L'ANALISI
CASALMAGGIORE
31 Maggio 2023 - 19:56
Mario Riccio e il tribunale di Cremona
CASALMAGGIORE - «Facessi l’oculista». Mario Riccio fa l’anestesista-rianimatore, un lavoro d’équipe sia in sala operatoria sia in Terapia Intensiva. I pazienti che lottano tra la vita e la morte, «essendo io rianimatore, il mio compito è di rianimarli, non di sterminarli». Riccio lo fa da 40 anni. Ma a fine gennaio del 2019, responsabile della struttura semplice dipartimentale di Anestesia e Rianimazione dell’Oglio Po, «al lavoro mi sono trovato in enorme difficoltà, ho perso la serenità, essendo inquadrato come un medico che uccideva i pazienti, li sterminava, un carnefice».
Qualche collega gli diede sostegno. Altri gli fecero delle battutine dopo la pubblicazione (su un giornale on line), di una lettera a firma di Marco Poli e Gianfranco Salvatore. Non due persone qualsiasi. All’epoca erano assessori comunali, il primo al Bilancio, il secondo ai Servizi Sociali. Poli era anche revisore dei conti dell’Asst e all’Oglio Po Salvatore lavorava come tecnico della manutenzione dei macchinari.
Gli ex assessori sono accusati di aver diffamato Riccio, natali a Napoli, parte civile con l’avvocato Paolo Antonini e sentito oggi al processo originato dalla sua querela dopo aver letto la lettera in replica alla sua «provocazione» lanciata a gennaio di quell’anno nella veste di consigliere regionale dell’Associazione Luca Coscioni su un emendamento proposto dal M5S in relazione al bio testamento. Provocazione rilanciata dall’agenzia Ansa e amplificata. Bisogna partire da qui per capire l’evolversi della questione che esplode intorno al 27 gennaio, Giorno della memoria. Riccio oggi lo ha spiegato al giudice.
C’era una proposta di modifica della legge sulla Dat (Disposizioni anticipate di Trattamento). La modifica comportava che le dichiarazioni dovessero essere depositate al Comune di nascita e non al Comune di residenza. «È come se io, che sono nato a Napoli, fossi dovuto andare al Comune di Napoli». Da qui, l’appello ai medici di prendere comunque la Dat delle persone residenti nel Comune senza mandarle in quello di nascita. Insomma, una «disobbedienza all’aspetto formale» contro lo ‘sballottamento’ da un Comune all’altro. «Pochi giorni dopo - ha proseguito Riccio —, mi sono trovato con la lettera firmata dagli odierni imputati, i quali riprendevano il mio appello e lo condivano con affermazioni associate all’Olocausto, alla Shoah».
Le frasi incriminate. «Obbedienza civile? La morte per compassione stia lontana dall’Oglio Po. Abbiamo trovato non casuale e sinistro il fatto che essa sia stata rilasciata nell’immediata ricorrenza del Giorno della Memoria. Come non associare questa dichiarazione con il tristemente famoso programma T4, precisando che «l’Aktion 4 è il nome convenzionale con cui si designa il programma nazista di eutanasia che, sotto responsabilità medica, prevedeva in Germania la soppressione di persone affette da malattie genetiche inguaribili e da portatori di handicap. Vite ritenute indegne di essere vissute, comunque. Si stima che l’attuazione del programma T4 abbia portato all’uccisione di un totale di 200 mila persone». Ed ancora. «Di tante cose abbiamo bisogno fuorché di una pubblicità che lo indichi come luogo di incontro con una morte per compassione; ecco che un medico, anziché farsi prossimo in fedeltà al giuramento di Ippocrate, si offre di diventarne carnefice».
«All’inizio, pensavo fosse uno scherzo , poi sono rimasto impressionato — ha sottolineato Riccio —. La lettera era stata scritta da due persone qualificate della comunità casalasca». L’anestesista non presentò subito la querela. ««Mi sono consultato con il mio avvocato Antonini. Abbiamo atteso che ci fosse un segnale anche da parte del giornale per chiarire, per centrare meglio l’obiettivo. Nulla. In ospedale ho poi avuto inizialmente una situazione complicata, inquadrato come medico che uccideva i pazienti. La lesione all’onorabilità non è facile da quantificare».
