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GLI ANIMALI SENTINELLE DEL CLIMA

La voce degli uccelli racconta come si modifica il Cremasco

Studio sulle specie commissionato dal Parco Serio: i barbagianni ormai al lumicino, è picco di ibis e capinere. I richiami captati anche con appositi strumenti nella notte descrivono le variazioni del numero degli esemplari

Dario Dolci

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redazione@laprovinciacr.it

14 Luglio 2024 - 05:10

La voce degli uccelli racconta come si modifica il Cremasco

Un esemplare di cuculo

CREMA - Il cambiamento climatico modifica l’ambiente e determina la presenza o la scomparsa di talune specie di uccelli. Sono loro che ci dicono come sta il nostro habitat. E secondo l’ultimo monitoraggio dell’avifauna, che il Parco del Serio ha commissionato ai naturalisti Giuditta Corno e Jacopo Barchiesi, l’allodola, l’averla piccola e il barbagianni rischiano di scomparire; mentre gli ibis sacri, i cormorani, le capinere e le cinge aumentano.

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«L’indagine — spiega il biologo del Parco, Ivan Bonfanti — risulta fondamentale per indirizzare i nostri interventi, in quanto gli uccelli sono degli ottimi bioindicatori. Sono la classe più comunemente utilizzata per valutare la qualità degli habitat».

Il monitoraggio invernale, con stagioni sempre più calde, ha permesso di rilevare 51 specie. Due le aree del Cremasco prese in considerazione: quella tra la città e Mozzanica e quella da Crema a Montodine. Nella prima, la specie più diffusa è il germano reale con 271 esemplari censiti, nella seconda è il gabbiano comune con 191. I rilevamenti primaverili ed estivi hanno permesso di individuare 99 specie. I numeri sono sostanzialmente stabili rispetto all’indagine precedente.

Un barbagianni

E l’attività di controllo dell’avifauna e la consulenza tecnico-scientifica permettono di raccogliere dati e informazioni utili per una attenta gestione degli habitat dell’area protetta, indicando quali siano gli interventi prioritari da realizzare, al fine di conservare la biodiversità del Parco e delle sue due riserve. I dati presentati nella relazione, basata anche su registrazioni dei richiami effettuate soprattutto di notte, offrono le dimensioni sia delle popolazioni nidificanti sia di quelle svernanti, con particolare focus sulle specie indicatrici di ambienti ad alta naturalità, tipicamente legate alle aree aperte, a quelle forestali e alle zone umide.

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Un ibis sacro

«Il Parco — spiega Bonfanti — sta facendo rimboschimento e questo è importante. Nella nuova area alberata di Ripalta Arpina avremo presto i picchi. Tuttavia c’è bisogno anche di prati naturali ricchi di fiori e vicini al fiume». I dati del monitoraggio sono insomma utilizzati dall’ente per decidere gli interventi. «Ad esempio — prosegue Bonfanti — il barbagianni è sempre più raro, ma perché molti, nei periodi di migrazione, finiscono folgorati dai cavi dell’alta tensione. Per questo, la Provincia ha messo delle spirali sui cavi. Un’altra cosa importante che si sta facendo è di mantenere i luoghi di nidificazione nei sottotetti delle cascine. Dobbiamo fare in modo che l’azione dell’uomo si integri nell’ambiente e nell’ecosistema».

Sull’argomento interviene anche il presidente del Parco, Basilio Monaci: «Il Covid ha fatto aumentare le specie presenti, perché c’era meno disturbo. Il cambiamento climatico, però, ha fatto arrivare uccelli come cormorani e ibis sacri in gran numero. Se una popolazione è troppo diffusa, questo va a scapito di altre specie. La biodiversità ha bisogno di equilibrio».

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