L'ANALISI
13 Febbraio 2024 - 17:31
CREMONA - Messe su un aereo decollato da Craiova, in Romania, portate in Italia e obbligate a prostituirsi in un appartamento in via Bissolati. Gli annunci sui siti di incontri, le foto erotiche, gli appuntamenti concordati con i clienti nei motel o in casa, il tariffario: dai 200 ai 1.500 euro a seconda della prestazione. Brutta storia di tre anni fa. E di quattro giovanissime, di 20, 24 e 26 anni, un viaggio di andata verso l’inferno, sfruttate da connazionali senza scrupoli, secondo l’accusa. E salvate dai carabinieri.
Oggi si è aperto il processo a carico di due dei tre componenti della banda (uno ha patteggiato in precedenza), romeni con un mucchio di precedenti penali e di polizia che a Cremona avevano messo in piedi un fruttuoso racket della prostituzione. L’indagine è partita da Verona, quando lo zio della 26enne presentò denuncia di scomparsa della nipote su input del padre che abitava in Gran Bretagna e che da giorni non sentiva la figlia. Lo zio, preoccupato, fornì l’indirizzo: Cremona, via Bissolati. Raccolta la segnalazione, i carabinieri di Cremona si precipitarono, ma in casa non c’era nessuno. Ci tornarono l’indomani.
In quella casa i carnefici tenevano segregate due connazionali «profondamente provate, ma in buone condizioni di salute», raccontarono tre anni fa gli investigatori. Le giovanissime vennero accompagnate in caserma e tranquillizzate. Presero coraggio e cominciarono a raccontare, fecero emergere l’obbrobrio. Accadde anche il 16 aprile successivo, quando, su segnalazione dei familiari che non riuscivano a mettersi in contatto, i carabinieri salvarono altre due ragazze.
Gli investigatori cercarono riscontri ai racconti e li trovarono. Ad esempio nei telefonini con le utenze intestate ai carnefici. Nel caso della 26enne, «l’utenza era usata per gli annunci pubblicati sui siti sessuali per gli incontri non solo in via Bissolati, ma anche in altre località». Ovvero a Brescia, Lodi, Pavia, Verona, Piacenza e Parma. «Abbiamo sentito i clienti, abbiamo trovato riscontri nei biglietti d’aereo».
Negli annunci erotici, le ragazze non si presentavano con i nomi di battesimo. Gli sfruttatori ne avevano scelti altri per loro: nomi d’arte. E non si vedevano mai in volto, ma in un caso, grazie ai tatuaggi sulla gamba destra, sul piede destro e sul piede sinistro «era lei», ha confermato un investigatore, certo anche su un’altra vittima. Nonostante sull’annuncio il viso non si vedesse, «i capelli, il fisico... era sicuramente lei, di schiena sul letto». E «anche l’arredamento era quello, il pavimento lo stesso».
Le più giovani raccontarono di essere state convinte dai tre carnefici a venire in Italia. Una volta qui, gli imputati le minacciarono di morte e di rivalersi sulle loro famiglie, se non si fossero prostituite per loro. Raccontarono di essere state violentate dai loro carnefici, che le chiusero in casa e le obbligarono sotto minaccia, a vendere i propri corpi ai clienti. Nell’ambito dell’attività investigativa, venne individuato un altro appartamento, nel centro della città, utilizzato dallo stesso gruppo criminale per far prostituire altre giovani salvate dai carabinieri. Il processo è stato aggiornato al 28 marzo prossimo.
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