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IL TERZO SETTORE RESISTE

Il volontariato cambia, ma l’energia è la stessa

Tra forme più ‘fluide’ e nuova burocrazia le associazioni in provincia restano 356

Francesco Gottardi

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redazione@laprovinciacr.it

21 Luglio 2024 - 09:45

Il volontariato cambia, ma l’energia è la stessa

CREMONA - «Il volontariato accompagna i cambiamenti della società, si rinnova in base alle nuove esigenze delle comunità. Sicuramente negli ultimi anni le forme del volontariato sono cambiate, ma lo spirito di servizio, la voglia di attivarsi sono ancora ben radicate soprattutto nel nostro territorio».

I dati diffusi dall’Istat qualche settimana fa avevano lanciato l’allarme: il Censimento permanente delle istituzioni no profit aveva registrato una perdita di circa 900mila volontari a livello nazionale. Dai 5 milioni e mezzo del 2015 si è passati ai 4 milioni e seicentomila del 2021, il 16% in meno.

Ma, lontana dagli allarmismi, Maria Luisa Lunghi, presidente di Csv Lombardia Sud Ets, rassicura rispetto ai numeri raccontando le tendenze del settore e la sua tenuta nel cremonese. «Quel che mi preme sottolineare è che non dobbiamo temere questi dati, posso testimoniare, da un punto di vista privilegiato grazie alle attività del Centro servizi per il volontariato, che le persone continuano ad attivarsi».

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Maria Luisa Lunghi

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terzo settore

Ad una lettura critica emerge come, tra le due rilevazioni del report, è entrato in vigore il decreto legge 117 del 2017 che ha portato a compimento la riforma del terzo settore con l’introduzione, tra le altre cose, del registro unico nazionale (Runts). Un passaggio che per tante piccole associazioni ha rappresentato un aggravio organizzativo insostenibile. «Ci aspettavamo un calo drastico e invece dopo la riforma i numeri delle associazioni sono rimasti sostanzialmente stabili: in provincia sono iscritti al Runts 846 enti di cui la larga maggioranza sono, in ugual misura, associazioni di promozione sociale (358) e organizzazioni di volontariato (356)».

Di fronte ad un inquadramento più oneroso per le associazioni di volontariato, in termini di tempo ed energie, il ruolo del Csv è quello di agevolare le condizioni di lavoro dei singoli gruppi di volontari, stimolando la «creazione di reti tra sui territori per fornire una risposta adeguata ed efficace alle esigenze che abbiamo di fronte». Una strategia di adattamento, quella di fare rete, che permette alle realtà più piccole di fronteggiare le richieste del settore. «Sicuramente sono andati in crisi dei modelli più consolidati, quelli delle organizzazioni di volontariato più grandi. Ma l’idea che il volontariato, tutto d’un colpo, si sia fatto ‘liquido’ è un semplificazione: le attività dei volontari sono sempre state multiformi e ibride. Il nostro Paese è attraversato, lo è sempre stato, da forze pronte ad attivarsi nelle situazioni più disparate donando le proprie energie agli altri, senza per questo avere una tessera. Penso a due esempi in particolare: nel 1966 furono migliaia i giovani che si precipitarono a Firenze per salvare i libri dall’alluvione, così come sono stati tantissimi quelli che l’anno scorso abbiamo visto spalare il fango in Emilia-Romagna».

Energie non codificate, come quelle dei migliaia di giovani che rendono possibili i grest anche negli oratori cremonesi o a quelli che partecipano ogni estate ai campi estivi di Libera contro le mafie. «Io credo che questa carica vitale di passione, la voglia di mettersi in gioco, di spendersi e di partecipare alla vita della comunità non devono essere disperse e soprattutto non vadano snobbate. Quello del terzo settore è un mondo ampio che tiene insieme realtà diverse (dal volontariato alle imprese sociali), perché non dovrebbe dialogare con queste realtà più spontanee, meno formalizzate? E il dialogo è la forma migliore di collaborazione: la Festa del volontariato che organizziamo ogni anno, durante la quale tanti cittadini si stupiscono della moltitudine di associazioni presenti, serve anche a stimolare queste conoscenze e possibili collaborazioni».

Insomma, il volontariato cambia pelle, ma l’energia che lo anima resta la stessa. «Il ‘'900’ è stato il secolo delle grandi organizzazioni, con il loro legame a partiti e movimenti di massa, che hanno dato un grande contributo alla crescita del nostro Paese. Oggi le cose sono diverse, non peggiori: inneggiare ad anacronistici ritorni al passato è soltanto noioso. I motivi che spingono a donare il proprio tempo sono sicuramente più ‘privati’ ma, negli ultimi anni, assistiamo ad una nuova centralità tema della comunità».

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Donata Bertoletti

«AI TAVOLI LA NOSTRA VOCE VA ASCOLTATA»

 «È sotto gli occhi di tutti quanto il terzo settore rappresenti un attore fondamentale nei campi più disparati della nostra società, dalla sanità all’istruzione. Le associazioni e le imprese sociali sono un sostegno rilevantissimo per il benessere collettivo». Le parole di Donata Bertoletti, presidente del Forum del terzo settore di Cremona, partono dalla consapevolezza che, nella nostra città come in generale in tutta Italia, migliaia di persone ma anche tanti enti e istituzioni fanno affidamento quotidianamente ai servizi che volontariato e cooperazione sociale mettono in campo.

«Una situazione tutt’altro che positiva che tradisce le gravi mancanze del pubblico. Se, ad esempio, l’accesso alle cure per migliaia di persone dipende dall’attività di un ente del terzo settore, significa che i servizi essenziali non sono garantiti a tutti, che ci sono porzioni di popolazione a cui manca un vero sostegno». Una situazione che riguarda in primo luogo le amministrazioni comunali e la spesa pubblica per welfare e servizi sociali: «Sono in primis i Comuni ad essere in difficoltà tra tagli di fondi e mancanza di risorse, proprio in un momento in cui si moltiplicano le richieste di aiuto». Proprio per riconoscere il ruolo politico-sociale che il terzo settore riveste nei territori la riforma del 2017 aveva sancito che le associazioni hanno il diritto a sedere a tavoli di programmazione territoriale in maniera paritaria con la amministrazioni. Una macchina di monitoraggio e ‘co-progettazione’ che per Bertoletti «va rodata, riconoscendo agli enti del terzo settore la voce in capitolo che deriva dalla nostra azione quotidiana». L’obiettivo del Forum del terzo settore, che da due anni collabora con Fondazione Comunitaria in questo senso, è proprio quello di far convergere le esigenze degli enti (ad oggi sono circa 60 le associazioni iscritte) e ottenere risposte concrete. «Il nostro ruolo è quello di supportare il pubblico ma oggi siamo ben oltre: le attività del volontariato non possono essere sostitutive di servizi che dovrebbero essere garantiti a tutti».

Il problema, per Bertoletti, sta a monte: i fondi destinati a livello governativo al lavoro sociale sono troppo pochi e, di conseguenza, attività e professioni sociali godono di scarsa considerazione. «Mancano operatori negli uffici dei servizi sociali, manca una visione strategica di ascolto dei territori e questo produce un ricorso sempre più massiccio alle attività del terzo settore, che rischia di finire per essere considerato una semplice stampella di un sistema basato su scelte politiche miopi e sbagliate, che producono — invece che sanarle — forme di povertà sempre nuove».



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