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IL PUNTO

Orientarsi tra guru, giustizieri e odiatori

Il mondo digitale è al centro in queste settimane di clamorosi e drammatici episodi con alcuni (i moralisti con il paraocchi) che mettono in discussione l’esistenza stessa dei social. Tornare indietro non si può, qualcosa va fatto, però: vanno fissate regole, limiti e sanzioni

Paolo Gualandris

Email:

pgualandris@laprovinciacr.it

21 Gennaio 2024 - 05:30

Orientarsi tra guru, giustizieri e odiatori

CREMONA - Gettare il bambino con l’acqua sporca è la scelta più comoda quando arriva il fatidico momento della decisione: se qualcosa di un processo, qualunque esso sia, non va, la soluzione più facile è disfarsene senza distinguere ciò che è valido da ciò che non lo è, rischiando di perdere qualcosa di fondamentale e prezioso. Il ragionamento vale, in particolare, se ci si riferisce al mondo digitale, al centro in queste settimane di clamorosi e drammatici episodi con alcuni (i moralisti con il paraocchi, appunto) che mettono in discussione l’esistenza stessa dei social.

Il primo è il caso giudiziario nel quale è incappata Chiara Ferragni - con i suoi 30 milioni di follower tra le influencer più note al mondo -, per la quale viene ipotizzato il reato di truffa aggravata per la pubblicità ingannevole nella vendita dei pandori benefici natalizi della Balocco.

Il secondo è il suicidio della ristoratrice lodigiana Giovanna Pedretti travolta dal clamore e dall’odio social scatenato dal post di Lorenzo Biagiarelli, compagno di Selvaggia Lucarelli (guarda caso la blogger che ha fatto esplodere il caso Ferragni), in cui metteva in dubbio la veridicità del post pubblicato dalla stessa Pedretti per stigmatizzare la recensione contro gay e disabili, pertanto passibile di accusa di odio razziale e discriminazione, lasciata da un suo cliente. Gli aveva replicato spiegandogli che «a fronte di queste bassezze umane e di pessimo gusto... credo che il nostro locale non faccia per lei».

Curiosamente, entrambi i casi che hanno fatto ‘esplodere’ il web e scatenato le riflessioni sul suo futuro e sulle regole di ingaggio hanno come protagonisti due cremonesi: Ferragni e Biagiarelli.

Entrambi gli episodi sono sotto la lente della magistratura, non è certo il caso di emettere qui sentenze che sarebbero viziate dalla non conoscenza perfetta dei loro contorni e dal pregiudizio.

Diciamocelo però chiaramente: qualcosa va fatto, sono da fissare nuove regole di funzionamento, vanno stabiliti limiti di uso e strumenti di controllo delle responsabilità oltre a sanzioni per chi non li rispetterà. Però tornare indietro, all’epoca pre social, non si può.

Vero è che spesso Facebook, X (una volta lo chiamavamo Twitter), Telegram, Instagram, Tik Tok e le altre comunità virtuali sono popolate anche da odiatori da tastiera, giustizieri virtuali, sedicenti guru e truffatori veri.

Ma è altrettanto indiscutibile che il mondo digitale ha consentito, e ancora consente, grandi vantaggi. Anzitutto permette di comunicare al di là dello spazio e del tempo, aiuta a ritrovare persone sparse per il mondo delle quali si erano perse le tracce e a reperire notizie e informazioni. Il mondo digitale ha cambiato in meglio il mondo e reso più semplici le relazioni tra gli uomini oltre a facilitare la conoscenza. Pensiamo alle pillole di fisica, con lezioni dai cinque ai dieci minuti per spiegare, sulla rete, che cosa sia una leva, un urto o il teorema di Gauss firmate da Elia Rampi, prof dell’Anguissola, sul canale YouTube, FisicaFast. Che di sé dice: «Al di là delle definizioni, youtuber o divulgatore, sono semplicemente un docente che ha deciso di mettere in rete alcune lezioni di fisica in pillole, nulla di più».

