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CREMA . IL PARADOSSO

Il teatro fantasma tra i monumenti nazionali

Il Sociale è stato distrutto da un incendio nel 1934, eppure compare nella lista delle nuove glorie del Belpaese

Riccardo Maruti

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rmaruti@laprovinciacr.it

12 Aprile 2024 - 05:20

Il teatro fantasma tra i monumenti nazionali

CREMA - Teatro dell’assurdo. Somiglia a una pagina strappata a un copione di Beckett o di Ionesco il testo unificato delle proposte di legge — approvato alla Camera — che nobilita la città con un nuovo monumento nazionale: il teatro... San Domenico, dirà il lettore, completando in automatico il sillogismo. La deduzione, però, si rivela incredibilmente errata. Perché la sala cremasca inserita nella lista dei 408 «luoghi simbolo dell’identità nazionale» di fresca nomina è quella — rullo di tamburi — del teatro Sociale. Andata a fuoco quasi un secolo fa.

Un riconoscimento postumo? No: un autentico cortocircuito legislativo che, ora, rischia di far divampare un incendio politico, dopo quello (per nulla metaforico) che ha divorato l’antico Sociale nella notte fra il 24 e 25 gennaio del 1937, subito dopo la rappresentazione de ‘I balconi sul Canalazzo’ della compagnia Cavalieri. «Bruciava il simbolo e la realtà della nostra passione per l’arte — si legge in una delle cronache dell’epoca —. Poi sulla cenere ancora calda, cade lenta la neve».

L’edificio che sorge nell’odierna piazza Guglielmo Marconi, progettato a fine Settecento dall’architetto Giuseppe Piermarini e realizzato al costo di 138.098 lire venete, oggi è stato convertito nella sede di un istituto bancario. E se è vero che i risparmiatori in tempo di crisi meritano un applauso, è certo che dalla platea fantasma dell’antico Sociale non potrà mai più levarsi nessuna ovazione.

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Eppure il nome del teatro cremasco andato distrutto compare, nero su bianco, alla riga numero 364 del provvedimento che identifica con ‘nome e cognome’ i teatri italiani degni di essere dichiarati monumento nazionale, «documenti di pietra» con evidenti caratteri di pubblico interesse per il loro riferimento all’arte, alla storia, alla cultura.

Il testo unificato — sostanzialmente riscritto con due emendamenti presentati dalla Commissione Cultura presieduta da Federico Mollicone, ora in attesa del via libera del Senato — prevede che la qualifica di monumento nazionale possa spettare ai «teatri la cui edificazione risalga ad almeno 100 anni» o a quelli «la cui programmazione sia rivolta ad attività di spettacolo dal vivo con il concorso finanziario pubblico». Una definizione che, potenzialmente, apre all’inserimento in lista di altre sale illustri del territorio provinciale, ad esempio quella del Sociale di Soresina, perfettamente integro e in piena attività a differenza dell’omonimo spettro cremasco. Dell’elenco fa già parte, invece, il Ponchielli di Cremona, il cui nome è stato integrato in rincorsa nel provvedimento, al termine di una mediazione laboriosa.

In attesa che il procedimento legislativo trovi compimento, Crema potrebbe presto fregiarsi di un nuovo monumento nazionale, che andrebbe ad aggiungersi alla cattedrale e al santuario di Santa Maria della Croce. Il terzo titolo, ovviamente, resterebbe puramente virtuale. Perlomeno in mancanza di un rituale che possa far risorgere la fenice del Sociale dalle proprie ceneri.

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