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CREMONA. IL RICORDO

Addio a Gian Paloschi, storico giornalista de 'La Provincia'

Un tratto umano che lo distingueva, in redazione come in tipografia, era la cortesia con tutti. Avrebbe compiuto 90 anni a maggio. Dal mese scorso le sue condizioni di salute si erano aggravate.

di Gianpiero Goffi

16 Gennaio 2024 - 15:59

Addio a Gian Paloschi, storico giornalista de 'La Provincia'

Gian Paloschi

CREMONA - Un signore con gli occhiali, di sera, in una stanza buia con accesa solo la lampada da scrivania che proietta un fascio di luce sui fogli che andava attentamente correggendo, integrando e incollando. Alza lo sguardo, sorride, ringrazia, per altri, di quei fogli, che ero stato incaricato di consegnargli. L'approccio è da subito cordiale, cerca di mettere a proprio agio un giovane che ancora tutto doveva imparare del lavoro redazionale. Quel signore era Gianfranco - per tutti GianPaloschi, E' la prima immagine che, nella memoria, conservo di lui, di quando, nel 1984, arrivai a 'La Provincia'. E i fogli erano i dispacci dell'agenzia Ansa, che le telescriventi sfornavano a getto continuo, e grazie ai quali anche il nostro quotidiano, ancora composto a piombo e in grande formato, poteva confezionare le pagine “dall'Italia e dal mondo”.

Gian Paloschi, giornalista e poi caposervizio (fino al 1992) degli 'Interni ed esteri' de 'La Provincia', è mancato oggi nella clinica San Camillo dopo che, dal mese scorso, le sue condizioni di salute si erano aggravate. Era nato nel 1934 e avrebbe compiuto 90 anni a maggio. Negli ultimi anni aveva sofferto la prematura scomparsa dell'amatissima figlia Francesca, poi della moglie Deana, ligure, dopo sessantuno anni di matrimonio. Due mancanze che lo avevano provato; gli affetti familiari – lo si avvertiva anche parlandogli al giornale - erano un caposaldo della sua esistenza.

Diplomato in ragioneria, Gian Paloschi aveva vissuto le prime esperienze giornalistiche da studente quando, nella Cremona anni Cinquanta, rivaleggiavano 'Il Mappamondo' di Antonio Leoni e Sandro Rizzi e l'”Ulisse”al quale lavoravano Gian e, tra gli altri, il futuro professore Giuseppe Pelli. Ma se aveva la vocazione a scrivere, Gian aveva la musica nell'anima (e non era raro, in redazione, sentirlo accennare, cantando, motivi a lui cari). Nel 1959 – aveva 25 anni – era stato tra i fondatori del complesso 'I Vichinghi'. Lui alla batteria, Luciano Anselmi alla chitarra, Nino Desirelli al sax tenore, Giorgio Rossini al pianoforte. Il debutto fu a Spiazzo Rendena, poi il quartetto, accumulando successi, incise dischi, arrivò alla Rai, si esibì da Milano alla Liguria alla Versilia ('La Bussola'), fino alla 'Rupe Tarpea' di via Veneto a Roma. Ad ascoltarlo anche personaggi come Ugo Tognazzi, Anita Ekberg, Tony Renis, Fred Buscaglione (incontrato poche ore prima del tragico incidente nel 1960). Gian ne darà conto, con passione e nostalgia, nel volume autobiografico 'Quelli erano giorni' (2004).

All'inizio degli anni Sessanta venne chiamato a 'La Provincia' da Fiorino Soldi, una figura descritta con ammirazione e riconoscenza nel profilo pubblicato nel primo dei libri della sua 'trilogia cremonese': 'Cremonesi così” (1993), 'Incontri cremonesi' (1995), 'Cremonesi e dintorni' (1997). Ai quali va aggiunto il contributo al grande volume fotografico su 'Pirlin', noto personaggio del Foro Boario, con le immagini di Ezio Quiresi. Di Soldi maestro, direttore, amico era tornato lo scorso anno a scrivere nel suo articolo per i 75 anni de 'La Provincia': “Conobbi Fiorino che ero quasi ventenne. L'occasione fu un'intervista che mi rilasciò per il giornalino studentesco “l'Ulisse”. Scoccò fra noi una scintilla anche se il nostro sodalizio (...) si realizzò appieno solo qualche anno dopo, quando fui ammesso nella redazione de 'La Provincia' di via Belcavezzo per occuparmi della rubrica 'I personaggi della città”.

Questo primo lavoro presto si interruppe perché Gian e la moglie decisero di aprire e di gestire, a Finale Ligure, un albergo per bambini, rimanendovi per ben quindici anni. Tornato a Cremona, Paloschi riprese l'attività pubblicistica e divenne addetto stampa dell'Amministrazione provinciale e dell'Ente Triennale di liuteria. Nel 1982 fu richiamato a 'La Provincia' dal direttore Mauro Masone e dal quasi omonimo Vittorio Paloschi, allora caporedattore e successivamente direttore, pure descritto in un sapido ritratto.

Per quanto il lavoro agli 'Interni ed esteri' non favorisse la frequenza di articoli firmati dai redattori del settore (con lui, in tempi diversi, Piergiorgio Frati, Paolo Carini, Luca Buonocore e il sottoscritto) gli interventi di Gian – dai reportage di viaggi al costume, dai ricordi di personaggi alla cultura, agli spettacoli - si distinguevano per eleganza e vivacità dello stile, e per contenuti e sentimenti in cui il sapore della tradizione, soprattutto locale, non era mai passatismo, ma fiduciosa apertura al nuovo. Un tratto umano che lo distingueva, in redazione come in tipografia, era la cortesia con tutti e la capacità di stemperare con una battuta, un sorriso, un ragionamento pacato, le tensioni inevitabili delle giornate di lavoro.

“Finalmente – parole sue – la frenesia del dover chiudere il giornale svaniva, la piccola magia quotidiana era compiuta”. E “il ricordo di quell'epoca in me è sempre fonte di gioia...come in un viaggio vissuto intensamente”.

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