L'ANALISI
26 Marzo 2024 - 05:30
CREMONA - Un professore su tre è precario. È la scuola malata di ‘supplentite’ che fuoriesce dai dati elaborati dalla Uil Scuola Rua Lombardia che prende in esame gli ultimi otto anni scolastici, registrando un raddoppio del numero di docenti a tempo determinato in servizio nelle scuole della Lombardia, come in quelle cremonesi (clicca qui per i dati).
«Nel nostro territorio si è passati da 950 docenti precari nel 2015 a 1.396 nel 2023. Quelli a tempo indeterminato nel 2015 erano 4.047, nel 2023 sono 3.683. La percentuale dei docenti precari su quelli a tempo indeterminato è passata dal 19,01% nel 2015 al 27,49% nel 2023 — commenta Oreste Pegno, segretario territoriale della Uil Scuola —. Non meno drammatico appare l’incremento dei precari su sostegno che passano da 415 a 686 con una percentuale di crescita dal 47,65% al 70,43% su quelli a tempo indeterminato, di pari passo con l’aumento di alunni con certificazione di disabilità. Cremona insieme ai dati della Lombardia è uno dei territori più colpiti, ma l’aumento del precariato, in tutta Italia, sta raggiungendo limiti insostenibili. Nel nostro Paese, i precari sono oltre 250mila».
Se poi si guarda alle scuole singole del territorio «in alcune di esse si arriva a una presenza dei precari sul sostegno pari a oltre il 40% — continua Pegno —. Non vanno meglio le cose nemmeno per il personale non docente e tecnico, che vede i supplenti salire dal 14 al 24 per cento. Le cause di questa piaga che continua ad aggravarsi sono i tagli effettuati dal ministero nel corso degli anni. E per capire quanto non ci sia la volontà ministeriale di risolvere il problema basta considerare che quest’anno sulle autorizzazioni per le immissioni in ruolo su un turn over previsto di 27.704 posti vacanti sono stati autorizzati solo 10.166. Le soluzioni ci sarebbero: utilizzare le Graduatorie provinciali per le supplenze di prima fascia per immissioni in ruolo, assicurare docenti specializzati per il sostegno, autorizzare il 100% del turn over».
Alba Caridi della Cgil osserva come la situazione sia drammatica e come i concorsi non siano risolutivi: «Bisogna pensare a soluzioni concrete e tempestive — afferma —. per questo come Flc Cgil stiamo cioè chiedendo al ministero di prorogare ancora le assunzioni da prima fascia Gps (specializzati da TFA) per i docenti di sostegno. Questa pratica era ormai in essere da alcuni anni, considerando che coloro che hanno terminato il TFA hanno superato un test per essere ammessi al percorso e sono persone che hanno già un’altra abilitazione su materia e hanno diversi anni di esperienza di sostegno».
Salvatore Militello della Cisl osserva: «Nelle scuole si arriva a percentuali che spaziano dal 30 al 40% di precari sul corpo docente — spiega —. A livello nazionale sono oltre 250mila i precari, qualche riflessione sui concorsi e le procedure complesse, ricorsi compresi dovrebbe essere fatta».
Chi vive la realtà del precariato sono i presidi, in prima linea nel coprire i posti vacanti. «Il 40% dei docenti che abbiamo arriva dalle graduatorie provinciali o dalle Messe a disposizione — spiega Simona Piperno, dirigente del Torriani —. Su circa 200 professori, 83 sono precari. Di questi 14 arrivano dalle Mad. Abbiamo dovuto assumere studenti che hanno conseguito la laurea triennale e stanno facendo la magistrale. Le materie scientifiche e tecniche sono quelle che soffrono di più, oltre al sostegno. Su 19 docenti, ben 15 sono precari. Per fortuna, pur con grande fatica, poi alla fine riusciamo a coprire tutti i posti, con supplenze annuali o al 30 giugno».
«Su 192 docenti abbiamo 80 precari, pari al 42% del totale — spiega Nicoletta Ferrari, preside dell’Einaudi —. La gran maggioranza di questi è legata al sostegno e molti, di anno in anno, ci scelgono e quindi riusciamo ad avere una continuità didattica, malgrado la precarietà. Il precariato è certo una malattia dell’organizzazione scolastica, ma mi piace anche trovarvi un aspetto positivo. Abbiamo ogni anno a che fare con docenti nuovi e giovani che spesso portano un’aria di novità e freschezza che può aiutare tutti. È forse una magra consolazione, ma è questo un aspetto che mi piace sottolineare».
«Siamo ricorsi alle messe a disposizione per coprire tre delle cinque cattedre di informatica — spiega Gloria Grazioli, vicepreside del Ghisleri —. Su 98 docenti, 30 sono precari. Ci attestiamo sulla percentuale provinciale. Le materie tecnico-scientifiche sono quelle più sguarnite, in cui le graduatorie sono esaurite. Ad esempio da quattro anni abbiamo una docente di matematica che essendo prima in graduatoria sceglie sempre il Ghisleri e per noi è una docente stabile a tutti gli effetti».
Al liceo Aselli il precariato sfiora la percentuale del 10% e in merito osserva Alberto Ferrari: «Il liceo Aselli è una scuola d’arrivo e il corpo docenti è abbastanza stabile — spiega —. Qualche anno fa abbiamo avuto 11 pensionamenti in contemporanea e abbiamo fatto i conti con la necessità di coprire un numero elevate di cattedre, ma poi la situazione si è stabilizzata, anche grazie alle recenti immissioni in ruolo. In linea di massima, comunque, la classe docenti dell’Aselli è stabile e di ruolo, ma so bene che questo non è la norma in molte altre scuole con tutte le problematiche che questo comporta».