Da tre anni a questa parte FisicaFast ha totalizzato 3 milioni e 200mila visualizzazioni e vanta 26.500 iscritti. Sono milioni gli italiani che invece seguono le lezioni di Vincenzo Schettini su Instagram, Facebook, YouTube e TikTok. Il format ‘La fisica che ci piace’ è diventato virale a partire dal 2017, quando il professore ha postato il suo primo contenuto: bambini, genitori, altri insegnanti il suo pubblico. Come non applaudire davanti alle performance di questi due insegnanti e dei loro colleghi?

In particolare, in seguito al caso Ferragni-Balocco, che peraltro potrebbe minare l’intero impero economico dell’influencer cremonese, qualcosa si è già mosso.

L’Agcom, Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, ha stilato un decalogo che regola l’attività delle star di Internet. Costoro, spiega l’Agcom, «svolgono un’attività economica», hanno la «responsabilità editoriale sui contenuti, la quale include il controllo effettivo sulla creazione, sulla selezione o sulla organizzazione dei contenuti» stessi, forniscono un servizio che «ha un impatto rilevante su una porzione significativa di pubblico».

Le nuove linee guida fissano dei paletti tra i quali i più importanti sono no alla violenza, all’odio, alla discriminazione, sì alla corretta rappresentazione dell’immagine della donna; no alla vittimizzazione secondaria, con elementi in grado di corresponsabilizzare la vittima di odio, lesione della dignità umana; no all’apologia o all’istigazione ai reati; rispetto per i minori e divieto di pubblicare contenuti che possano danneggiarne lo sviluppo fisico, psichico, morale. Approvato all’unanimità e pubblicato il 10 gennaio, il regolamento sanziona il ricorso a tecniche subliminali, sia nei contenuti informativi o di intrattenimento sia commerciali oltre al mancato rispetto delle norme in tema di comunicazioni commerciali, televendite, sponsorizzazioni; vieta l’inserimento di prodotti e proibisce la pubblicità occulta (obbligatoria nei post in sovrimpressione una scritta che renda subito riconoscibile la natura pubblicitaria del contenuto); impone di «garantire la presentazione veritiera dei fatti» e di «verificare la correttezza e l’obiettività delle informazioni anche attraverso la menzione delle fonti», nonché di contrastare la «disinformazione online».

In caso di violazione, si applicano le multe previste dal Testo unico: da 10mila a 250mila euro per la trasparenza pubblicitaria, da 30mila a 600mila euro in materia di obblighi di tutela dei minori.

Vanno però certificate in dettaglio anche le responsabilità dei gestori dei social, non possono cavarsela affermando di essere solo il ‘sistema di trasporto’ sul quale viaggiano gli utenti su cui poi scaricano ogni responsabilità.

Come ha sentenziato la V sezione penale della Corte di Cassazione (n.7220 del 12 gennaio 2021) possono rispondere a titolo di concorso in diffamazione aggravata con l’utente che ha diffuso il contributo offensivo, se ne condividono il contenuto e non provvedono tempestivamente alla sua cancellazione. Dovrebbero poi attivarsi seriamente per impedire l’iscrizione di profili fake, dai quali partono normalmente le peggiori bordate.

Dove non arriva la norma, deve però arrivare l’educazione. È necessario che gli istitutori, in primis le famiglie, passino dalla coscienza d’uso alla conoscenza d’uso, per dirla in termini pedagogici. I nostri ragazzi sono molto esperti nell’uso dei social, molti genitori ne vantano addirittura le virtù tecnologiche. Ma sanno davvero come i loro figli interagiscono nel mondo virtuale, con quali contenuti? Farebbero bene a informarsi. Perché come ha affermato in una recente intervista padre Antonio Spataro, sottosegretario del dicastero vaticano per la Cultura e l’educazione, «ai ragazzi piuttosto che negare l’utilizzo dei social è meglio chiedere: per quale motivo ti fidi di questa persona con cui sei in contatto? Il più delle volte non c’è risposta».

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Commenti all'articolo

  • presario

    21 Gennaio 2024 - 10:06

    È stato un crescendo nel tempo quello di raccontare bugie facendole passare per verità. Perfino in parlamento abbiamo questo problema fin da quando hanno certificato che Ruby era figlia di .... Per arrivare a ....

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