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«Scampato alla strage: ma il vero eroismo è l’onestà»

Paparcuri, unico sopravvissuto all’attentato al giudice Chinnici, ha incontrato 200 studenti dell’istituto Galilei

La Provincia Redazione

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21 Febbraio 2024 - 11:20

«Scampato alla strage: ma il vero eroismo è l’onestà»

Giovanni Paparcuri, la docente Greta Stanga, Paola Orini e Giorgio Cardile

CREMA - «L’eroismo non esiste. Ma per essere onesti, ci vuole coraggio». Si è rivolto così, Giovanni Paparcuri, unico sopravvissuto nella strage di mafia in cui ha perso la vita il giudice Rocco Chinnici, che ieri mattina in sala Alessandrini ha tenuto una lezione speciale a 200 studenti dell’istituto Galilei e ad altre centinaia di ragazzi di altre scuole collegati in streaming. «Una testimonianza importante per crescere come cittadini» – l’ha definita la preside Paola Orini, mentre l’assessore alla Cultura Giorgio Cardile ha affermato: «Serve un movimento culturale fatto di giovani per contrastare la mafia».

Paparcuri ha parlato per un’ora e mezza in piedi «per rispetto verso il giudice e verso i miei colleghi della scorta che sono morti nell’attentato di Palermo del 29 luglio 1983».

L’ex autista del magistrato ucciso ha raccontato la strage e i giorni che l’hanno preceduta: «Dalla settimana precedente girava voce che si stava preparando un attentato. Chinnici ne era a conoscenza e due giorni prima di morire convocò me e i miei colleghi della scorta chiedendoci se volevamo continuare o interrompere il servizio. Abbiamo risposto tutti di sì, per attaccamento alla divisa e per senso del dovere. Abbandonarlo sarebbe stato da vigliacchi».

Due giorni dopo, un’auto imbottita di 75 chili di tritolo parcheggiata sotto l’abitazione del giudice ha posto fine alla sua vita e alla scorta.

«Io – spiega Paparcuri – sono rimasto gravemente ferito, ma mi sono salvato perché ero nell’auto blindata».

Una volta ristabilito, dopo oltre un anno di interventi e di cure, all’ex autista del giudice è stata proposta la pensione. «A 28 anni non potevo accettare. Se l’avessi fatto, avrei tradito i miei compagni che erano morti. Per tutto ringraziamento, da agente tecnico di quarto livello sono stato declassato al secondo livello. Se sono rinato è stato grazie al giudice Paolo Borsellino, che mi ha affidato l’informatizzazione di tutti i documenti del maxi processo ala mafia, al quale ho iniziato a lavorare nel 1985. È stata quella la mia rivincita contro la criminalità».

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