L'ANALISI
08 Agosto 2024 - 05:15
CREMA - In quale misura stili di vita, istruzione e interessi che mantengono attivo il cervello anche nella terza età influiscono positivamente sulla possibilità di controllare l’avanzamento dell’Alzheimer: questo l’obiettivo dell’innovativo studio che Luigi Caputi, primario della Neurologia del Maggiore, condurrà nei prossimi mesi su 50 pazienti in cura al centro cremasco che si occupa di malattie neurodegenerative. L’ok è arrivato dalla direzione generale.
Si tratta di un progetto no profit, su base volontaria degli stessi assistiti. Come noto, queste patologie sono il risultato dell’interazione di diversi fattori, che si possono ricondurre a due macrocategorie: genetica e ambiente.
La prevenzione, non può ovviamente influire sulle predisposizioni genetiche, può però focalizzarsi sul ruolo dell’ambiente, che racchiude diverse componenti esperienziali della vita di un individuo: il livello di istruzione, l’occupazione lavorativa, l’impiego del tempo libero. Nell’insieme definiti riserva cognitiva.
Secondo gli neuroscienziati, gli individui che hanno alti quoziente intellettivo, livello di istruzione, un’occupazione lavorativa stimolante a livello cognitivo e un impiego svariato del tempo libero presentano un rischio ridotto di manifestare la sintomatologia di qualche forma di demenza, come ad esempio l’Alzheimer. Questo il postulato alla base di questo studio, che si sta sviluppando su scala nazionale e dunque verrà intrapreso anche sui pazienti cremaschi: se la cosiddetta riserva cognitiva è coinvolta nel modulare l’espressione di una sintomatologia neurodegenerativa, esiste la possibilità che potenziandola sia possibile prevenire ad esempio l’Alzheimer o altre patologie. Il numero dei casi di demenza varia molto a seconda delle casistiche e delle fasce d’età considerate.
Secondo l’Istituto superiore di Sanità, la prevalenza della demenza nella popolazione anziana è di circa l’8% nei soggetti con più di 65 anni, mentre negli ultraottantenni sarebbe del 20-25%.
In Italia il numero di pazienti è stimato oltre un milione (di questi circa 600mila affetti da Alzheimer) e circa tre milioni sono le persone coinvolte nell’assistenza dei loro cari.
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