L'ANALISI
29 Gennaio 2024 - 05:25
CREMA - Il 15 febbraio, con ogni probabilità, si conoscerà il destino dei frati Cappuccini ai Sabbioni. In quella giornata è infatti in programma un nuovo incontro del ministro provinciale dell’Ordine, padre Angelo Borghino, con il vescovo di Crema, monsignor Daniele Gianotti. Il faccia a faccia si preannuncia decisivo, dopo il lungo periodo nel quale le cose sono state lasciare decantare. Ma se la soluzione non sarà quella da loro sperata, i parrocchiani si dicono pronti a nuove azioni, tra cui una clamorosa: lo sciopero della messa.
La notizia della partenza dei Cappuccini entro tre anni dai Sabbioni, quartiere nel quale sono presenti dal 1575, era stata accolta come un fulmine a ciel sereno lo scorso anno, suscitando una sollevazione popolare.
Oltre 1.400 erano state le firme raccolte tra i parrocchiani a favore della permanenza dei frati. Credenti e non si erano uniti nella battaglia a difesa di quella che, nel quartiere, rappresenta una istituzione. In un primo momento pareva che la conseguenza dell’annunciato addio dei Cappuccini, dovuto alla carenza di frati, sarebbe stata l’unità pastorale con la vicina parrocchia di Ombriano. E il dubbio, che in realtà fosse questa la causa, ha iniziato presto ad insinuarsi ai Sabbioni. Un’unità pastorale con sacerdoti e frati sarebbe, infatti, sarebbe quantomeno qualcosa di inusuale.
L’Ordine Francescano e il clero diocesano sono infatti due realtà ben distinte. Se il parroco fosse quello di Ombriano, i Cappuccini che ruolo avrebbero? È una domanda che probabilmente si sono posti pure loro. Non solo.
All’Ordine Francescano appartengono la chiesa, il convento e le strutture dei Sabbioni. Se i frati se ne andassero, li cederebbero alla diocesi di Crema? Vendere, per la loro regola, non pare possibile. Nell’attesa di capire cosa accadrà, i parrocchiani non hanno ancora abbassato la guardia.
«Stiamo a vedere cosa succederà il 15 febbraio — spiega Romana Arpini, che ha coordinato la raccolta firme —: sicuramente, se la decisione dovesse essere quella che porterà i nostri frati a lasciare i Sabbioni, non ce ne staremo con le mani in mano. Qualcosa faremo. Cosa? Magari anche lo sciopero delle messe».
La decisione dei frati Cappuccini di lasciare il quartiere (si era detto entro tre anni, per carenza di vocazioni) risale al 2003. La prima comunicazione era stata data al consiglio pastorale e presto la notizia era diventata di dominio pubblico nella popolosa comunità. E i parrocchiani si erano subito mossi per cercare di scongiurare la chiusura del convento.
Dopo la raccolta firme, era stata proposta una soluzione che potesse garantire la permanenza e che agli abitanti del quartiere era costata parecchio. La proposta, esposta in una frase della lettera consegnata al ministro provinciale dei Cappuccini lombardi, padre Borghino, ma anche al vescovo Gianotti, assicurava che i fedeli della chiesa dei Sabbioni concordavano con la necessità di realizzare una forte collaborazione tra la loro parrocchia e quella di Ombriano.
Se si parte dal presupposto che storicamente le due realtà hanno sempre tenuto a distinguersi l’una dall’altra (le due parrocchie si erano separate nel 1960), la disponibilità a collaborare da parte della gente dei Sabbioni, pur di preservare la presenza di Cappuccini, rappresentava un’apertura inattesa. Ma sollevava anche il dubbio che, più che una carenza di frati, il problema di fondo fosse appunto l’unità pastorale tra i Sabbionie Ombriano.
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