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CREMA. LA MEMORIA DELLA CITTÀ

Quegli «illustri sconosciuti». Il famedio, tempio ignorato

I monumenti dedicati alle glorie locali nel sottoportico del palazzo pretorio ‘snobbati’ dai turisti e dai cremaschi

Dario Dolci

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redazione@laprovinciacr.it

22 Agosto 2024 - 05:15

Quegli «illustri sconosciuti». Il famedio, tempio ignorato

Il busto di Giovanni Maria Cavalleri, la lapide ai caduti per l’Unità d’Italia e il monumento in onore di Stefano Pavesi

CREMA - «Non ti curar di loro ma guarda e passa». Nel sottoportico di palazzo pretorio passano centinaia di persone ogni giorno. Cremaschi e turisti. E tutti tirano dritto, senza prestare attenzione alle statue e alle lapidi del famedio. L’impressione è che molti nemmeno sappiano quale luogo stiano attraversando. Pochissimi si fermano a guardare le iscrizioni dei monumenti. Meno ancora sanno chi siano le persone alle quali sono dedicati. Passi per gli stranieri, ma i cremaschi...

Il famedio è solitamente una costruzione di pregio, destinata alla sepoltura o, come nel caso di Crema, soltanto alla memoria di personaggi illustri. Nelle grandi città, abitualmente è collocato nei cimiteri e ne costituisce la parte monumentale. Il termine, coniato nel 1869 deriva dal latino «fama», che ha lo stesso significato della parola italiana, e «aedes», che vuol dire tempio. In pratica, è il tempio della fama.

È la Hall of fame locale, il ‘Saranno famosi’ di un paio di secoli fa, ma con un’attrattiva assai minore sulla folla. Che ci sia bisogno di una Maria De Filippi per far sostare chi lo attraversa è solo un sospetto. In realtà, fino a qualche anno fa, c’era chi si fermava, ma per fare i propri bisogni al riparo delle volte del sottoportico. Motivazione poco nobile, per nulla culturale. Il Comune ha pensato bene di mettere delle telecamere e da allora, almeno il decoro è assicurato, padroni dei cani permettendo. Il famedio cittadino, offre i monumenti di musicisti e compositori, ma nemmeno i più celebri tra i cremaschi, di fisici e astronomi, ingegneri, deputati e pure di un notaio.

Appartengono ai secoli passati. I loro nomi dicono poco alla maggior parte degli attuali cittadini e forse è anche per questo che non volgono lo sguardo. Le iscrizioni scolpite nel marmo o nella pietra, poi, sono anche poco comprensibili, essendo in un linguaggio oggi non più in uso, benché in italiano (per secoli la lingua normalmente usata per le lapidi e le epigrafi è stata il latino). Dell’ingegnere Carlo Donati De’ Conti, ad esempio, si dice «Splendido esempio di virtù civili, sia onore all’illustre perduto, sprone allo studio, al lavoro al sacrificio, rampogna all’ignavia e all’egoismo». Al barnabita Giovanni Maria Cavalleri è dedicata un’iscrizione che lo descrive «Dotto, operoso, modesto. Le gentili virtù del cuore fecondava ai raggi della scienza scrutandone i segreti raccogliendo con amore le conquiste sudate negli esplorati campi della fisica e dell’astronomia a trionfo del progresso». Vallo a spiegare a un cremasco del ventunesimo secolo. Che le iscrizioni e le lapidi si distinguano sul piano linguistico e testuale da altri tipi di scritture è pacifico. Che qualcuno si fermi a leggerle e le comprenda appieno, se ne può discutere.

POLITICI, UOMINI DI FEDE E ARTISTI

Il famedio, dedicato ai cittadini benemeriti, è nato nel 1876 nel sottoportico di palazzo pretorio da un’idea dell’ingegner Felice Francioli. Inizialmente protetto da un cancello, la sua collocazione è stata modificata dopo la seconda guerra mondiale.
I cittadini che vi sono rappresentati sono: Stefano Pavesi (Casaletto Vaprio 1779 - Crema 1850), musicista e compositore; Giovanni Maria Cavalleri (San Michele 1807 -Monza 1874), religioso barnabita, fisico e astronomo. Carlo Donati De’ Conti (Crema 1804 - 1875), ingegnere esperto di idraulica e cartografia; Giuseppe Benzi (Crema 1820 - 1857), musicista e compositore, maestro di cappella della Cattedrale; Pietro Donati (Crema 1832 - 1883), avvocato, promotore dell’istituzione di scuole e della biblioteca e deputato del Regno d’Italia; Stefano Allocchio (Crema 1838 – Milano 1903), notaio. Mario Perolini, nel saggio ‘Vicende degli edifici storici e monumentali di Crema’, parla di un ulteriore busto dedicato a Francesco Grassi, filantropo e fondatore di un’Opera Pia, che sarebbe andato disperso durante i restauri degli anni 1958-1962.

Sul fronte del palazzo erano collocati altri due monumenti celebrativi dedicati ai musicisti Giovanni Bottesini e Vincenzo Petrali, che ora si trovano nei chiostri del museo. Oltre ai concittadini celebri, nel famedio sono collocati monumenti e lapidi commemorative: quello a ricordo dei cremaschi morti combattendo nelle campagne per l’indipendenza d’Italia; un bassorilievo dedicato a Cesare Battisti, politico socialista; una lapide per i deportati ai campi di concentramento durante la seconda guerra mondiale; un’altra dedicata ai Caduti della Resistenza e una lapide ai Caduti del lavoro; una lapide a ricordo dei cittadini che costituirono il Comitato di Liberazione Nazionale di Crema e l’ultima per i cremaschi deceduti a causa della pandemia da Covid-19.

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