Cerca

Eventi

Tutti gli appuntamenti

Eventi

IL PUNTO

L'IA senza l'uomo è idiozia artificiale

Offre mille opportunità ma se la mente umana non ha l'ultima parola i rischi sono altissimi e in molti pagano dazio

Paolo Gualandris

Email:

pgualandris@laprovinciacr.it

14 Gennaio 2024 - 05:00

L'IA senza l'uomo è idiozia artificiale

Qual è il traguardo più interessante per un polpo? Essere in pol position! (Alexa). Come si chiama l’uccello che mette becco su tutto? L’im-piccione (Bixbi). Qual è l’elemento chimico preferito dalle rane? Lo stagno (Google). Alzi la mano chi ha avuto almeno un impercettibile indizio di un sorriso dopo aver letto queste battute. Eppure, a sentire Diego Parassole, uno che se ne intende, questo è il massimo che l’intelligenza artificiale è riuscita a produrre per rispondere alla semplice domanda: ‘Raccontami una barzelletta’. È un professionista del settore, noto attore comico oltre che istruttore di mindfulness, formatore e coach, si occupa anche di sostenibilità e neuroscienze. Tutto questo per dire che l’intelligenza artificiale non solo non ha fantasia, ma non conoscendo neppure il valore del termine buonsenso, riesce senza troppa fatica a sconfinare nell’idiozia. Ovviamente senza rendersene conto. Se ne è invece ben reso conto il concittadino Mario Cottarelli, scrittore e musicista nonché fratello dell’economista Carlo. La sua pagina Facebook ‘Parliamo di parolacce senza dire parolacce’ (che poi è anche il titolo del suo libro) è stata censurata con un mese di sospensione dell’algoritmo fatto inserire da Mark Zuckerberg per contrastare il linguaggio violento e offensivo sulle piattaforme sociali. Insomma il termine ‘parolaccia’ è stato equiparato a volgarità, e pertanto considerato da sanzionare. Morale: l’algoritmo moralizzatore, moderno Catone fustigatore della rete, ha silenziato un paladino del ritorno a un linguaggio civile e urbano.

Cottarelli è un pensatore gentile. Scrive, tra l’altro, «spesso non ci facciamo più caso, sia nel dirle che nell’ascoltarle (Ndr. le parolacce). Invece esistono ragioni profonde che possono condizionare il nostro eloquio, spingendoci a dire in modo aggressivo, triviale ciò che potremmo benissimo esprimere attraverso un lessico privo di tali cadute». Perché lui, come riporta il nostro Riccardo Maruti, considera «il turpiloquio una forma di inquinamento come tutte le altre e, perciò, dannoso».

L’algoritmo lo ha malamente frainteso e lui si è ritrovato beffato. Le buone intenzioni dei censori di Facebook hanno prodotto pessimi risultati, in questo come in altri casi. L’intelligenza che diventa idiozia. Anche perché è facilmente ingannabile. Chiunque abbia un minimo di abitudine a ‘surfare’ in rete è mille volte incappato in video e testi a contenuto chiaramente sessuale, volgari o che aizzano alle più svariate discriminazioni. Basta sostituire con un asterisco una delle lettere delle parole incriminabili. Il sistema è beffato e quella porcheria resta in rete. È la miglior dimostrazione che senza una mediazione umana anche il più potente mezzo elettronico cui viene delegato il potere operativo può diventare un boomerang. Un contemporaneo HAL 9000, il supercomputer che guida l’astronave Discovery in ‘2001: Odissea nello spazio’, che si ribella all’uomo e pur di mantenere il controllo della ‘nave’ non esita a decretare cinicamente la morte degli uomini dell’equipaggio. È un film del 1968 prodotto e diretto da un visionario come Stanley Kubrick. Se l’uomo non ha l’ultima parola il rischio è questo.

Certo, all’intelligenza artificiale vengono riconosciuti molti meriti. «Può significare una migliore assistenza sanitaria, automobili e altri sistemi di trasporto più sicuri e anche prodotti e servizi su misura, più economici e più resistenti. Può anche facilitare l’accesso all’informazione, all’istruzione e alla formazione», come riconosceva lo scorso giugno il Parlamento europeo fissando la propria posizione negoziale sull’IA act, primo insieme di regole al mondo sull’intelligenza artificiale.

E ancora «L’IA aiuta a rendere il posto di lavoro più sicuro, perché il lavoro più pericoloso può essere demandato ai robot, e offrire nuovi posti di lavoro grazie alla crescita delle industrie dell’intelligenza artificiale».

Secondo alcuni calcoli, entro il 2035 è stimato tra l’11% e il 37% l’aumento della produttività del lavoro grazie all’IA, e tra l’1.5% e il 4% il contributo alla riduzione delle emissioni globali di gas serra entro il 2030.

Viene però contemporaneamente anche riconosciuto che «alcuni aspetti importanti potrebbero non essere programmati nell’algoritmo o potrebbero essere programmati per riflettere e perpetuare delle distorsioni strutturali. Inoltre, l’uso dei dati e dei numeri per rappresentare una realtà complessa fa sembrare l’IA fattuale, precisa e indipendente anche quando non lo è (il cosiddetto math-washing)».

Inoltre, può minacciare la protezione dei dati e il diritto alla vita privata. Può essere usata, ad esempio, in dispositivi per il riconoscimento facciale o per la profilazione online.

È capace di mettere insieme le informazioni che acquisisce su una persona senza che questa ne sia a conoscenza. C’è poi «la minaccia per la democrazia rappresentata dall’intelligenza artificiale applicata all’informazione. È già stata accusata di creare delle ‘bolle’ in rete, dove i contenuti sono presentati in base a quelli con cui l’utente ha interagito in passato, invece di creare un ambiente aperto per un dibattito a più voci, inclusivo e accessibile».

Quelli citati sono solo alcuni dei potenziali effetti positivi e dei punti di crisi. Può aiutare molto a ottimizzare un processo decisionale, a valutare opzioni a cui non avremmo pensato, a svolgere calcoli complessi in pochi secondi, ma la conclusione resta una sola: alla fine serve sempre la supervisione dell’uomo.

«Tornando alle macchine a guida autonoma, un problema può essere delegare le proprie decisioni umane a un algoritmo rischiando così di deresponsabilizzare gli esseri umani», come non essere d’accordo con questa considerazione di Luciano Floridi – docente di filosofia ed etica dell’informazione alla University of Oxford? L’automobile autonoma senza guida umana va a sbattere, come accade da decenni negli esperimenti in corso, facendo anche vittime. Scambia un uomo di colore per un gorilla, un bambino per un sacchetto di plastica. Le macchine, per essere intelligenti hanno bisogno di nutrirsi dell’intelligenza umana. Senza, l’IA non sarebbe poi così smart. Senza, il nostro ben educato Cottarelli diventa un pericoloso dispensatore di volgarità. 

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su La Provincia

Caratteri rimanenti: 400