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Non ci fu il caso di stalking nel tempio Sikh

Un indiano voleva aprire un negozio di alimentari. Cade l’accusa per otto connazionali

Francesca Morandi

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16 Ottobre 2024 - 19:23

Non ci fu il caso di stalking nel tempio Sikh

Nel riquadro gli avvocati Davide Binacchi e Guido Priori

CASALMORANO - Accusati di aver stalkerizzato un indiano che nel tempio sikh voleva aprire un negozio di alimentari, oggi otto connazionali, tutti Singh di cognome, tra cui Pargat, 58 anni, il capo del tempio, sono stati assolti «perché il fatto non sussiste».

Proprio la richiesta di aprire il negozio, respinta dal direttivo del tempio in disaccordo, sarebbe il retroscena della vicenda culminata prima nella denuncia presentata dall’indiano, poi nel processo agli otto connazionali residenti chi a Casalmorano, chi a Corte de’ Cortesi con Cignone, chi a Casalbuttano ed Uniti e chi a Soresina.

I fatti risalgono al 2020 e «si innestano in una diatriba all’interno della comunità indiana che frequenta il tempio sikh», hanno spiegato gli avvocati Davide Binacchi (Foro di Brescia, difensore di sette imputati), e Guido Priori di un accusato. Insomma, il ‘no’ ad aprire un negozio potrebbe aver indotto l’indiano a vendicarsi. «Il tempio si autofinanzia, se ne parli male in giro, c’è il rischio che via via sia meno frequentato».

L’indiano denunciò gli otto, raccontando, ad esempio, che a fine agosto, inizi di settembre, gli imputati lo convocarono per un confronto nella chiesa ‘Gurudwara Bada Deep Singh. Una volta dentro, i connazionali avrebbero chiuso a chiave la porta, lo avrebbero bloccato da dietro, gli avrebbero stretto il collo, preso a schiaffi in faccia e ripetutamente colpito con i pugni allo sterno, al petto e alla pancia.

«Il sabato e la domenica, il tempio è frequentato da 40-70 persone. Nessuno ha visto e sentito niente», ha rimarcato il difensore, che ha richiamato anche la testimonianza già resa al processo dalla moglie della presunta vittima. Allora lei parlò di «3-4» indiani, poi il marito ne denunciò 8. E del marito che rincasò «con graffi sul viso». Il marito neppure si recò al Pronto soccorso per farsi medicare. Tutto molto nebuloso: assoluzione. Anche se il pm per alcuni degli imputati aveva chiesto la condanna a 1 anno. L’indiano inoltre denunciò di essere stato inseguito una sera in auto e minacciato al telefono.

Raccontò poi di quella volta in cui mentre lui era via con la famiglia, qualcuno entrò in casa sua, gliela devastò, rubò 5mila euro in contanti infilato in una busta, una collana e un bracciale d’oro. E’ certo che sia stata una «spedizione punitiva». I vicini sentirono rumori, videro anche quattro, cinque persone, ma la prova che si trattasse di tre degli otto imputati non c’era. Il giudice li ha assolti dall’accusa di furto aggravato ‘per non aver commesso il fatto’. Uno degli indiani era anche accusato di lesioni per aver sferrato un pugno in faccia al connazionale al mercato di Soresina, il 28 settembre di quattro anni fa. Ma nel lunedì di un mercato affollato, nessuno aveva visto niente. In ogni caso, il giudice ha pronunciato il ‘non doversi procedere per difetto di querela’.

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