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CREMONA

In aula: «Melega e il socio hanno truffato l’Inps»

Scintille al processo. La difesa: «Soltanto deduzioni, ma restano sempre brutti e cattivi»

Francesca Morandi

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fmorandi@laprovinciacr.it

14 Giugno 2024 - 21:28

"Non ho mai fatti avances a quella 12enne, l'ho solo rimproverata perché fumava"

CREMONA - «Poiché sono brutti e cattivi, allora lo sono sempre. Eh no. Ogni processo è a sé. E nei processi satellite per reati tributari, Melega è sempre stato assolto perché il fatto non sussiste. Non valgono le deduzioni, tu devi portare le prove».
Aula penale: ore 13.30, processo per truffa all’Inps. Gli avvocati Luca Angeleri di Pavia, e Massimo Nicoli di Cremona, difendono l’imprenditore Marco Melega e il suo ex braccio destro, Cristiano Visigalli. Ovvero, «i brutti e cattivi» dopo la pesante condanna di Melega a 10 anni 5 mesi e 15 giorni di reclusione (ha fatto appello) per frode fiscale, due reati di bancarotta fraudolenta, riciclaggio e decine di truffe online.

E dopo il patteggiamento a 4 anni e 6 mesi (in udienza preliminare) di Visigalli. Condanna e patteggiamento arrivati nell’ambito della poderosa indagine ‘Doppio click’ della Guardia di finanza: storia di una maxi truffa di merce pubblicizzata su sottocosto-online e marashopping, venduta a prezzi convenienti. Merce acquistata dai clienti di tutta Italia, mai arrivata né rimborsata. Melega ha fatto appello.

Quello di oggi, è uno dei processi satellite nati dall’indagine madre. Secondo l’accusa, Melega avrebbe licenziato Visigalli dalla Consulting srl (società che offriva ai clienti importanti servizi pubblicitari in cambio di merce e che stava per fallire) per riassumerlo, dopo tre mesi - «con un contratto fittizio» - nella società Mito per 20 giorni affinché ottenesse la Naspi (indennità mensile di disoccupazione), percependo 14.691 euro e ingannando l’Inps, dall’8 aprile del 2019 al 6 luglio del 2020.

In aula, il luogotenente della Guardia di finanza racconta l’indagine che ha effettuato. Parla di «contratto ovviamente fittizio». E sono scintille tra chi ha indagato e i difensori. «Perché ovviamente fittizio? Come fa a dirlo? È stato verificato che Visigalli lavorasse effettivamente per la Mito? Avete fatto dei sopralluoghi?». «Ce lo ha detto Visigalli quando lo sentimmo nell’indagine principale. Noi non eravamo sul posto. Non abbiamo appurato», risponde l’investigatore. «Appunto. Dove sono gli artifizi e i raggiri? Chi aveva aperto un conto in banca? Chi aveva fatto le pratiche in Camera di Commercio? A Melega è contestato il fatto di essere il rappresentante della Consulting e della Mito, ma dove sono le prove? Voi avete solo dedotto».

Per la difesa, «il contratto è talmente fittizio che l’Inps ha riconosciuto a Visigalli la Naspi; la Guardia di finanza ha fatto la segnalazione e l’Inps non ha né aperto il procedimento amministrativo né qui si è costituito parte civile. L’Inps ha guardato e ha visto che non c’erano elementi per contestare. Questi sono gli accertamenti che ha fatto la Guardia di finanza? Il tema è: il contratto era fittizio o no? Il finanziere non lo ha accertato. Punto». Da qui, la richiesta al giudice di prosciogliere Melega e Visigalli.

I difensori richiamano l’articolo 129 del codice di procedura penale: prevede che il giudice provveda ad emettere sentenza di proscioglimento ogni volta che risulti ‘evidente’ l’innocenza dell’imputato. Il pm si oppone, chiede di portare a testimoniare un altro finanziere che aveva seguito l’indagine. Il giudice non proscioglie, rinvia al 13 settembre per sentire il teste del pm. Sarà anche il giorno della sentenza. Non è la prima nei processi satellite dove «Melega ha già ottenuto diverse assoluzioni», sottolinea l’avvocato Angeleri. Lo stesso, Visigalli. Ma «dopo l’indagine ‘Doppio click’, gli arresti e le condanne resteranno sempre i brutti e i cattivi. Ci vogliono prove, non deduzioni».

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