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A scuola d'estate, la proposta divide: «Non siamo il Grest»

Il ministro Valditara ha stanziato 400milioni di euro per organizzare attività educative nei mesi di vacanza. I dirigenti: «I tempi per la progettazione sono ristretti e molto spesso le strutture sono inadeguate»

Nicola Arrigoni

Email:

narrigoni@laprovinciacr.it

27 Aprile 2024 - 05:05

La proposta divide: «Non siamo il Grest»

CREMONA - «Il Piano Estate da 400 milioni di euro è un piano imponente, mai realizzato prima, per i ragazzi che arrivano da famiglie di lavoratori che magari non possono permettersi la casa al mare, l’albergo in montagna o altro genere di svago per i figli», ha spiegato il ministro all’Istruzione e al Merito, Giuseppe Valditara, lanciando la proposta delle scuole aperte d’estate. La reazione del mondo della scuola non si fa attendere.

«Non siamo il Grest — commenta Barbara Azzali, preside dell’istituto comprensivo Cremona 4 —. Ci rendiamo conto cosa voglia dire fare scuola in estate, in classi che non hanno aria condizionata, con strutture non adeguate a una didattica che deve essere differente rispetto a quella abituale? Il compito della scuola non è fare animazione. In territori come i nostri c’è un’ampia offerta estiva che viene dai Grest e dai centri estivi, con tutto il dovuto rispetto nei confronti di queste iniziative. Poi tutto ciò arriva con i piani di Pnrr da ultimare, la fine dell’anno scolastico e personale sempre più ridotto all’osso».

Maria Giovanna Manzia, dirigente del Cremona 1, ha deciso di organizzare la scuola d’estate anche indipendentemente dai fondi recentemente messi a bando, ma utilizzando il Pnrr per stem e aggiornamento linguistico. «Quest’anno la nostra scuola d’estate si terrà alla Campi e non alla Trento Trieste, dove il cortile è inagibile per il cantiere della palestra — dice —. Faremo tre turni di una settimana a giugno per venire incontro alle famiglie dei bimbi delle primarie del nostro istituto».

Daniela Marzani deve ancora analizzare la circolare nel dettaglio: «Ora mettersi a organizzare la scuola d’estate ci sembra, per le tempistiche, veramente difficile da fare. Ma mi confronterò col collegio e cercheremo di capire come muoverci».
In linea di principio l’idea è buona, ma ciò che non convince è la modalità, secondo Enrico Fasoli, dirigente dell’Ic di Spino d’Adda: «L’idea può essere condivisibile, ma le tempistiche mi paiono poco realistiche e poi bisogna tener conto delle offerte del territorio e del ruolo della scuola. Noi qualcosa faremo, magari in collaborazione con i soggetti del territorio, ma al di là dei fondi e ascoltando le esigenze della nostra comunità».

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Commenti all'articolo

  • presario

    27 Aprile 2024 - 09:52

    Non ci si riuscirà MAI neanche con il post covid si è riusciti a far lavorare in estate chi è pagato a non lavorare,

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