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LE STORIE DI GIGIO

Nobildonna di cuore: omaggio a Teresina

Teresa Reboldi Giroldi Forcella: da umile cameriera a ricca benefattrice. La sua vita misteriosa, un po’ favola e un po’ tragedia, rivissuta con gli ospiti del ricovero a lei dedicato

Gilberto Bazoli

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redazione@laprovinciacr.it

20 Maggio 2024 - 05:25

Nobildonna di cuore: omaggio a Teresina

CREMONA - Prima gli stucchi e il velluto del Ponchielli, dove l’umile cameriera diventata ricca benefattrice aveva due palchi. Poi le panchine di piazza Roma: qui quella signora dalla vita misteriosa, un po’ favola un po’ tragedia, ha abitato sino ai suoi ultimi giorni. È stata commovente la visita con cui alcuni ospiti della casa di riposo di Pontevico hanno voluto rendere omaggio a Teresa Reboldi Giroldi Forcella, per tutti semplicemente Teresina, la donna che ha donato il suo patrimonio per la costruzione del ricovero a lei intitolato.

Già, ma chi era Teresina, per metà bresciana e per metà cremonese? Le sue alterne vicende, sinora poco conosciute, sono state ricostruite da Gian Carlo Corada, ex sindaco e presidente dell’Anpi, autore di libri e saggi, con la preziosa collaborazione della figlia, Annalisa.

la visita

«Ho consultato archivi e parlato con la gente del posto, compreso il parroco del suo paese d’origine», racconta Corada. Ne è scaturito il volume ‘Teresa Reboldi Giroldi Forcella. Una storia di generosa umanità tra Villa Carcina, Pontevico e Cremona’. Teresina viene alla luce il 18 settembre 1847 a Villa Carcina. I suoi genitori erano poveri. Come altre ragazze della sua condizione sociale, la figlia viene mandata a servizio da un nobile, Paolo Giroldi, di Pontevico. Rimasto vedovo due volte di due sorelle, il padrone sposa la sua domestica, incinta di quattro mesi. Lui aveva 67 anni, lei 25. Un matrimonio di necessità.

i mariti

I due mariti di Teresina


«Nonostante ciò, possiamo presumere che a Teresina sia sembrato di vivere un sogno», annota Corada. Il facoltoso signorotto muore il 24 febbraio 1873, un mese prima della nascita di Paolina. Il padre lascia tutto alla figlia, terreni e case per un valore complessivo di 852.888,36 lire. Una grossa cifre all’epoca. Paolina ha poco più di sei anni quando un morbo la porta via. Teresina eredita tutto.

«Seguono mesi terribili per lei, ma il dolore è mitigato dalla fede e dall’amore per Paolo Forcella, possidente, solo d’una decina di anni più anziano».

I due si uniscono in matrimonio il 6 novembre 1879. Teresina, pur mantenendo saldi legami con Pontevico, sceglie di vivere a Cremona, trasferendosi dalla campagna alla città.

Muore il 29 maggio 1904, a 56 anni, nell’appartamento di piazza Roma 18, all’angolo con via Solferino. Il testamento viene aperto il giorno stesso della sua scomparsa, nei locali della Regia Pretura di Cremona in via Tribunali 4, davanti al notaio Alessandro Maffi. Tre fogli: ‘Alla scomparsa di Paolo Forcella, memore io delle intenzioni e dei sentimenti caritatevoli del compianto mio primo sposo Paolo Giroldi, sentimenti condivisi pure da Paolo Forcella, intendo rispettare ed onorare la memoria del primo, ed elogiare altresì il secondo, stabilendo come stabilisco che la mia sostanza, detratti i legati, costituisca il patrimonio per il mantenimento in perpetuo di un ricovero per cronici poveri d'ambo i sessi, con annessa una sala per bambini e un'altra per adulti ammalati. Tale ricovero sarà eretto nella casa mia in Pontevico’.

E così, dopo la morte del secondo marito nel 1920, è stato con la costruzione dell’istituto che oggi si chiama Fondazione Giroldi Forcella Ugoni onlus.

È da lì che, pochi giorni fa, su due pulmini e accompagnate dal personale, sono partite una dozzina dei 170 ospiti dell’ente. Con loro il presidente Cesare Ferrari, il direttore Alessandro Salvadori, la psicologa Sara Avanzini. E la storica dell’arte Michela Valotti, ricercatrice dell’Università Cattolica di Brescia, che spiega: «Stiamo portando avanti un piccolo progetto di sperimentazione artistico-ricreativa, nell’ambito di una terapia non farmacologica, per i pazienti con la sindrome di Alzheimer. Ci sono stati alcuni laboratori e due uscite. Una a Pontevico, nei luoghi di Teresina, e una qui a Cremona».

Tappa iniziale del tour, dopo un veloce pranzo al bar annesso, il Ponchielli, che Libera, Giulia e le loro amiche vedono per la prima volta e dove vengono accolte affettuosamente dal sovrintendente e direttore artistico, Andrea Cigni. Le sue ospiti si guardano intorno meravigliate.

«Oh, è proprio antico questo teatro», sospira una di loro.
«Sono onorato della vostra presenza», saluta Cigni.
«Onorate siamo noi», gli risponde, pronta, Santina, un passato da commessa in Svizzera, la più vulcanica della compagnia.
«Qui è come stare dentro la cassa di risonanza di uno strumento musicale» riprende Cigni raccontando la storia del teatro. Tra lui e l’insolito pubblico scatta subito un rapporto di simpatia.
«Il Ponchielli è stato progettato sul modello della Scala di Milano, ma è più bello e ha un’acustica migliore. Mozart era presente alla rappresentazione dell’opera La Clemenza di Tito».

Le spettatrici lo ascoltano con attenzione, rapite dalla bellezza che le circonda. Defilato, il consigliere comunale Enrico Manfredini.

La parola passa a Corada: «Teresina, appassionata di teatro, aveva due palchi. Non si sa quali, bisognerebbe fare una ricerca. Era una figlia del popolo ma aveva sposato un conte».

Una signora chiede di avvicinarsi alla buca dell’orchestra; un’altra ricorda quando è stata alla Scala.
«Vi aspetto di nuovo, siete sempre le benvenute» si congeda Cigni.

Poi, chi da sola sulle proprie gambe, chi al braccio delle assistenti, chi in carrozzina, tutte di nuovo sui pulmini. Destinazione piazza Roma. Gli sguardi sono rivolti al bel palazzo giallo all’inizio di via Solferino, sulla destra dai Giardini pubblici.

«Tra quelle mura Teresina ha vissuto l’ultima parte della sua vita. Aveva la residenza a Cremona. Il domestico è diventato anche il suo infermiere dopo un incidente e si è preso cura di lei sino alla fine», spiega l’ex sindaco.

La visita ai luoghi cremonesi della nobildonna di cuore, che ricordandosi di essere stata povera ha aiutato i bisognosi, sarebbe terminata. Ma le pazienti della ‘sua’ Fondazione chiedono un fuori programma: vedere piazza Duomo. Chissà quante volte le ha precedute Teresina.

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