L'ANALISI
05 Giugno 2024 - 05:15
Don Federico Celini
SOSPIRO - Sono passati quasi dieci anni dal quel settembre 2014 quando don Federico Celini arrivò in paese come parroco di Sospiro, Tidolo, San Salvatore e Longardore. Cominciava così un’esperienza pastorale molto intensa, che nei prossimi mesi si chiuderà per un nuovo incarico: don Celini è stato, infatti, nominato rettore del Seminario di Cremona dal vescovo Antonio Napolioni. A settembre dovrebbe lasciare l’unità pastorale Madre Nostra per intraprendere questa nuova missione.
Don Celini, con quali sentimenti si appresta a lasciare le sue parrocchie?
«Con infinita gratitudine nei confronti delle tante persone con le quali ho trascorso un tratto importante della mia vita, in un contesto in cui si è sempre più sviluppata una bella atmosfera di fraternità, corresponsabilità e unità. Alla trepidazione per il mio nuovo incarico si alterna un po’ di tristezza nel lasciare queste belle realtà. È stata un’esperienza ricchissima, porterò nel cuore tutti i parrocchiani con i quali ho condiviso gioie, ma anche dolori, in quel clima di famigliarità che ho sempre cercato di instaurare con ognuno di loro».
A Sospiro ha attraversato gli anni bui della pandemia.
«Sì, non sono stati anni semplici, ma nel Vangelo si trova sempre un motivo di speranza e serenità. Il tema del prossimo giubileo è proprio Pellegrini di Speranza e credo sia un messaggio splendido che non è solo ottimismo di maniera, ma la ragionevole speranza che ci è data dall’evidenza che lo Spirito Santo accompagna sempre chiesa, storia e ognuno di noi».
In questi dieci anni cosa è cambiato?
«Inizialmente avevo solo le parrocchie di Sospiro, Longardore, Tidolo e San Salvatore, poi da ottobre 2020, tra un lockdown e l’altro, è arrivata l’ufficialità delle unità pastorali e le parrocchie sono aumentate. È cresciuta la fraternità tra tutti noi preti, che devo ringraziare, e la corresponsabilità dei laici. Oggi le comunità sono entità strutturate, ma il parroco non è distante o solo sul pulpito. Mi piace dire che è un coordinatore di carismi laicali in mezzo ai suoi parrocchiani».
A quale momento è particolarmente legato?
«Ai pellegrinaggi mariani che ho condiviso con i miei parrocchiani e alla costituzione dell’unità pastorale nel 2020. Quel percorso e quei giorni, in cui abbiamo condiviso la visita del vescovo, sono stati momenti intensi, molto belli».
E a livello personale?
«Di questo periodo della mia vita ho un bellissimo ricordo del viaggio fatto in Libia e Siria tra le comunità dei cristiani poveri e perseguitati. Un’esperienza forte e che mi ha colpito nel profondo».
Come ricorderà i suoi fedeli?
«Porterò sempre nel cuore tutti i parrocchiani che ho incontrato e, di ogni singola parrocchia, le ricchezze messe a disposizione delle altre, oltre alla presenza di laici disponibili e affidabili che hanno collaborato con me in modo splendido. Ogni parrocchia ha espresso i propri talenti, nel segno della convivenza e della aggregazione».
Tra qualche mese sarà rettore del Seminario. Come le è arrivata la notizia?
«Il vescovo Napolioni mi ha convocato, io francamente pensavo a una nuova parrocchia e mi sono fatto varie ipotesi sulla nuova destinazione. Mai avrei immaginato un incarico simile. Mi ha fatto questa proposta motivandola paternamente e fraternamente. Mi sono commosso e ne sono rimasto onorato. Ho accettato subito, come del resto ho fatto sempre nella mia vita in virtù dell’obbedienza cui siamo tenuti. Ma direi che mi è sempre andata bene. Il seminario è un posto a me particolarmente caro. Lì ho anche insegnato Lettere per moltissimi anni».
Cosa si aspetta?
«Sono trepidante, c’è timore, ma anche entusiasmo. Entrerò in punta di piedi, con umiltà, cercando di portare avanti l’opera e l’attività del mio predecessore don Marco d’Agostino. Sono confortato dal fatto che lavoreremo in equipe con presbiteri e laici che già conosco. È un impegno delicato, ma so che sarà un’esperienza di rinnovamento e apertura delle menti e dei cuori».
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