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Il 'derby' della politica: e all'ultimo rigore la coppa è di Pizzetti

Giunta ombra, il presidente del consiglio affonda il colpo: «Sarò lieto d’incontrare il mio cane da guardia, sperando abbia da dire di meglio del suo mandante...»

Mauro Cabrini

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mcabrini@laprovinciacr.it

31 Luglio 2024 - 05:20

Il 'derby' della politica: e all'ultimo rigore la coppa è di Pizzetti

Alessandro Portesani e Luciano Pizzetti

CREMONA - Notte da Champions, sotto il cielo estivo della politica cremonese. Tre minuti di musichetta nel silenzio tipico della grande attesa e poi, nell’afa opprimente di umido e tensione di palazzo comunale trasformato in stadio, si va sul dischetto: dopo il tre a tre definito ai supplementari, proprio allo scadere di 120 minuti di uno contro uno sviluppato senza esclusione di colpi, il derby velenoso della giunta ombra si decide ai rigori. Tira Alessandro Portesani, per primo: il sorteggio rispetta l’andamento della polemica. Era stato lui ad innescarla, lanciando l’organismo parallelo di controllo del sindaco e degli assessori e infilando tra i marcati più stretti anche il presidente del consiglio comunale, Luciano Pizzetti, ed è lui ad incominciare la serie.

Rincorsa corta: alla Signori, si direbbe, se il candidato primo cittadino sconfitto al ballottaggio da Andrea Virgilio fosse mancino; ma è destro, naturalmente. E allora, giusto per descrivere l’atteggiamento con l’ennesimo paragone nostalgico, tira alla Albertini. Forse anche in nome della giovanile passione per il Milan, poi tramutata in tifo esclusivo per la Cremonese. «Pizzetti, in qualità di presidente del consiglio comunale, dovrebbe essere super partes. Dovrebbe essere anche il mio presidente del consiglio. Ma evidentemente non sa togliersi la ‘giacca’ di partito. Quale poi? Civica o del Pd? Entra a gamba tesa sulle opposizioni nel loro ruolo istituzionale di controllo, nonostante il sindaco Virgilio avesse affermato di coinvolgere lo stesso Pizzetti per costruire ‘spazi per un lavoro comune’ insieme alle opposizioni. Legittimo da parte sua partecipare al confronto politico: ma allora, lasci il ruolo di garante a chi sa interpretarlo al meglio».


Secco e centrale. Uno a zero. Tocca a Pizzetti. Mancino puro, ovviamente. «Dispiace che il consigliere Portesani sfugga al merito e ricorra in modo livoroso agli insulti. In verità non gli è nuovo. Ma tant’è. Del resto, comprendo che non abbia ancora digerito il rospo della sconfitta elettorale, un rospo tanto più indigesto vista la certezza di vittoria che egli diffondeva a gogó. Ma ciò non giustifica il rigurgito sulla pubblica piazza». Pari e patta. E palla di nuovo nelle mani di Portesani.


«Trovo nelle parole di Pizzetti tatticismo esasperato e cervellotico. Non volendosi candidare a sindaco, forse per paura di soccombere visti i risultati delle giunte Galimberti/Virgilio, ha trovato l’escamotage della lista civica per poi prendersi una carica che potesse, in qualche modo, trasformarlo in un ‘pro sindaco’: politico e amministrativo. Ma così è precipitato in una sgrammaticatura istituzionale ben più grave di quelle che rimprovera con toni aciduli a me e a ‘Novità a Cremona’, che esercitiamo il ruolo corretto e doveroso di controllo». Botta sotto il sette: due a uno.


Torna Pizzetti dagli undici metri: «A Portesani, che mi aveva accusato di essermi autorichiamato nella mia Cremona dalla pensione d’oro, fornisco un’informazione: non esistono più i tanto vituperati vitalizi. Sono stati soppressi dal 2012 anche col mio voto e ora vige il sistema contributivo». Tango da una parte, portiere dall’altra: due a due. Con la calma serafica e la freddezza lucida del politico navigato. Avvezzo allo stadio pieno e ai momenti decisivi. Sotto la curva c’è di nuovo Portesani, adesso. È un esordiente, ma il passo di avvicinamento non tradisce paura: coraggio e determinazione sono quelli del giovane politico rampante. Spregiudicato.


«Pizzetti non si è accorto che alimentando questa diatriba sta facendo più danni alla sua parte politica che non all’opposizione. Di fatto, depotenzia il ruolo di Andrea Virgilio, che, come sindaco dovrebbe essere anche il leader della coalizione. Rimprovera a noi la mancanza di rispetto verso l’ufficio del sindaco, ma è l’esatto contrario. Alimenta le fibrillazioni all’interno del Pd che, quando lui sedeva nelle aule parlamentari, ha creato la classe dirigente delle giunte Galimberti/Virgilio. E così fomenta i sospetti, già serpeggianti all’interno della classe dirigente piddina, che voglia riprendersi il partito locale». Rasoterra vincente e vantaggio riconquistato.


Per poco, però. Perché Pizzetti mette il suo terzo rigore all’incrocio dei pali. «A differenza di Portesani, io non ho sgomitato per fare il sindaco. Né a destra né a manca. Pur avendo avuto moltissime sollecitazioni, sia da destra che da sinistra, ho declinato gli inviti, come il consigliere smemorato ben sa avendolo verificato in diretta e di persona. Se avesse la mente sgombra, non gli sarebbe difficile convenire sul fatto che avrei deciso ben diversamente se avessi voluto affermare un mio potere».


