L'ANALISI
12 Agosto 2024 - 05:20
Giovanni 'Gianni' Conzadori e l'ingranaggio
CREMONA - La prima scala è di marmo, di legno la seconda e la terza. Tutte molto ripide, meglio prestare attenzione a dove mettere i piedi. Conducono in cima alla torre civica e alla stanza che custodisce il tesoro creato da un artigiano rimasto senza nome, ma di grande ingegno: l’antico orologio di Porta Spinata, a Ostiano. La complessa opera, che non sarebbe dispiaciuta a Leonardo da Vinci, ha una caratteristica: dev’essere caricata a mano ogni giorno. Ad azionare il meccanismo che diffonde sul paese i rintocchi delle campane e scandisce lo scorrere del tempo ci pensa, affrontando quei 55 scalini, un uomo generoso, cultore delle tradizioni locali. «Per me è una passione», si schermisce Giovanni Conzadori, per tutti Gianni, 75 anni.
Nel 1512 a Lodovico II Gonzaga venne assegnato il possesso di Ostiano dall’imperatore Massimiliano I, che gli impose di cingere il borgo di mura, chiuse da due porte, i cui lavori terminarono nel 1519: la Porta della Valle a sud e Porta Spinata a nord. Nel 1694 su Porta Spinata venne praticata una nicchia con all’interno l’immagine di san Gaudenzio, patrono del paese, e al di sopra un distico in latino: ‘Questo luogo odia l’iniquità, ama la pace, punisce i reati, conserva i diritti e ed onora i cittadini retti’. Nel 1760 l’imperatrice d’Austria Maria Teresa fondò nei locali sovrastanti la Porta il Monte di Pietà per piccole sovvenzioni ai bisognosi mediante il pegno. Il Consorzio Poveri divenne così proprietario della Porta e, nel 1807, la fece sormontare da una torretta al cui interno venne collocato l’orologio che avvia la coppia d quadranti sulle due facciate dell’edificio.
Gli ingranaggi erano fermi da tempo. «Un amico mi ha chiesto: perché non ci pensi tu? Ho accettato», ricorda Conzadori. «Sono nato in una famiglia di piccoli agricoltori, avevano una cascina con un cavallo e dieci mucche. A 25 anni sono rimasto senza genitori, ho dovuto smettere di dedicarmi alla campagna e cominciato al consorzio agrario. Recandomi al lavoro in bicicletta, passavo di qui. Mi fermavo, salivo là sopra e ridiscendevo. Ho iniziato in questo modo e non ho più finito. Non ho tenuto il conto, ma sono come minimo trent’anni». La prima volta che si è trovato faccia a faccia con quel congegno ha provato un po’ di giustificato timore. Si tratta di un sistema di pesi e contrappesi, rulli, molle e altri pezzi incastonati gli uni negli altri.
«Vedendolo ho pensato che chi l’ha progettato e costruito doveva avere una bella testa. Secondo me, è stato montato direttamente sul posto e non portato qui da qualche altra parte». Lo ha studiato, ha capito come funziona e preso le misure. Ora ne conosce ogni segreto. «Muovo tirandola avanti e indietro una manovella: 30 giri per la suoneria delle due campane e venti per le lancette dell’orologio. Batte, per due volte a distanza di pochi minuti, l’ora e la mezz’ora, anche di notte». Tra la prima e la seconda scala di legno, c’è un ripiano. «Da questa finestrella con le inferriate mi godo lo spettacolo dei tetti e dei campanili del mio paese». L’orologio fa ormai parte delle abitudini degli abitanti.
«Tanto tempo fa era rimasto in silenzio per qualche giorno perché ero ammalato. Era stata lanciata una raccolta di firme per protestare con il Comune. Qualche volta si è bloccato per problemi meccanici, ma è bastato che spalmassi un po’ di grasso, quello utilizzato per le auto o i trattori, per risolverli e tornare alla normalità». Conzadori carica l’orologio ogni mattina, domeniche comprese, estate e inverno. «Ha un’autonomia di 30 ore, ma preferisco che riparta ogni 24». Si presenta tra via Garibaldi e piazza di Cavour alle 7. Lo faceva quando lavorava, sta continuando, sempre a titolo gratuito e senza chiedere niente in cambio, da pensionato. A casa, fuori paese, la figlia Elisa lo tira giù dal letto con la sveglia alle 6. «Poco dopo esco, monto in sella ed eccomi qui a girare la manopola».
Comincia a questo punto la sua seconda vita. Sì, perché, ‘l’orologiaio’ ha, oltre alla cura dell’orto, tanti altri hobbies, dalla numismatica alla collezione di cartoline in bianco e nero o a colori del paese. «Ne ho raccolto 150 circa». Ma, soprattutto, è una colonna dell’Auser di Ostiano, un esempio di altruismo. E come lui la moglie, Clara, ex infermiera. «Sono entrato nell’associazione nel 2009. Siamo in otto volontari, ma ne servirebbero di più. Ci sarebbe bisogno di un ricambio generazionale. Abbiamo in dotazione tre vetture, ma spesso sono tutte occupate». Accompagna alle visite mediche gli anziani, i malati, chi è solo. «C’è molta richiesta. La maggior parte delle volte andiamo all’ospedale di Cremona, ma anche Brescia, più di rado Milano».
Non contento, con la moglie mette in piedi ogni primavera la festa del disabile, i cui proventi vengono devoluti all’Anfass di Cremona dove la figlia, in questo periodo impegnata nello stage in un bar del posto, si reca. «Sono contento, contentissimo di dare una mano a chi ha bisogno». Nel 2012 Serafino Moglia, l’allora presidente della Fondazione Benefattori Ostianesi (l’ex Consorzio Poveri), proprietaria della torre campanaria e dell’orologio, gli ha mandato una bella lettera di elogio «per il volontario e fattivo impegno attuato in questi anni a favore di questo ente». Per il resto, null’altro. Probabilmente le istituzioni si accorgono del suo prezioso servizio solo quando le campane tacciono. Ma Giovanni detto Gianni non è certo tipo da lamentarsi. «Mi basta il grazie delle persone. Sino a quando posso, vado avanti. Anzi, lassù».
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