agronomi Moretti Professionisti Associati.
Al centro della tesi, l’impatto della siccità del 2022 sulla realtà agricolo-colturale nel Cremasco e nel Soresinese. «Un tema al quale mi aveva avvicinato l’interesse per la coltivazione del gelso — spiega Motta — portandomi poi ad ampliare l’indagine a più ampio spettro sulle specie resistenti alla siccità».
Lo studio è stato condotto introducendo la novità metodologica delle interviste sul campo agli imprenditori agricoli di un’area tra le più duramente colpita a livello provinciale dalla siccità del 2022. «Ma la nostra realtà agricolo-colturale non è ancora pronta ad affrontare un problema tanto impattante, specie se si vogliono garantire gli attuali standard produttivi dell’intensiva zootecnia locale per tutto l’anno», puntualizza Motta. «E ancora, il fatto che i cereali autunno-vernini siano risultati i migliori nel fronteggiare le avversità siccitose e, al contempo, non assicurino la stessa elevata produzione foraggera del lolieto e del loglio italico avvicendato al mais, rende ancora più timorosa la problematica. Ad aggiungersi, la necessità di favorire maggiormente brevi turnazioni irrigue, in contrasto con quelle tipicamente medio-lunghe dell’areale e della disponibilità irrigua nei momenti più sensibili per le colture».
Dunque l’alternativa c’è (si manifesta anche un crescente seppur oggettivamente modesto interesse verso il biologico) ma non è in grado di tenere il passo della domanda di materia prima e di prodotto finale. Poi ci sono «il peggioramento della redditività aziendale, a causa dell’eccessivo rincaro dei costi energetici e d’affitto, e un vero e proprio contrasto fra questa e il proseguimento con successo degli interessi agroecologici; oltre al timore di annate agricole come quelle del 2022 e — in parte — del 2023, sempre più frequenti».
«Nonostante ciò è ancora forte il sentimento di unione e collaborazione, così come il costante impegno a salvaguardia del territorio, sempre in virtù di un’efficiente e soddisfacente produzione foraggera per la singola impresa agricola». Qualche esempio? «L’istituzione di consorzi a tutela delle risorgive, l’inserimento di un maggior numero di colture miglioratrici del terreno, un rinnovato interesse verso una più sostenibile produzione integrata, e uno spirito imprenditoriale più attento alla sostenibilità ed al benessere ambientale».
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