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CREMONA. LA TRUFFA

L’eredità è sparita, madre condannata a 8 mesi

Guerra familiare scatenata dalla figlia del caldarrostaio morto nel 2016. In ballo 150mila euro

Francesca Morandi

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fmorandi@laprovinciacr.it

22 Maggio 2024 - 19:43

L’eredità  è sparita, madre condannata a 8 mesi

CERMONA - Dicembre del 2016. Il necrologio sul giornale recita: «È mancato all’affetto dei suoi cari Ermenegildo Fantoni (Ermes), di anni 69. Ne danno il triste annuncio la moglie Ercoliana, i figli Lorenza e Marco....». Nella sua vita da caldarrostaio, Ermes aveva fatto su i soldi: case all’estero e 150mila euro sul conto corrente fino al giorno della sua morte, domenica 4 dicembre.

Un bel mucchio di soldi, quei 150mila euro: la miccia di una guerra familiare scatenata dalla figlia tre anni dopo. Nel 2019 Lorenza ha querelato sua madre e suo fratello. Perché lei, erede del padre, della quota di legittima che le spettava non ha visto un centesimo (è stata esclusa). E perché i soldi non c’erano più.

È la storia di una firma e di un bonifico. E, per l’accusa, di una truffa, reato per il quale oggi, in primo grado, la moglie 76enne di Ermes è stata condannata a 8 mesi di reclusione (il pm onorario aveva chiesto 1 anno) e a risarcire con una provvisionale di 15mila euro la figlia, parte civile con l’avvocato Paolo Soldi (oggi sostituito dal collega Marco Bencivenga). Il fratello è stato assolto ‘per non aver commesso il fatto’ (lo stesso pm aveva chiesto di assolverlo per insufficienza di prove). Madre e figlio erano difesi dall’avvocato Alessandro Vezzoni. Entro 90 giorno il giudice depositerà la motivazione della sentenza arrivata sul filo della prescrizione.

Nella vicenda, la cronologia è importante. Mentre Ermes è ricoverato in ospedale, giovedì 1 dicembre sua moglie va in banca per traghettare quei 150mila euro dal conto corrente del marito sul suo conto corrente. Ma la moglie non è cointestataria del conto di Ermes. Lei ha il potere di delega. Avrebbe potuto «girare a terzi», figlio compreso, quella somma. La funzionaria di banca glielo spiega. L’alternativa è che il marito le faccia un bonifico. Dalla banca, la moglie esce con un modulo prestampato - l’ordine di bonifico - da far firmare ad Ermes in ospedale. Venerdì 2 dicembre, la moglie torna in banca con il modulo firmato dal marito, ma poiché è già venerdì, la funzionaria la informa che l’operazione si farà il lunedì successivo, 5 dicembre. Domenica 4 dicembre Ermes muore.

Lunedì 5 dicembre, la bancaria procede con il bonifico come da accordi. Per l’accusa, la firma di Ermes sul modulo era «apocrifa», la funzionaria sarebbe stata tratta in inganno, la madre si sarebbe procurata «l’ingiusto profitto ai danni della figlia esclusa per la sua parte di legittima quale erede del padre».

Al processo, la figlia ha spiegato di aver chiesto al fratello, che si stava occupando della successione, notizie sull’eredità. Lei sapeva che sul conto del padre c’erano 150mila euro. «Il fratello la rassicura. ‘Non ti preoccupare, dobbiamo vedere i beni che ci sono all’estero’. Ogni volta che si parlava della questione — ha incalzato il pm — la figlia è sempre stata tenuta all’oscuro». Finché nel 2019, Lorenza vuole vederci chiaro. Va in banca e scopre «l’ammanco». Viene a sapere del modulo e della firma. «La funzionaria di banca ha chiamato la signora, le ha chiesto di restituire i soldi, ma lei ha detto: ‘No, perché mi servono’. È evidente la sua malafede», ha sottolineato il pm.

Nel 2019 parte la querela. La Procura affida alla grafologa Paola Sangiorgi l’incarico di accertare se sull’ordine di bonifico la firma sia quella di Ermes o se sia «apocrifa». «Firma imitata» ha detto oggi la consulente tecnica del pm, che ha spiegato di averla confrontata con «documenti originali» del passato. Ha premesso: «Ritengo che sia fondamentale esaminare i documenti originali e se non li hai, devi segnalare questo limite alle indagini». La grafologa non ha preso in considerazione la fotocopia di un documento del 14 ottobre 2016, contenuto nella cartella clinica di Ermes. Perché «dalla fotocopia non si capisce se la firma sia del de cuius». Apriti cielo. Maria Grazia Lombardi, grafologa luminare del settore, perito del giudice, è andata su tutte le furie, perché in una perizia grafica non si può ignorare la malattia della persona. Perché la malattia influisce sulla grafia. Lombardi ha messo a confronto le firme sull’ordine di bonifico e sulla fotocopia della cartella clinica. E ha concluso che Ermes aveva sottoscritto di suo pugno l’ordine di bonifico alla moglie. Per Sangiorgi, invece, «la firma sull’ordine di bonifico non è del de cuius».

«Persino io che non sono un tecnico, vedo che sono firme diverse, apposte da altra persona - ha sottolineato il pm —. Ma anche senza consulenza, nel corso dell’istruttoria dibattimentale sono emersi gli artifici e i raggiri, la condotta distrattiva. La signora avrebbe dovuto revocare il bonifico, non lo ha voluto fare. Il denaro non è entrato in successione ed è sparito». Secondo la difesa, la moglie di Ermes non aveva bisogno di architettare una truffa: «La signora con potere di delega, avrebbe potuto girare i soldi a terzi, anche al figlio. In più, il perito del giudice ha accertato che la firma sull’ordine di bonifico era del de cuius».

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