L'ANALISI
21 Maggio 2024 - 05:15
CASALBUTTANO - Una moneta di Maria Gonzaga relativa al periodo di reggenza per il figlio Carlo II°, nono duca di Mantova, del periodo 1637-1647, un ex voto in lamina d’argento e i resti di un edificio a forma quadrangolare o rettangolare, con fondamenta in cui sono visibili due potenti archi di scarico. Sono quelli che gli esperti della sovrintendenza archeologica Belle Arti e Paesaggio di Cremona, Lodi e Mantova, definiscono ‘interessanti rinvenimenti’. Li hanno trovati tra il 15 marzo e il 2 maggio, durante gli scavi eseguiti sotto alla pavimentazione del sagrato davanti al santuario della Madonna della Graffignana a San Vito, riportato al suo massimo splendore.
Cantiere inserito nel progetto completo di recupero dell’edificio sacro voluto dalla parrocchia con un investimento complessivo di 330mila euro, finanziato anche da contributi della Cei e del Pnrr. Ai casalbuttanesi i risultati sono stati presentati nell’auditorium dell’oratorio alla presenza del parroco don Davide Schiavon, del responsabile dei beni culturali della diocesi di Cremona don Gianluca Gaiardi e dell’architetto Virginia Bocciola che ha firmato il progetto di recupero del santuario e, passo dopo passo, ne ha seguito i lavori. Sono intervenuti anche il sovrintendente Gabriele Barucca, l’archeologa della sovrintendenza Nicoletta Cecchini e Daniele Capuzzo, archeologo della ditta Archeosfera che ha eseguito gli scavi.
L’importanza dei ritrovamenti ha indotto proprio il ministero a stanziare ulteriori fondi dal capitolo dedicato alle emergenze perché il budget iniziale previsto non era in grado di coprire i costi dell’indagine sempre in evoluzione. Nel suo intervento Cecchini ha sottolineato il rischio archeologico che deriva dai lavori presso i luoghi di culto, anche con interventi di modesta entità come nel caso di San Vito, dove i lavori sono consistiti nella semplice sistemazione delle lastre del sagrato, senza scavare troppo in profondità.
Capuzzo, che ha lavorato con i colleghi Elena Belgiovine, Elisa Ginoli ed Enea Mazzetti, ha quindi presentato la natura dei rinvenimenti, a cominciare da una serie di scarichi di materiale edile tagliati direttamente entro il deposito geologico, frutto molto probabilmente della corposa demolizione di un complesso più antico, che non è stato possibile identificare, ma che potrebbe essere il piccolo oratorio sorto prima di edificare il santuario, distrutto dai francesi nel diciassettesimo secolo. A confermare la collocazione cronologica è la moneta dei Gonzaga.
L’edificio scoperto, invece, potrebbe essere collegato alla presenza militare nella zona, anche se il condizionale è d’obbligo. Abbattuto questo edificio, nel 1704 viene costruito il santuario.
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