L'ANALISI
08 Marzo 2024 - 05:25
CREMONA - Ogni anno ci risiamo. Non ci sono più le stagioni, ma l’8 marzo arriva implacabile, annunciato da mazzi di mimosa. E corredato da statistiche che ti ricordano quanto sia difficile essere donna in Italia, con un divario di genere che non sembra assottigliarsi.
Minore occupazione, salari più bassi e scarsità di servizi rendono la vita quotidiana una corsa a ostacoli ancora più impervia nelle regioni meridionali. Far valere i propri diritti — su tutti la possibilità di interrompere la gravidanza quando, piaccia o non piaccia, la 194 è legge dello Stato — non è mai semplice. Restano poche le donne ai vertici, garantite spesso da quote che ci si ostina a definire rosa, raccogliendo in un paio di parole un sostantivo che sa di riserva indiana e un colore che ci portiamo dietro dalla culla.
Per non dire poi di quanto sia amaro pensare che una posizione o un posto vengano concessi per il sesso e non per bravura e competenza. Si può poi parlare della festa della donna senza dire della violenza e dei femminicidi, delle uccisioni di mogli, madri e fidanzate che quasi sempre spariscono dalle cronache dopo pochi giorni? Casi ‘isolati’ che si fatica ad accettare come espressione di una società modellata su un retaggio di potere maschile. È ovvio che la maggior parte degli uomini non sono né violenti né prevaricatori; eppure certi temi sembrano essere solo appannaggio delle donne.
Perché, ammettiamolo, qualsiasi argomento scomodo dopo un po’ diventa stucchevole. Va anche bene, tutto sommato: in Paesi come l’Iran, la libertà si misura anche nei centimetri di capelli che spuntano da un velo. Oggi è l’8 marzo: si parlerà molto di donne e di diritti. Però, tranquilli. Domani è un altro giorno.
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