L'ANALISI
29 Maggio 2024 - 05:10
Maksim Andryescki, oggi 30enne, con la famiglia ospitante
OFFANENGO - Sembra una favola. Una bella favola a lieto fine. Ma è una cosa reale, avvenuta nei giorni scorsi. Ha per protagonisti un giovane di origine bielorussa di nome Maksim, 30 anni, da una decina d’anni residente in Polonia con la giovane moglie, e una famiglia offanenghese che lo ha ospitato e assistito per alcune settimane per tre anni di seguito, per aiutarlo a vincere una debilitazione da inquinamento nucleare. Maksim Andryescki, questo il suo nome, è venuto in Italia, a Offanengo, negli anni 2001, 2002 e 2003, quando era bambino, per ‘guarire’ dagli effetti dello scoppio della centrale nucleare di Cernobyl, in Ucraina, avvenuto il 26 aprile 1986. Il soggiorno era stato organizzato dall’associazione ‘Abbracciaperte’ presieduta da Gastone Longhi con la collaborazione e la partecipazione delle famiglie e delle istituzioni locali per offrire assistenza sanitaria e umana a bambini e ragazzi colpiti dagli effetti dell’inquinamento nucleare.
Andryiescki era stato affidato alla famiglia di Armanno Negroni e Luciana Paderno con il figlio Daniele il primo anno e nei due anni successivi; tra di loro si era subito stabilito un rapporto umano filiale molto profondo che si è consolidato nel tempo.
Maksim ha tratto un indubbio vantaggio dal soggiorno in terra offanenghese, circondato dal calore umano e dall’affetto della famiglia Negroni, e ha consolidato un sentimento di riconoscenza che ha avuto modo di manifestare direttamente venendo ad Offanengo, a trovare i suoi ‘genitori adottivi’.
Il ricordo di quell’esperienza, di più di vent’anni fa, ha fatto maturare una forte nostalgia del nostro Paese e un grande desiderio di tornare a respirare l’aria di Offanengo per dire grazie a Luciana e Armanno per tutto quello che hanno fatto per lui. Maksim è così giunto in Italia per un tour in alcune città, ma dopo due giorni, sospinto dai ricordi delle vacanze trascorse in terra cremasca, è approdato ad Offanengo.
Pur non conoscendo l’indirizzo della famiglia Negroni, ha ricordato il tragitto che faceva da bambino per tornare ‘a casa’ e ha bussato alla porta dei Negroni. Ermanno e Luciana non hanno riconosciuto subito nell’uomo di 30 anni che aveva suonato alla porta il bambino bielorusso di allora, ma hanno «avvertito una grande emozione». E ora spiegano. «Immediatamente si sono risvegliati i ricordi e si è manifestato il grande affetto che era rimasto custodito nei nostri cuori. È seguito un lungo, affettuoso abbraccio, carico di emozioni”.
Il bielorusso si è trattenuto un paio di giorni con la famiglia Negroni e ha voluto salutare e ringraziare anche Gastone Longhi, presidente dell’associazione umanitaria che ha organizzato i soggiorni terapeutici.
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