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PENSIERI LIBERI

Noi pensiamo solo al presente: serve il ministro per il Futuro

È tempo di integrare i diritti delle generazioni future nel sistema giuridico, specialmente nel diritto costituzionale

di  Claudio Siciliotti, commercialista già presidente nazionale della categoria

09 Gennaio 2024 - 05:25

Noi pensiamo solo al presenteServe il ministro per il FuturoÈ tempo di integrare i diritti delle generazioni future nel  sistema giuridico, specialmente nel diritto costituzionale

pensieri

Questa è l’epoca in cui viviamo più a lungo ma siamo capaci di pensare solo a breve. Il futuro è per noi una sorta di campo di nessuno, un territorio privo di abitanti. Siamo incapaci di sacrificare il presente per prevenire un prevedibile danno a carico delle generazioni future. Il motivo principale per cui non riusciamo a intraprendere azioni decisive per affrontare, ad esempio, i cambiamenti climatici è che la maggioranza delle persone non li vive come un grande problema per la propria specifica esistenza per cui non è disposta a muoversi se, nell’immediato, non sente di avere qualcosa da perdere. Ma non è così che si è evoluta la nostra civiltà fino ai giorni nostri. Le nostre vite sono infatti basate sui doni che abbiamo ricevuto dai nostri antenati.

Quando, per primo, un uomo ha deciso di piantare un seme, invece che mangiarlo. Per arrivare alle grandi opere del passato come le piramidi, la grande muraglia cinese, la ferrovia transiberiana o il canale di Panama. Opere pensate e volute da una generazione che sapeva che non ne avrebbe potuto usufruire. Bisogna ritornare a quello spirito. Bisogna ritornare a pensare a come influenzare un futuro in cui non saremo presenti in prima persona. Perché è finita un’epoca. Quella dei pochi limiti alla crescita in termini di disponibilità di risorse e di energia. Quella della cultura materialistica e del pensiero breve. Oggi bisogna prendere atto della necessità di un uso sostenibile delle risorse e di assumere consapevolezza dei limiti.

giovani

In un quadro di cooperazione internazionale e di pensiero a lungo termine. Backcasting lo chiamano gli anglosassoni. Non più vedere il futuro partendo dall’oggi ma, al contrario, vedere l’oggi partendo dal futuro. David Hume scriveva, nel lontano 1739, che «il governo civile nasce perché gli uomini non sono in grado di porre rimedio a quella ristrettezza d’animo che fa loro preferire ciò che è presente a ciò che è lontano».

Il filosofo scozzese evidentemente immaginava che fossero necessari degli «eletti» per temperare gli interessi immediati dei singoli e promuovere il benessere a lungo termine della società. In realtà non è stato sempre così. Soprattutto, non è così oggi.

Credo allora che sia arrivato il tempo di integrare i diritti delle generazioni future nel nostro sistema giuridico, specialmente nel diritto costituzionale. Non solo per dare maggior peso politico ai giovani (stabilire quote giovanili in parlamento ovvero pensare a diritti di voto proporzionali alla vita utile residua), ma anche a favore della moltitudine dei potenziali cittadini che ancora devono nascere (istituire, come in Svezia, un ministro per il Futuro e dipartimenti per il futuro in tutti i governi locali).

Per dare maggior peso a quei cittadini futuri i cui interessi e il cui benessere devono necessariamente essere tenuti in conto quando vengono prese decisioni che avranno effetto sulle loro vite. Oggi si parla nuovamente di riforma costituzionale. Una riforma che, in sostanza, dovrebbe permettere l’elezione diretta del primo ministro in modo da dare, nelle intenzioni, maggiore stabilità all’esecutivo. Una riforma il cui disegno di legge è stato approvato dal consiglio dei ministri ma che necessita dell’ulteriore approvazione del Parlamento e, probabilmente, anche di un referendum popolare. La premier Meloni non ha esitato a definirla «la madre di tutte le riforme».

In sintesi, quella riforma in grado, a suo dire, di garantire la svolta nella politica nel nostro Paese. Non credo sia così. Credo sia l’ennesima dimostrazione di un pensiero breve. Privo di visione a lungo termine. Vorrei, invece, che tutto il dibattito che ne scaturirà si potesse concentrare sulla necessità di introdurre stabilmente, nella carta costituzionale, i diritti delle generazioni future. Questo è il momento. Perché senza una visione su orizzonti temporali lunghi, senza assumersi precise responsabilità per il futuro, difficilmente ne potremo avere uno. Perché la nostra stessa sopravvivenza dipende dall’ampliamento della nostra visione temporale. Perché abbiamo sempre meno tempo per lasciare un’eredità di cui essere orgogliosi.

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