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SANITA' DEL TERRITORIO

Il saluto di Canino. «Avrei voluto affrontare l’ultima grande sfida...»

Il direttore sanitario dell’Asst in pensione a 68 anni dopo la carriera fra Maggiore e Oglio Po. Il bilancio, i successi e il rammarico: «Mi spiace non poter organizzare il nuovo ospedale»

Stefano Sagrestano

Email:

stefano.sagrestano@gmail.com

31 Dicembre 2023 - 10:00

Il saluto di Canino. «Avrei voluto affrontare l’ultima grande sfida...»

Rosario Canino

CREMONA - Originario della Calabria, ma ormai viadanese d’adozione, laureato in Medicina a Bologna, specializzato in Pediatria e diventato poi nel corso della carriera un super tecnico della direzione medica, da domani Rosario Canino non sarà più il direttore sanitario dell’Asst. A 68 anni va in pensione, dopo sette anni in cui ha ricoperto un ruolo che lo aveva già visto protagonista all’ospedale Oglio Po, presidio che deve a lui la sua crescita. Una messa a riposo cui Canino avrebbe volentieri fatto a meno: «Ci sarà da organizzare il nuovo ospedale, una sfida che mi avrebbe fatto piacere affrontare».

La pensione è arrivata un po’ a sorpresa. «Non me l’aspettavo – ammette –: forse c’è dietro un’interpretazione frettolosa della normativa, ma non sono arrabbiato. Le proposte da valutare per restare nel settore non mi mancano, lascio la Sanità pubblica con la consapevolezza di essere stato un innovatore, di aver realizzato progetti importanti mirati alla qualità delle cure dei pazienti e delle condizioni di lavoro del personale. L’Oglio Po è stato il primo ospedale pubblico lombardo e il secondo italiano a conseguire un’importante certificazione americana relativa proprio alla sicurezza e alla qualità delle cure. Venne rinnovata per tre volte consecutive, ogni tre anni gli americani ci facevano visita. Io e altri collaboratori andammo in diversi ospedali per prepararli a questo accreditamento. Per me quell’esperienza è stata una grande palestra. Ho capito quanto fosse importante il lavoro di gruppo. Ho sempre considerato il team fondamentale e ho avuto la fortuna di trovare collaboratori molto valenti».

canino

Canino ricorda anche un altro progetto importante: «Quello legato all’intensità di cura, unificando day surgery e week surgery. Oggi è normale, ma noi siamo stati pionieri. Ricordo poi l’incarico della direzione sanitaria a Cremona come una grande responsabilità. Per affrontare la pandemia e la successiva campagna di vaccinazione di massa, è stata fondamentale l’esperienza fatta all’Oglio Po: mi ha permesso di organizzare da subito l’unità di crisi».

Una fase tra le più difficili della storia recente del territorio. «Ho impressi nella mente – prosegue Canino – due momenti carichi di emozioni. Il primo risale a una freddissima giornata invernale: ero in ospedale a Cremona, davanti all’ingresso e regnava un silenzio inusuale. Improvvisamente l’ha rotto il suono delle sirene. Stavano arrivando i primi vaccini. Una giornata che porterò sempre nel cuore, la luce dopo un anno di buio. La sensazione della rinascita. Altro momento di grande emozione è stato l’arrivo dell’ospedale da campo. Non sapevamo più dove ricoverare i pazienti colpiti dal virus, fu un aiuto decisivo. Anche in questi frangenti lavorare in team è stato di fondamentale importanza. Prendevamo decisioni su indicatori e numeri, smontavamo i reparti e trasferivamo i malati. Tutti insieme ne siamo usciti».

C’è però una grande amarezza dietro questo successo collettivo e una critica al sistema: «Tutto potevo pensare, dopo il Covid e la campagna vaccinale, mai che mi sarei dovuto ancora scontrare con la carenza di personale. La politica in questi anni non ha fatto nulla. Aumentare i posti di specialità non basta. Nonostante questo la direzione con cui ho lavorato è riuscita a dare il massimo per l’Asst di Cremona. Non abbiamo mai avuto così tanti professionisti di alto livello come oggi. Una squadra così forte non c’è mai stata».

Sul nuovo ospedale, Canino aveva un progetto, che presenterà ai successori. «Pensare questa nuova struttura è stata una fase esaltante di questi anni. Ci abbiamo messo la testa in tanti, ognuno ha fatto la sua parte. Chi nega quanto sia importante avere un nuovo ospedale a Cremona, mi sembra fuori dal tempo. Io volevo restare proprio per costruire l’organizzazione del nosocomio, che deve essere all’insegna dell’innovazione. Ad esempio, per me le unità operative sono superate. Un modello non più adeguato ai tempi».

L’ultimo pensiero va a chi ha condiviso con lui gioie e fatiche di questi sette anni: «Vorrei esprimere la mia profonda gratitudine a tutti, per collaborazione, sostegno e condivisione di esperienze professionali. Sono grato per il senso di comunità e solidarietà che siamo stati capaci di costruire».

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