E a Crema i docenti precari? Nelle scuole del cremasco sono quasi uno su tre. Senza di loro, gli istituti non funzionerebbero, ma è chiaro che i disagi non mancano, sia per le istituzioni scolastiche che per i diretti interessati. «È da anni ormai che la situazione è questa – spiega Paola Orini, preside del Galilei – e per quanto ci riguarda la percentuale dei precari è attorno al 30%. Questo, nonostante noi abbiamo uno zoccolo duro di insegnanti e nonostante negli ultimi due anni ci siano state diverse immissioni in ruolo: 24 l’anno scorso e 12 in quello in corso».
La presenza di docenti precari si registra soprattutto in alcune discipline, come conferma Orini: «È un problema che accusiamo principalmente nelle materie scientifiche, come la matematica, l’informatica o la fisica. In questi casi possiamo parlare di vera e propria caccia al docente, perché tutte le scuole faticano a trovare professori». Il motivo è essenzialmente duplice: «Da una parte – sostiene la dirigente del Galilei, che è poi la scuola più popolosa della provincia con quasi 2mila studenti – ci sono pochi laureati nelle materie scientifiche. Dall’altra, per questo tipo di laureati la scuola rappresenta uno sbocco lavorativo poco appetibile». L’alto numero di docenti a tempo determinato comporta una serie di problemi, che la preside elenca: «Il primo è senz’altro la mancanza di continuità didattica. Il secondo è il fatto che l’insegnante precario ha poca esperienza. Il terzo, come detto in precedenza, è che alcune classi di concorso non hanno più docenti in attesa di una chiamata. Aggiungo il fatto che cambiare professore ogni anno nelle materie che saranno oggetto di prova scritta all’esame di maturità è un aspetto negativo, che può dare dei problemi agli studenti».
La condizione di precario pesa comunque soprattutto sugli stessi docenti, come ammette Orini: «La condizione di instabilità che lamenta chi insegna a tempo determinato non consente di poter programmare il lavoro su più anni e non permette neppure di consolidare un rapporto con la classe. A livello psicologico, un precario si sente sempre di passaggio. Finché non acquista stabilità non si sente parte del corpo docente e non intreccia relazioni. Gli manca il senso di appartenenza alla scuola e non partecipa ai progetti, non sapendo se l’anno successivo sarà ancore presente per portarli avanti. Essere precari all’inizio carriera è normale; esserlo dopo i 40 anni non lo è più e più uno va avanti con l’età più si sente frustrato. Vedo giovani insegnanti con capacità, entusiasmo e inventiva, che a lungo andare cadono nella frustrazione se non entrano in ruolo».
Non molto diversa è la situazione agli istituti comprensivi, come spiega Enrico Fasoli, dirigente dell’ic di Spino d’Adda: «Nelle nostre scuole dell’infanzia, su 28 docenti soltanto 5 sono precari e tutti di sostegno. Nelle primarie, i precari sono 6 su 43 di posto comune e 20,5 su 22,5 di sostegno. Alle medie, invece, su 30 insegnanti abbiamo 3 precari, ma ne abbiamo 17,5 su 20,5 per il sostegno». Fatti i conti, se su posto comune i docenti a tempo determinato sono soltanto il 9,4%, sul sostegno la percentuale si impenna all’89,.6%. «Gli alunni con disabilità – afferma Fasoli – sono in continuo aumento. Una parte dei posti di insegnante di questo settore è coperta con le graduatorie provinciali delle supplenze, l’altra addirittura con la messa a disposizione. C’è da dire che una parte di precari sono sempre quelli ogni anno. Chi vince il concorso, però, passa dal sostegno sulla sua materia». Il dirigente conferma che trovare insegnanti nelle materie scientifiche è spesso un problema: «Abbiamo faticato a trovare due supplenti di matematica per le nostre insegnanti in maternità. Inoltre, i posti sono soprattutto al Nord e i docenti vengono spesso dal Sud; questo provoca un turn over rilevante».
«Quest’anno i docenti precari sono circa 45 su un totale di 140». Questi sono i numeri dell’Istituto di istruzione superiore ‘Giovanni Romani’ di Casalmaggiore (940 studentesse e studenti per 46 classi), descritti dalla dirigente scolastica, Daniela Romoli. «Sono meno rispetto agli scorsi anni perché nel giro di un paio d’anni abbiamo avuto circa 30 docenti immessi in ruolo – prosegue la preside –. La maggior parte di questi precari sono nominati dalla GPS, la Graduatoria Provinciale per le Supplenze, i primi di settembre. Non tutti rimangono in servizio per l’intero anno scolastico e quando si assentano per lunghi periodi chiamiamo un supplente con convocazione da graduatoria di istituto. Alcune graduatorie però sono esaurite, specialmente matematica e informatica, e allora ricorriamo alla cosiddetta Mad, Messa a disposizione. A volte è molto difficile reperire personale e i tempi si allungano».
Gli uffici scolastici provinciali che devono assegnare le supplenze annuali da GPS entro il primo settembre prolungano dunque le operazioni fino al mese di gennaio, ad anno scolastico inoltrato, e le scuole nel frattempo si ritrovano con cattedre vacanti o con la necessità di convocare i docenti dalle graduatorie interne con non pochi disagi per gli studenti e le studentesse che si vedono cambiare gli insegnanti in corso d’opera.
Quanto al funzionamento del sistema, Romoli la mette così: «Rispetto al passato, il primo settembre abbiamo la maggioranza dei posti coperti. Il problema è che di questi assegnati non tutti si presentano e prendono servizio. Per cui bisogna rifare. So che da parte dei precari c’è malumore perché sembra che l’algoritmo non sempre rispetti quanto da loro inserito e richiesto durante il processo di assegnazione delle cattedre».
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