In aula si tornerà il 29 novembre. Fuori aula, oggi. Riccio è in pensione dal primo febbraio. Fa attività di consulenza anestesiologica e rianimatoria, tra cui, «fin da subito all’Oglio Po, seguendo l’esempio di molti medici». Dal 4 febbraio, fa i turni: 8-9 al mese. «Ho scoperto che dal mese di agosto il mio nome non risulta più nei nominativi dei medici che offriranno la loro prestazione. Non ne conosco le motivazioni. Voglio proprio sperare che il non essere più nell’elenco dei medici non sia in relazione con questa vicenda giudiziaria».
Mezzogiorno e 20 di oggi, il giudice chiama il processo. «C’è la possibilità di trovare una soluzione amichevole di questa vicenda anche per non amplificarla ulteriormente? Vi do 10 minuti, vi mettete attorno ad un tavolino per trovare una soluzione amichevole per una vicenda sicuramente spiacevole». Non servirà. L’ex assessore Marco Poli, oggi consigliere di maggioranza, difeso dall’avvocato Elisa Carpi spiega che la richiesta di Riccio, per chiuderla, era «eccessiva». Prende la parola l’anestesista: «Dopo quattro anni, se ci fosse stata una proposta sincera, realistica...».
Fallito il tentativo, Riccio si accomoda, risponde alle domande del pm onorario Silvia Manfredi, racconta, spiega, chiarisce. Quando è il turno della difesa, è pronto a rispondere alle domande degli avvocati Carpi per Poli e Annalisa Sinelli per Gianfranco Salvatore. I difensori hanno in canna molti colpi, ma quasi tutti verranno rispediti al mittente. Molte domande saranno «stoppate» sul nascere, perché «inammissibili», perché «che cosa c’entra con il processo?» vuoi dal pm onorario Silvia Manfredi e dall’avvocato di parte civile Paolo Antonini, vuoi da pm, avvocato e giudice.
Davanti al magistrato non c’è un medico qualunque. Nel 2006, di Riccio si occuparono tutti i mass media, locali e nazionali, perché fu l’ anestesista che scese a Roma e ‘staccò la spina’ (semplificazione giornalistica, ndr) a Piergiorgio Welby. La difesa degli ex assessori ci prova a introdurre il caso Welby nel processo, ma la domanda non è ammessa. Si passa ad un’altra domanda: «Lei si ritiene personaggio pubblico?». Domanda «stoppata» dall’avvocato di parte civile.
Riccio spiega nuovamente che la provocazione (l’appello alla disobbedienza civile) la fece come membro dell’Associazione Luca Coscioni e su una questione «formale». «L’agenzia Ansa la riportò in maniera pedissequa». Se poi nel riprendere la notizia battuta dall’Ansa, alcuni giornalisti scrissero che Riccio era anche primario dell’Oglio Po, l’aggiunta era per «localizzare». La difesa si sofferma sulla parola ‘primario’ come se Riccio, responsabile della Struttura semplice dipartimentale anestesia e rianimazione, avesse voluto promuoversi. Ma ‘primario’ è una semplificazione giornalistica come accade per ‘provveditore agli studi’ sostituito da dirigente dell’Ufficio scolastico territoriale.
«Ci può spiegare che cos’è l’anestesia generale?». Domanda non ammessa come quella sul farmaco tiopentale, il Pentothal. «Non si usa più perché ha caratteristiche superate», spiega Riccio. La difesa ha tirato giù da Wikipedia l’informazione che il Pentothal veniva usato per il suicidio assistito.
Si passa alla filmografia. Da Riccio la difesa vuole sapere se interpreta come diffamatoria una serie di film. Quali film, non li può elencare. «Domanda non ammessa».
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