L'ANALISI
04 Giugno 2024 - 18:41
CREMONA - Le multe appioppate fuori dal servizio. La donna ammanettata e accompagnata al Comando per non aver fornito le sue generalità. L’intervento in un palazzo chiesto ai colleghi per i cattivi rapporti di vicinato con il residente del piano di sopra.
Tre episodi distinti e quattro vigili accusati di abuso di ufficio. Uno di loro è Angelo Sorvillo (il collante in tutti i fatti). Oggi, nel giorno delle conclusioni di accusa e difesa, il pm, Andrea Figoni, chiede per il vigile «sceriffo» Sorvillo la condanna a 4 anni e 9 mesi di reclusione; 3 anni e 2 mesi per l’agente Marco Matteucci; 9 mesi per l’agente Giacomo Trimarchi; 1 anno e 2 mesi per l’agente Paolo Villa. L’avvocato Gloria Baioni, che assiste Sorvillo, deposita una corposa memoria difensiva. Le difese insistono per l’assoluzione. La sentenza sarà emessa il 9 luglio.
Nel 2020, l’agente Sorvillo, libero dal servizio, filma con lo smartphone le auto di genitori e nonni parcheggiate in divieto di sosta per il tempo necessario ad accompagnare i bimbi alla scuola materna Castello, in via Garibotti. La stessa dove ha casa il vigile. Il quale, poi rientrato al lavoro, invia il preavviso di accertata violazione. Scrive che «il conducente era assente». Il vigile «non può elevare sanzioni al di fuori dell’orario di servizio», è categorico il pm.
Il 27 ottobre del 2020, la pattuglia viene inviata per «schiamazzi e getto pericoloso di cose». Lì abita una donna. Ha bevuto, ha litigato con il compagno, ha buttato sul marciapiede effetti personali e attrezzi del compagno. Arrivano gli agenti Sorvillo e Matteucci. Nel fascicolo c’è un video girato dalla webcam azionata quella sera da Matteucci.
«Con tono sprezzante, Sorbillo e Matteucci intimano alla signora di raccogliere gli oggetti». Poi le chiedono le generalità, ma lei, ubriaca, non le dà. «Per quattro volte le dicono ‘Adesso lei ci dà le generalità’ con quel modi di fare. C’era un milione di modi per identificarla (il nome sul citofono, bastava un accesso anagrafico). Due uomini contro una donna che faticava a reggersi in piedi. Dal filmato è palese che l’accompagnamento in caserma è contro legge. Un accompagnamento ritorsivo».
Il pm parla di «malafede», perché alla informativa poi trasmessa in Procura, non è stato allegato il filmato. «Il filmato è stato acquisito solo quando in Procura si apre il fascicolo — incalza il pm —. Gli agenti non lo hanno allegato, perché era palese la loro condotta». La signora si è costituita parte civile con l’avvocato Fantini: ha chiesto 60mila euro di risarcimento. Nel processo il Comune è stato chiamato come responsabile civile. Il video, l’avvocato Marcello Lattari, difensore di Matteucci, l’ha visto «20 volte: Matteucci non alza mai la voce, non urla, non si rivolge mai alla signora, dandole del tu. Le dà sempre del lei. Per 14 volte le chiedono di dare le generalità. Per 13, lei non risponde, alla 14ª dice di no. Per tre volte, senza mai urlare, Matteucci le dice: ‘Signora, se non mi dà le sue generalità, commette un reato e dobbiamo accompagnarla in caserma. La portano in caserma, perché per 14 volte non dà le sue generalità. Francamente, non capisco la illiceità contestata. Io agente non sono obbligato a guardare i campanelli. Non mi dai le generalità per 14 volte? Punto. Io ti porto in caserma».
Il 13 ottobre del 2020, Sorvillo e il collega Trimarchi intervengono in un condominio. Qui abita il loro collega Paolo Villa, da anni in cattivi rapporti con il vicino del piano di sopra. Alle 14.10, in casa Villa si festeggia per il bel voto preso in greco dalla figlia. «Un momento di giubilo». Il vicino «sbraita, sbatte qualcosa sul pavimento». Esasperato («lo è dal 2012»), Villa chiama la centrale operativa del suo comando. Viene inviata l’unica pattuglia libera in quel momento. È composta da Sorvillo e Trimarchi, i quali prima sentono il collega, poi salgono dal vicino. Restano sul pianerottolo, lo informano che le questioni si possono risolvere nelle sedi opportune. Sorvillo chiede un documento. Il residente film la scena con lo smartphone. I modi non sono proprio ortodossi. Sorvillo sbatte in terra il documento. Per il pm, intanto «non vi è alcun motivo perché due agenti si rechino presso l’abitazione e lo informino che ci sono le sedi opportune per dirimere controversie. Se facessimo tutti così. Chiedere i documenti a casa sua non è norma». Il pm accusa Villa di aver chiamato il proprio comando e non il numero di emergenza 112. «In astio da anni con il vicino, vuole che vadano i suoi colleghi». Secondo l’accusa, Villa vuole vendicarsi. Il pm parla di «modalità ritorsive», chiede la condanna del vigile «in qualità di istigatore».
L’avvocato Massimiliano Cortellazzi, difensore di Villa, va al contrattacco. «Il signor Villa non si è mai occupato di farsi giustizia da sé. È rimasto in casa. Cosa doveva fare? Si è comportato da perfetto cittadino, non ha istigato i colleghi, ma ha fatto quello che fa qualsiasi cittadino: fuori servizio ha chiamato la centrale. Se un carabiniere chiama i carabinieri, un poliziotto chiama i poliziotti non va bene? Poi tutto sta nella modalità di intervento. Quale abuso d’ufficio? Che vantaggio ha avuto e che danno ingiusto avrebbe causato chiedendo l’intervento?». L’avvocato Mauro Salvalaglio, difensore di Trimarchi, replica al pm: «Il vicino è stato invitato ad adire le vie più opportune per risolvere i problemi di vicinato. Se questa è ritorsione? Trimarchi si è attenuto ai suoi doveri d’ufficio».
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