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La crisi lascia il segno. In un anno 221 sfratti

Curatti (Uppi): «In città la morosità infetta, oltre ai privati, le attività commerciali in affitto»

Claudio Barcellari

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redazione@laprovinciacr.it

04 Ottobre 2024 - 05:30

La crisi lascia il segno. In un anno 221 sfratti

CREMONA - Anche a Cremona il trinomio locazioni-morosità-sfratti tiene banco. Sono in aumento le deliberazioni di sfratto (+0,91%) anche se calano le richieste. Eppure, la pratica sembra sempre più normalizzata: soffre il portafoglio dei cremonesi e soffrono le attività commerciali. Il quadro è intricato, e bisogna leggerlo con cautela.

Quello nazionale lascerebbe ben sperare. Secondo i dati del ministero dell’Interno, nel 2023 i provvedimenti di sfratto sarebbero stati 39.373, che corrispondono, grosso modo, al 5% in meno di quelli dello scorso anno. Sempre meno frequenti sono anche le richieste di sfratto, che quest’anno sono state 73.800. Calano anche gli sfratti eseguiti (21.345).

Molto diverso appare, invece, lo scenario lombardo. La regione presenta una scacchiera diversificata, tra gli oltre 2.000 sfratti di Milano e i soli 20 di Sondrio. Tuttavia, i numeri, anziché calare, crescono. Nel 2023 in Lombardia sono stati ordinati 6.931 sfratti, il 13,73% in più rispetto al 2022. Sono calate, invece, le richieste di esecuzione, in armonia con la tendenza italiana: nel 2023 sono state 15.452, il 28% in meno del periodo precedente; i provvedimenti eseguiti sono stati, invece, solo 3.391, a precipizio rispetto al 2022 (-37%).

Ciò che colpisce e su cui occorre soffermarsi sono gli sfratti ordinati per morosità: sono stati 5.758, e sono il sintomo di un disagio esistente. Continua ad esserci, dunque, chi non riesce a pagare.

Nel teatro della regione, i dati della provincia di Cremona non fanno scintille, né in meglio né in peggio. Ma c’è, come detto, un incremento dei nuovi provvedimenti di sfratto. In provincia ne sono stati ordinati 221: due ogni tre giorni (182 per morosità). Le cose vanno meglio, anche a Cremona, sul fronte richieste ed esecuzioni: come in tutta la regione, c’è stata una deflazione di richieste di sfratto, che sono state 167. Regressione a doppia cifra, con un -21,6% rispetto al 2022. Quanto alle esecuzioni, siamo a quota 119.

Si tratta di numeri che vanno ‘problematizzati’. Secondo Luca Curatti, presidente della sede cremonese di Uppi (Unione piccoli proprietari immobiliari), a Cremona è stata rilevata una tendenza sempre più sistematica allo sfratto, che dai dati non sempre può emergere, considerata la loro natura ondulatoria: «Sono ormai tanti anni che mi occupo di sfratti – commenta – e ho una certa familiarità con il fenomeno: esistono ondate in cui la tendenza allo sfratto è più evidente rispetto a periodi di secca completa, in cui non se ne sente parlare. In questo periodo possiamo dire che c’è stato un autentico ritorno in auge».

Il problema degli sfratti pesa su tutti in modo eguale: «Il disagio è praticamente universale – precisa Curatti – perché le conseguenze ricadono su tutti i cittadini e tutte le parti in causa: a cominciare dalla proprietà, per proseguire con il dato delle spese e con il coinvolgimento di avvocati. C’è sempre anche una certa difficoltà a far sì che i canoni rimasti non pagati vengano recuperati. Tutto questo fa i conti con il disagio dell’affittuario, anche se chi non paga lo fa per problematiche di natura socio-familiare. Ma qui si entra in un campo complesso, ossia quello della idea cosiddetta ‘morosità incolpevole’».

La maggior parte degli sfratti sono dunque dovuti alla morosità. Inoltre, a Cremona il problema del mancato pagamento infetta, oltre ai privati, anche le attività commerciali in affitto: «Sono sempre più i negozi che chiudono perché non riescono a pagare il canone d’affitto – aggiunge Curatti – e il paesaggio urbano è già di per sé eloquente: Cremona è costellata di vuoti, le vetrine si accendono e si spengono di continuo, le saracinesche si alzano e si abbassano per sempre. Sono i tipici sintomi di mancato pagamento del canone». Il fenomeno sarebbe tristemente diffuso, e non andrebbe imputato solamente al carovita: «Spesso – precisa Curatti – ciò accade di conseguenza rispetto ad una forma di ‘imprenditorialità disperata’, che spinge il commerciante ad aprire una bottega senza rendersi conto che gli mancano le capacità economiche per farlo. Si fanno male i conti, subentrano difficoltà impreviste. Spesso diventa difficile competere con la concorrenza della grande distribuzione, che a Cremona sta crescendo in modo esponenziale».

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