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LA LETTERA DIFFAMATORIA

Riccio definito «carnefice»: condannati gli ex assessori

Salvatore e Poli dovranno risarcire 10mila euro al medico

Francesca Morandi

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fmorandi@laprovinciacr.it

29 Novembre 2023 - 19:27

Riccio definito «carnefice»: condannati gli ex assessori

Il dottor Mario Riccio e gli ex assessori Marco Poli e Gianfranco Salvatore

CASALMAGGIORE - Gli hanno dato del «carnefice», hanno associato le sue dichiarazioni all’Olocausto. Per il giudice, gli ex assessori Marco Poli e Gianfranco Salvatore, l’uno al Bilancio, l’altro ai Servizi Sociali, nel 2019 hanno diffamato Mario Riccio, all’epoca responsabile della struttura semplice dipartimentale di Anestesia e Rianimazione dell’Oglio Po.
Poli e Salvatore sono stati condannati ciascuno alla multa di 1.000 euro (pena pecuniaria sospesa e non menzione) e a risarcire, in solido, con una provvisionale di 10mila euro Riccio, l’anestesista che si fece conoscere all’opinione pubblica nel 2006, quando staccò il respiratore a Piergiorgio Welby (l’anestesista fu poi prosciolto dall’accusa di omicidio del consenziente). Che come socio della Consulta di bioetica di Milano, seguì il caso Englaro. Che come dirigente dell’Associazione Luca Coscioni ha aiutato molti altri a morire.

Il processo nasce dalla querela presentata dall’anestesista dopo aver letto la lettera in replica alla sua «provocazione» lanciata a gennaio del 2019 — nella veste di consigliere regionale dell’Associazione Luca Coscioni — su un emendamento proposto dal M5S in relazione al biotestamento. Provocazione rilanciata dall’agenzia Ansa e amplificata. Bisogna partire da qui per capire l’evolversi della questione che esplode intorno al 27 gennaio, Giorno della memoria. C’era una proposta di modifica della legge sulla Dat (Disposizioni anticipate di Trattamento). La modifica comportava che le dichiarazioni dovessero essere depositate al Comune di nascita e non al Comune di residenza. «È come se io, che sono nato a Napoli, fossi dovuto andare al Comune di Napoli», aveva spiegato Riccio. Da qui, l’appello ai medici di prendere comunque la Dat delle persone residenti nel Comune senza mandarle in quello di nascita. Una «disobbedienza all’aspetto formale» contro lo ‘sballottamento’ da un Comune all’altro.

«Pochi giorni dopo —ha proseguito Riccio —, mi sono trovato con la lettera firmata dagli odierni imputati, i quali riprendevano il mio appello e lo condivano con affermazioni associate all’Olocausto».

Le frasi costate la condanna agli ex assessori. «Obbedienza civile? La morte per compassione stia lontana dall’Oglio Po. Abbiamo trovato non casuale e sinistro il fatto che essa sia stata rilasciata nell’immediata ricorrenza del Giorno della Memoria. Come non associare questa dichiarazione con il tristemente famoso programma T4», precisando che «l’Aktion 4 è il nome convenzionale con cui si designa il programma nazista di eutanasia che, sotto responsabilità medica, prevedeva in Germania la soppressione di persone affette da malattie genetiche inguaribili e da portatori di handicap...».

E ancora: «Di tante cose abbiamo bisogno fuorché di una pubblicità che lo indichi come luogo di incontro con una morte per compassione; ecco che un medico, anziché farsi prossimo in fedeltà al giuramento di Ippocrate, si offre di diventarne carnefice».

La sentenza è arrivata alle 15.03 dopo che il giudice, in apertura, aveva — di nuovo — tentato di far trovare un accordo: «Non c’è la possibilità di risolvere la causa?».

I difensori e l’avvocato di parte civile Valeria Bini (legale di Riccio con l’avvocato Paolo Antonini) sono usciti dall’aula per rientravi nemmeno un minuto dopo. Niente accordo.

Prima Salvatore, poi Poli hanno rilasciato dichiarazioni spontanee per affermare che non era loro intenzione diffamare la persona Riccio. Semmai, il loro attacco era al «medico disobbediente» e alle ricadute «gravi» delle sue dichiarazioni sulla comunità casalasca.

Salvatore: «Come cittadino e come assessore le dichiarazioni di Riccio mi avevano molto preoccupato. Tutti i malati possono e devono essere curati». Poli si è appellato al «legittimo diritto di critica anche nel mio ruolo da assessore. Mi stupisco come un personaggio pubblico non sappia accettare la critica della sua visione».

La difesa si è spinta a dire che nel caso Welby, Riccio fu assolto «perché aveva i magistrati amici». Nelle arringhe è stato infilato il commento rilasciato da Riccio sulla morte di Indi Gregory, la bimba inglese di 8 mesi affetta da una patologia mitocondriale giudicata inguaribile, morta il 13 novembre scorso. «Fuori tema» direbbe un professore.

«Noi siamo qui per valutare i fatti, non le opinioni»: così il pm onorario, che nel ritenere la lettera diffamatoria («l’offesa è palese»), al giudice aveva chiesto di condannare gli ex assessori a 1.000 euro di multa ciascuno.

«Al di là di tutte le discussioni filosofiche che possono esserci di contorno, dobbiamo verificare se si sia configurato il reato di diffamazione solamente con quanto contestato nel capo di imputazione — ha incalzato l’avvocato di parte civile Bini —. A mio parere, ogni discussione di contorno è inutile. L’offesa è palese. La portata offensiva, la portata maligna e infida di queste parole è percettibile da chiunque alla sola lettura dell’articolo. Nel suo appello, Riccio non agiva in spregio alle leggi, ma semplicemente faceva dichiarazioni su un aspetto meramente burocratico. ‘Io accetto le dichiarazioni anticipate di un paziente indipendentemente dal fatto che vengano depositate nel Comune di nascita piuttosto che in quello di residenza. Stiamo parlando di un aspetto burocratico».

Entro 90 giorni il giudice depositerà la motivazione della sentenza di condanna. «È una vicenda che ha trovato l’inevitabile conclusione e che, sinceramente, mi sono stupito quando è nata con le dichiarazioni degli assessori», ha commentato Riccio che, poi si è levato tre sassolini dalla scarpa.

Il primo: «Mi ero dispiaciuto che il consiglio comunale di Casalmaggiore non si fosse dissociato dalla grave posizione che avevano assunto i due assessori, i quali rivestivano un ruolo importante in quel momento. Sinceramente io avevo un rapporto personale con il sindaco Bongiovanni, che ritengo persona perbene».

Secondo sassolino. «Mi è molto dispiaciuto, non che lo trovi strano, che l’ospedale non abbia voluto difendere non solo un suo dipendente di fronte a queste gravi accuse, ma anche la struttura stessa. L’Asst non ha risposto a queste gravi accuse che hanno attaccato anche la struttura».

Terzo sassolino. «Mi ha veramente molto deluso l’Ordine dei medici di Cremona che su questa vicenda non ha mai preso posizione. Si parla sempre di violenze sui sanitari, sui medici. La violenza può essere fisica, può essere anche verbale come è stata e la sentenza evidentemente lo ha chiarito. Io ho avuto modo di conoscere direzioni dell’Ordine dei medici di Cremona più sensibili sugli argomenti di tipo etico».

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