L'ANALISI
21 Settembre 2024 - 21:37
Il vescovo Napolioni e don Cristiano Labadini
SESTO - Vivo questa nuova chiamata come un dono di grazia e un implemento delle cose da fare, ma soprattutto della carità da offrire». Comincia all’insegna dell’umiltà la nuova avventura pastorale di don Cristiano Labadini in quel di Sesto.
Il nuovo parroco 52enne, che conosce già piuttosto bene il territorio, visto che dal 2018 cura le anime della popolosa frazione di Casanova del Morbasco e quella più piccola di Cortetano, oggi pomeriggio ha iniziato con i crismi dell’ufficialità il suo ministero ‘scortato’ dal vescovo Antonio Napolioni che nella parrocchiale ha presieduto la messa dell’ingresso concelebrata da altri dodici sacerdoti.
Compreso il collaboratore del nuovo parroco, don Cesare Castelli, sessantasei anni, natali a Brignano Gera d’Adda paesone del bergamasco e un passato importante da missionario in Malawi, profondo sud dell’Africa. Lui alloggerà a Casanova.
Prima del rito, come prevede il protocollo, l’arciprete ha ricevuto sul sagrato il saluto di benvenuto dal sindaco Carlo Vezzini: «Qui troverà terreno fertile – gli ha assicurato il primo cittadino parlando a braccio – ma abbiamo bisogno di una guida, meno social e più rapporti umani».
Poi la messa, con i vari ‘step’ previsti dalla liturgia: la lettura del decreto di nomina curata dal vicario zonale e parroco di Castelleone (terra di origine di don Labadini) don Giuseppe Piacentini, l’aspersione dei fedeli da parte del nuovo parroco e il saluto del consiglio pastorale. Lo ha letto Laura Venturini ricordando al parroco che la sua «Sarà una missione impegnativa e faticosa» e che «tutti abbiamo bisogno di sentirci fratelli e compagni di viaggio. Lavoreremo insieme per portare la parola di Dio fuori dalle mura della chiesa e costruire ponti che uniscano».
Il vescovo ha affidato le sue consegne non solo al parroco e al suo collaboratore, ma anche ai fedeli di Sesto, Casanova, Cortetano e Luignano. Tutti. «Riconciliamoci con le famiglie – ha raccomandato il presule – con le famiglie e la comunità: senza chiedere i miracoli al parroco di turno, insieme accogliamo ogni invito, siamo contenti di ogni volto e di ogni storia che si lascia raggiungere. Non facciamo i conti se siamo pochi o tanti, non giudichiamo, soffriamo per chi non c’è, cerchiamo chi non c’è, teniamo aperta la porta di casa e della chiesa: allora la logica della pace e del Vangelo ci libererà dall’inganno che ci rende tristi e paurosi, perché abbiamo bisogno di cristiani convinti e contenti. Questo non è un inizio, questo giorno deve essere pieno di speranza e di fiducia che non dobbiamo mettere tutta sulle spalle dei preti, ma la portiamo insieme anche quando ha la forma della croce».
Alla fine ha detto la sua anche lui, don Cristiano: «Mi impegno a sfrondare tutto quello che ci separa dall’essenziale che è Gesù Cristo: auguro a me e a voi un cammino senza giudizi e senza pregiudizi». «Vogliamoci bene», ha chiesto invece don Cesare.
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