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SAN DANIELE PO

Vitella sbranata da un lupo, è il quarto attacco in azienda

Incursione nella notte presso la società agricola di Alda Dalledonne: sale l’allarme. L’appello dell’imprenditrice: «Le recinzioni non bastano più: il problema è urgente e va affrontato»

Andrea Niccolò Arco

Email:

andreaarco23@gmail.com

20 Aprile 2024 - 05:20

Vacca sbranata da un lupo, è il quarto attacco in azienda

SAN DANIELE PO - «È già il quarto attacco che subiamo, e nemmeno le recinzioni bastano più a fermarli. Penso sia fondamentale, oggi, far passare il messaggio che i lupi non sono più un ‘problema’ legato alla realtà della montagna ma che, anche a Cremona, il rischio è ormai alto». Così Alda Dalledonne, dalla sua Società Agricola di San Daniele Po, lancia l’appello dopo l’ultimo ritrovamento choc. L’imprenditrice, infatti, ha scoperto di prima mattina quel che non si poteva nemmeno (o, meglio, non ancora) definire la carcassa di una vitella. L’animale è stato infatti raggiunto dal branco nella stalla e divorato lasciandolo ancora vivo: «Ed è stato poi necessario – prosegue appunto Delledonne – chiamare il veterinario perché si occupasse della soppressione, mettendo fine alle sue sofferenze».

Alda Dalledonne


Al di là della crudele sorte toccata all’esemplare d’allevamento, a rendere non meno inquietanti i contorni della vicenda c’è come detto, e soprattutto, il fatto che non sia certo il primo caso: «La prima volta accadde ad agosto. Poi di nuovo a novembre, il 5 marzo e ora quest’ultima incursione». Beninteso, a differenza di alcune sporadiche segnalazioni che arrivano praticamente da sempre, nei casi di cui si parla a San Daniele di dubbi non ce ne sono proprio. Anzi, è tutto documentato: «In un’occasione scattarono le foto-trappole che avevamo posizionato – spiega l’imprenditrice – e siamo stati così in grado di vedere quanto era successo e riportarlo alle forze dell’ordine. Mi ha colpito particolarmente, a questo proposito, il metodo utilizzato. Erano due esemplari e, mentre uno s’introduceva nella stalla iniziando a cibarsi, l’altro ‘faceva la guardia’ dall’esterno, per poi darsi il cambio».


Le contromisure ci sono. E sono tutte state adottate. Ma la triste verità è che non bastano sempre: «Naturalmente abbiamo delle recinzioni e continuiamo ad alzarle. Però non funziona, le scavalcano comunque». Naturalmente, nessuno si sta scagliando contro la natura o le normali conseguenze della catena alimentare. Il comportamento dei predatori, com’è ovvio che sia, non è certo cambiato ed è comprensibile il comportamento degli animali.

Quello che sottolinea l’imprenditrice del settore zootecnico è, piuttosto, il bisogno sempre più impellente di parlare della criticità che finora è stata relegata a un’analisi secondaria, rispetto ai reali danni che sta comportando: «Siamo tutti abituati a collegare la presenza dei lupi e, di conseguenza, le loro azioni e le precauzioni da adottare per difendersi, alla collina e alla montagna. Cremona e, in generale, la Pianura non sono più abituate a gestire queste situazioni. A rendere ancora più complesso lo scenario – aggiunge Dalledonne – è il fatto che i lupi, oggetto di ripopolamento e tutela nel corso degli anni, sono oggi una specie altamente protetta e dunque non c sono possibilità diverse dall’arginare i branchi costruendo sempre più protezioni».


La Polizia locale e la Polizia provinciale (che ha un nucleo dedicato proprio alla gestione e al controllo della fauna selvatica), hanno dal canto loro le mani legate. Da un punto di vista burocratico e normativo, infatti, fatto salvo che un esemplare selvatico di lupo non attacchi un animale domestico o il suo padrone, l’unica strada da seguire in caso di danni agli allevamenti è quella della semplice denuncia e dell’iter per la richiesta di rimborso. «Sì ho presentato denuncia – chiosa l’allevatrice – e posso avanzare una richiesta di danni. Ma non è quello che mi preme. Vorrei che si prendesse maggior coscienza di quanto, arrivati a questo punto, il problema sia diffuso e quanto sia prioritario impostare un ragionamento su come gestirlo».

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