L'ANALISI
29 Luglio 2024 - 05:25
Paolo giovane con il papà Giovanni, per tutti Mario
CREMONA - Il ‘Caronte del Po’ sta per voltargli le spalle. «Ho fatto scolpire io da un marmista il cippo in suo omaggio interrato all’Antenna. Ma questo angolo, che grazie a lui una volta era un piccolo paradiso, si è trasformato in una giungla abbandonata. Non mi resta che portare quella lapide a casa mia, su in collina». Paolo Zaniboni, 57 anni, originario di Stagno Lombardo, vigile del fuoco dal 1991, caporeparto e istruttore del Gos (il Gruppo speciale operativo dei pompieri), è il figlio di Giovanni Zaniboni, per tutti Mario, ricordato come uno degli ultimi pescatori professionisti lungo il fiume.
Il padre è stato davvero un personaggio leggendario: ribattezzato ‘Caronte’ per la sua passione per la Divina Commedia, che declamava a memoria, aveva fatto del Po il suo lavoro, la sua vita. Ne conosceva i segreti come pochi altri. Era a lui che le forze dell’ordine si rivolgevano per chiedere consigli nella ricerca di corpi dispersi: lui stesso ha dovuto recuperare 25 cadaveri, tra cui due bambini annegati e ancora abbracciati; ha tratto in salvo alcune famiglie dalla devastante alluvione del 1951; ha rischiato almeno tre volte di annegare sotto la barca capovolta. Ed è stato anche baciato da un momento di celebrità internazionale. Fu quando, nell’ottobre del 1980, il regista giapponese Shoichiro Sasaki lo chiamò, attraverso un liutaio suo connazionale, per un docufilm su un uomo del fiume.
L’opera vinse il XXII Festival internazionale della televisione di Montecarlo e venne trasmessa in tutto il mondo. Il protagonista fu invitato a Tokyo, dove però la moglie, Mariapia Marchi (‘Pierina’), non l’accompagnò per la paura di volare. Ma il successo non lo cambiò. «È rimasto sino alla fine una persona semplice e generosa — lo ricorda il figlio —. Era instancabile. Usciva sul Po di notte e il mattino andava in giro a smerciare ceste di anguille, carpe, cavedani, alborelle. Io lo aiutavo. Caricavamo il camion con trenta, anche quaranta quintali di pesce. Prendevamo l’acqua del fiume con una paletta e la mettevamo in punta alla barca. La bevevamo il giorno seguente, dopo che la rugiada l’aveva rinfrescata: era buonissima. Non importa se poi mi addormentavo sul banco a scuola». E d’inverno, deposte le reti, «si trasformava in boscaiolo e vendeva la legna».
L’imbarco dei due Zaniboni, padre e figlio, era all’Antenna del Po, uno scorcio magnifico, in territorio di Stagno Lombardo, che tanti cremonesi conoscono e frequentano anche per il vicino ristorante. «Abbiamo attrezzato questo punto costruendo la passerella e il pontile, eravamo noi a tenerlo pulito». Portato via Mario da un brutto male all’età di 72 anni, ci ha pensato Paolo a prendersi cura dell’Antenna, tagliando periodicamente l’erba molto alta, costruendo le due panchine di legno e le due di ferro da cui si può godere la magia di tramonti spettacolari, puntellando la scala di cemento che scende all’attracco. E grazie all’eleganza della moglie Monica, piantando un roseto intorno a quel piccolo pilastro su cui sono incise poche parole: ‘Mario Zaniboni, Caronte: 1934-2006’.
«Avevo addirittura ricavato un orto con i peperoncini». Ma ora tutto questo è scomparso. L’erba è cresciuta inghiottendo le panchine, l’accesso al fiume è impossibile, qui e là rifiuti abbandonati, bottiglie di plastica e di vetro. E la lapide spunta a fatica, illeggibile o quasi. «Sono triste. Triste ma anche arrabbiato», si sfoga il vigile del fuoco abitante dell’acqua. Da qualche tempo, pur continuando a prestare servizio presso la caserma di Cremona, si è trasferito sui colli piacentini con la moglie e i due cani, Dado, il lagotto romagnolo salvato mentre si aggirava tra le macerie di Amatrice distrutta dal terremoto del 2016, e Diana, arrivata nel 2014 da una cascina vicino Crema.
«Ma non è certo per questo che ho trascurato l’Antenna. Cosa ci vorrebbe a giungere sin qui? In una manciata di minuti potrei scendere a Zibello e da lì, con la barca di mio padre ormeggiata a Isola Pescaroli, attraccare all'Antenna». La lontananza, quindi, non c’entra. Cosa allora? «Ho chiesto ripetutamente all’Aipo e al Comune di darmi una mano a tenere in ordine questo luogo, ma non ho mai avuto risposte concrete. A questo punto, chi me lo fa fare di continuare da solo? Ci ho sempre messo voglia e impegno, ma dall’altra parte bastoni tra le ruote e burocrazia».
E poi ha anche altro a cui pensare: il suo mestiere, il trasloco da completare, la nuova abitazione da finire di arredare e un sogno, ambizioso ma non irrealistico, anche se l’età della pensione si avvicina. «Ho presentato domanda per partire per la base scientifica in Antartide, dove ci sono un servizio antincendio e una pista aerea costruita sul ghiaccio in movimento e che, quindi, dev’essere sistemata ogni giorno. Stavo aspettando la selezione, poi però il Covid ha fermato la missione. Ma ho già sostenuto il colloquio con la psicologa». Tornato qualche giorno fa all’Antenna sul suo inconfondibile furgone marrone, ha constatato a malincuore che la situazione è peggiorata. E così la decisione, bagnata da una lacrima (sì, perché Zaniboni è un duro che si commuove), è presa: «Mi spiace, ma questa storia finisce qui. Porterò via con me il cippo e lo metterò nel giardino in collina». Lontano dal Po ma dove ‘Caronte’, nelle giornate limpide, potrà comunque continuare a vedere la sua Cremona.
Copyright La Provincia di Cremona © 2012 Tutti i diritti riservati
P.Iva 00111740197 - via delle Industrie, 2 - 26100 Cremona
Testata registrata presso il Tribunale di Cremona n. 469 - 23/02/2012
Server Provider: OVH s.r.l. Capo redattore responsabile: Paolo Gualandris