L'ANALISI
06 Maggio 2024 - 05:20
CREMONA - Era una ragazzina. «Sono arrivata in ritardo agli esami di terza media perché avevo trovato un gatto in mezzo alla strada. L’ho tenuto in braccio sino a scuola. La professoressa di inglese mi ha poi detto che era stato affidato al bidello». La vita di Lella Rossetti, 64 anni, è una vita spesa per l’ambiente, una vita costellata di episodi come quel mattino. Sono stati la mamma Silvana, il nonno Rinaldo e alcuni prozii a tramandarle il suo amore per la natura. «Lo considero un fatto quasi genetico».
Con un’eredità così era destino che, prima o poi, la sua passione e il suo lavoro finissero per coincidere. «Cosa si può desiderare di più?». È una delle cinque dipendenti del Parco Oglio Sud, che comprende 15 Comuni, di cui sette in provincia di Cremona (Ostiano, Volongo, Isola Dovarese, Pessina, Piadena, Drizzona, Calvatone) e gli altri in quella di Mantova. Fa la pendolare tra Calvatone, sede del Parco, e Ostiano, dove vive. Ma è nata in città. «Abitavamo in via degli Argini, dietro le case c’erano i campi». Il palcoscenico ideale per muovere i primi passi da ecologista. «Mia madre portava a casa di tutto, uccelli feriti e altro. È con lei che in Val di Sole, nel Trentino, lungo il margine di un sentiero ho visto un topo quercino. Me ne sono presa cura per un anno, poi è morto. Per noi quello era un gesto normale». Come lo era occuparsi dei cani abbandonati. «Li accompagnavo al canile, che allora era in via Bosco. Avevo 8-9 anni. Non me ne distaccavo anche in chiesa, ma mi sbattevano fuori. Non è come oggi che li benedicono».
Dopo il diploma all’Aselli, la facoltà di Filosofia alla Statale di Milano. «Ma l’ho lasciata per partecipare ai concorsi come bibliotecaria in alcuni comuni». Si è sposata con Paolo, ex direttore di case di riposo, e ha avuto due figli. Non ha mai dimenticato l’impegno appreso da piccola. «Raccoglievo le lattine di ferro, le mettevo in un sacco e le portavo da Fausto Malinverno, alla 'Crepa' di Isola. Allora non c'era la differenziata. Mi sono iscritta a Legambiente e alla Lipu, ora però non ho più tessere». Si definisce, restando in tema, «un cane sciolto, un battitore libero».
Al Parco Oglio Sud si è avvicinata nel 1996 come volontaria ed è stata assunta nel 2008. Diventando, con la sua generosità e il suo entusiasmo contagioso, una colonna dell’ente regionale che si occupa di un’area naturale protetta estesa su una superficie di 12.800 ettari. «Ho cominciato subito con i corsi di aggiornamento per gli insegnanti delle scuole di ogni ordine e grado. All’inizio erano una novità e si tenevano a Calvatone. In seguito abbiamo pensato di estenderli sul territorio e nei diversi istituti. Da alcuni anni i docenti che li frequentano sono 250». Non solo professori di scienze, ma anche delle materie umanistiche e artistiche. «L’ambiente dev’essere il collante di tutte le discipline. Collaborano con noi ricercatori di primissimo piano: tengono lezioni, fanno censimenti, mandano video. Abbiamo anche un canale YouTube con centinaia di visualizzazioni, le serate on line funzionano benissimo».
Ne sono state organizzate già tre sul lupo; una sulla plastica; una sui pesci d’acqua dolce; un’altra sullo sciacallo dorato, «un cagnetto tra la volpe e il lupo che dal Friuli è arrivato nelle nostre zone»; un’altra ancora sul gufo. «In questi anni ho conosciuto un sacco di bella gente, condividiamo gli stessi interessi e sappiamo di cosa parlare». Lella è instancabile: con i suoi amici si preoccupa degli animali feriti, che vengono poi smistati nei centri di recupero della fauna selvatica. «Il nostro punto di riferimento è il CRAS di Parcobaleno, a Mantova, da dove a volte i rondoni vengono dirottati a Trieste. A me è capitato di indirizzare qualche pipistrello a Valpredina, nella Bergamasca».
C’è un luogo che ne rispecchia in pieno lo spirito. Quel luogo è la sua casa. «Ecco Terry, ha 7 anni. Era in montagna, vicino a una malga: non era adatta per fare il cane pastore e me l’hanno proposta». Ovviamente, non ha resistito. «Avevo 4 gatti, ora sono tre. Ho fatto per qualche tempo la volontaria al gattile di Calvatone, ma non ce la facevo più per il mal di schiena. Ho smesso di andarci anche perché porterei via tutto». I suoi cani, da Flick a Maya, e i suoi gatti morti, come Giorgio e Caterina, sono sepolti in un angolo del grande giardino dietro la villetta. «Mi piace tenerlo selvatico, con le ortiche e le erbacce».
È un’esplosione di natura, spiccano un albicocco e tre vasche con le ninfee in superficie. E tanti, tanti animali. «Le api solitarie non da miele nei ‘bee hotel’, le apposite cassette; la civetta che vive là, sul tetto, sotto le tegole: io conosco lei e lei conosce me; un merlo e una marea di altri uccellini. Ho registrato il canto delle cinciallegre e dell’upupa. Per due volte in poche settimane sopra la mia testa sono passate le gru. Avevo anche una foto-trappola che ha ripreso due faine». È il suo mondo. Lo stesso che ritrova al lavoro. «Mi piace molto, ma comincio ad essere un po’ stanca. È difficile convincere nuovi volontari, dare continuità. L’Oglio? Si potrebbe fare di più per il nostro fiume e l’ambiente in generale. Il cambiamento dovrebbe partire dall’alto, anche se ognuno di noi può dare un piccolo contributo». Squilla il telefono. La suoneria? È un cinguettio.
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