Prova a tornare in vantaggio, l’ex candidato primo cittadino: «La polemica in corso certifica in maniera inequivocabile la debolezza di una coalizione che ha perso 4.000 voti, e che non riesce a decollare se non con un suo costante intervento. A correggere. A limare. A suggerire. A prendersi la scena a discapito di chi dovrebbe essere il vero protagonista dell’azione amministrativa, dimostrando così che per fare il sindaco non basta essere ‘fedelissimi’ e ‘brave persone’, ma che serve una caratura ben maggiore che lui solo ritiene di possedere, offuscando così irrimediabilmente la figura di Andrea Virgilio». A fil di palo: ma fuori, stavolta. Seppure di poco. Perché il concetto è già stato declinato e ribadirlo va bene ma non porta vantaggio. Si rimane sul 3 a 3.


Riecco Pizzetti. L’occasione è d’oro e la tensione, adesso, sale. Ma non la soffre affatto, abituato alle partite di cartello. E nella mente fredda del bomber del Pd che sistema il cuoio sul gesso, si riaffaccia la doppia accusa mossa da Portesani: aver garantito meno voti alla coalizione rispetto alla tornata elettorale che incoronò per la seconda volta Gianluca Galimberti e maltollerare l’opposizione. «In rappresentanza dell’opposizione è stata eletta una vicepresidente del consiglio comunale, che penso saprà ben svolgere il suo ruolo. Per quanto riguarda le preferenze, invito Portesani ad imparare a far di conto. Così scoprirà che la nostra lista ha evitato la sua vittoria e che i consensi personali provengono proprio, guarda un po’, dagli elettori. Molti anche dal Pd, viste le numerose preferenze espresse sotto quel simbolo ma annullate perché ero candidato in altra lista».


Quattro a tre: il sorpasso si consuma all’ora dell’ultimo libero. Lo calcia bene, Portesani: «Il presidente del consiglio finge di non capire, ma soprattutto dimostra di non accettare il nuovo paradigma tra maggioranza e opposizione, che esula dal suo schema pizzetti-centrico. Gli spazi comuni non sono enti certificatori di decisioni prese nelle ‘segrete stanze’ con il suo gruppo di potere e non può funzionare che tutti gli altri devono accettare in nome di un ‘bene comune’ funzionale alla sua posizione centrale, alla sua parte politica e non invece al vero bene comune. Il bilanciamento di ruoli tra maggioranza e opposizione, invece, può garantire il corretto apporto di critiche costruttive e di contributi programmatici che potrebbe riunire la comunità cremonese, apparsa divisa sostanzialmente a metà nel consenso elettorale espresso al ballottaggio».


Scenario descritto perfettamente e mano persino tesa, nel fendente morbido che chiude l’uno contro uno visto dal centrodestra e si insacca per il quattro a quattro nel tifo assordante della curva.
Deve solo sperare, adesso, Portesani: se Pizzetti segna, ha vinto; se Pizzetti sbaglia, si va ad oltranza. Eccolo, l’attimo cruciale. Si zittisce di nuovo il municipio-stadio mentre la nuova bandiera grigiorossa sventola fiera oltre la finestra che guarda la piazza. Appare calmo, l’ex sottosegretario. Non tentenna, se non per il tempo di guardare negli occhi il portiere.


«Io intendo tutelare, in consiglio, il lavoro di maggioranza e di minoranza. Ma Portesani veda di osservare bene: questa non è la casa degli amici, ma la casa comune. E se pensa diversamente, ha il dovere di fare nomi e cognomi, altrimenti trattenga il vomito. Infine, gli ricordo che io sono quella stessa persona malvagia che ha chiesto d’incontrare prima della campagna elettorale. Domandando di passare in un amen dal lei al tu e dispiacendosi del fatto che non mi candidassi perché mi avrebbe sostenuto volentieri con la propria lista. Di fronte alla mia indisponibilità, e in nome della discontinuità, ha rivolto il suo sguardo a destra. Contemporaneamente rammaricandosi del fatto che il Pd tardava ad incontrarlo e parlando assai male dei suoi futuri alleati di centrodestra. Di più.

In altra occasione mi ha ringraziato per le valutazioni che avevo fatto sul ruolo di Cremona capoluogo, spiegandomi che le aveva elaborate e inserite nel suo programma. Cosa che poi ha effettivamente fatto. Dunque, un minimo di coerenza e di decoro non guasterebbero. Sappia — in conclusione Pizzetti torna all’immagine del cane da guardia che tra San Bernardi, Rottweiler e meticci presunti scodinzolanti ha punteggiato la contesa dall’inizio alla fine — che i cani da compagnia sono preziosi, soprattutto per le persone sole. Fortunatamente, io solo non sono. E a differenza sua, sto bene di stomaco. Così, naturalmente chiedendo alla vicepresidente del consiglio di essere presente, sarò ben lieto d’incontrare in Comune il cane da guardia che mi ha assegnato. Sperando abbia da dire qualcosa di meglio del suo mandante». Il cucchiaio, a sigillo della notte del derby. Risuona la musichetta. È rosso pizzettiano il cielo sopra Cremona.

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Commenti all'articolo

  • tino.bussma

    31 Luglio 2024 - 15:20

    Più che un acceso derby, personalmente, mi sembra una "combine" ( nel linguaggio sportivo, accordo illecito col quale viene stabilito in anticipo tra i diretti interessati l'esito di una competizione) o "biscotto" all'italiana (termine di uso comune nel calcio per indicare partite dal risultato accomodato di comune accordo tra le squadre, in situazioni di reciproca convenienza) arbitro compreso!

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