L'ANALISI
12 Agosto 2024 - 05:10
CREMONA - Da pettini e forbici a lenze e canne il passo non è poi così lungo, almeno per Silvia Mazzini, parrucchiera di professione e appassionata di pesca. Fra una cliente e l’altra, mentre dice alle sue lavoranti cosa fare — nel negozio che gestisce in via San Tommaso — , mostra orgogliosa le foto nel cellulare: «Questo l’ho pescato in un lago della Norvegia qualche settimana fa, insieme a Matteo: 93 centimetri, un luccio fantastico», e mostra una foto di lei con un enorme pesce fra le mani. Poi scrolla il cellulare e la galleria è una sequenza infinita di pesci di tutte le fogge, con lei sorridente come una bambina a cui sia stata regalata una nuova bambola.
In tempi di allergia agli stereotipi di genere, Silvia Mazzini non si fa problemi e per lei maneggiare pesci di ogni dimensione non è un problema: «Non mi fa schifo nulla, e poi i pesci sono così belli», commenta. Come tutte le passioni l’ amore per la pesca arriva da lontano. «Da piccola andavo a pescare con mio papà, mi divertivo come tutti i bambini, o quasi. Poi ho smesso, fino a quando non ho conosciuto mio marito Matteo». Insomma galeotto fu il cucchiaino, vien da pensare. Lei sorride sonoramente e le si illuminano gli occhi: «Ma noo – dice – Era da tempo che mi ero stufata delle cose femminili, il fashion, la moda, vestiti e maquillage, aspetti che mi riportavano al lavoro di tutti i giorni. Ero in cerca di qualcosa d’altro che mi facesse veramente staccare. Per amore di Matteo mi sono fatta coinvolgere nella passione per la pesca e così sono riemersi i ricordi con papà sul Po e l’ho seguito».
Tutto è iniziato per gioco e per amore, ma poi: «Dopo diciotto anni di convivenza ci siamo sposati l’anno scorso, ho avuto il tempo per imparare la pesca a spinning, io e Matteo andiamo sul Po, nei laghi montani, quest’estate ci siamo regalati una bellissima vacanza in Norvegia, dove ho pescato il luccio di 93 centimetri con un cucchiaio volante, ovvero un’esca che simula il movimento e i bagliori argentini di un pesce vero», racconta, poi fa una pausa e mostra un’altra foto: «Questi siamo io e Matteo il giorno del matrimonio, il 2 settembre dell’anno scorso» e i due sposini sono comodamente seduti su due belly boat, le sedute gonfiabili per la pesca sportiva.
«Il mio primo pesce è stato un enorme pesce gatto nel fiume Po – continua Silvia -. Dal Po ai bodri, in estate come in inverno, non ci ferma nessuno». Ciò che affascina Silvia sono il rito e il contesto della pesca: «Mi piace la tranquillità, il rumore dell’acqua e delle chiome degli alberi mosse dal vento – racconta -. Io passo tutto il giorno in mezzo alla gente e lasciarmi cullare dai suoni e dal silenzio della natura mi rilassa. Poi c’è la pesca, il rito della pesca. Quando abbocca un pesce inizia il bello, inizia una sorta di sfida, per attrarlo a te devi giocare d’astuzia, lasciarlo un po’ andare, poi riprenderlo, in un tira e molla che alla fine si conclude con lo strattone finale e deciso che, se sei fortunata e abile, ti regala il pesce. Ma come vuole la pesca sportiva, lo si fotografa e poi lo si rilascia in acqua. Rigorosamente peschiamo con esche artificiali, ma che simulano le forme di pesci piccoli e mobili per attirare prede più grandi». Viene quasi naturale chiedere se non sia mai stata tentata di mangiare il loro pescato, magari una bella trota: «No – dice risoluta -. Anzi, una volta abbiamo voluto farlo proprio con una trota. Ho dovuto darle un colpo secco per ucciderla, non lo farò mai più. Mi sono sentita in colpa e, questo sì, mi ha fatto ribrezzo». Silvia la parrucchiera pescatrice non si fa problemi a passare dalle messe in piega a lucci e siluri: «siluri, no. Quelli mi fanno veramente un po’ schifo».
Poi fa una pausa e dice: «Ah, un’altra mia passione è andare per funghi, sempre con Matteo» e mostra orgogliosa una sua foto con un enorme porcino accostato al volto sorridente di bambina a cui hanno appena regalato una bambola, ops no, un fungo.
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