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IL CASO DELLA PICCOLA INDI

Riccio: «Non c’era cura. L’alternativa? La sofferenza...»

Il consigliere generale dell’Associazione Luca Coscioni e componente del Comitato di bioetica: «Il potere di decidere sulla vita dei figli non risiede nelle mani del padre e della madre»

Gilberto Bazoli

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redazione@laprovinciacr.it

15 Novembre 2023 - 08:09

Riccio: «Non c’era cura. L’alternativa? La sofferenza...»

Mario Riccio e la piccola Indi con i genitori

CREMONA - È il medico che ha staccato la spina a Piergiorgio Welby e seguito il primo suicidio assistito in Italia. «I genitori di un minore non sono gli assoluti e unici titolari della sua responsabilità: questo è un elemento che va al di là del caso in sé». Per commentare il caso della piccola Indi, il dottor Mario Riccio, consigliere generale dell’Associazione Luca Coscioni e componente del Comitato di bioetica, ex responsabile di Anestesia e Rianimazione dell’Oglio Po, parte da una considerazione di ordine generale. La vicenda, secondo Riccio, «è molto chiara. Ci sono alcuni punti che vorrei ribadire».

Il primo?
«Se fosse vero che il potere di decidere sulla vita dei propri figli è nelle mani del padre e della madre, allora sarebbe giustificabile il fatto di curarli con la stregoneria invece della medicina o di non ricorrere alle trasfusioni di sangue o, ancora, di non vaccinarli contro la polio e il Covid. Qui non siamo di fronte a un minore emancipato, come si dice nel diritto, ma a un neonato di otto mesi».

A scegliere, allora, è lo Stato? E in nome di cosa?
«Non è assolutamente così. Lo Stato ha il dovere di fare il migliore interesse del cittadino. Ed è proprio questo che sfugge: è stato fatto l’interesse di una persona. Nessuno aveva offerto nulla di concreto e ogni eventuale intervento sarebbe stato invasivo, di sofferenza».

L’Inghilterra, il Paese di Indi, e il suo sistema giudiziario sono stati accusati di insensibilità: lei cosa ne pensa?
«L’Inghilterra è la patria delle medicina genetica e quello di Nottingham è uno degli ospedali migliori, uno dei centri pediatrici più avanzati in Europa».

Ha avuto modo di leggere la sentenza del giudice britannico che ha disposto l’interruzione dei trattamenti vitali?
«Sì e quelle pagine mi hanno davvero impressionato. Anche nella forma. Il giudice parla in prima e non in terza persona, come da noi, e si mostra molto attento al dolore dei familiari. Fa molti riferimenti a loro, si capisce che prova compassione. Ma il suo obiettivo è sempre l’interesse della figlia».

Ha parlato di chi ha scritto la sentenza. E il suo contenuto?
«Il giudice cosa fa? Prende atto che la bambina non ha la possibilità di sopravvivere né di crescere, che per lei non c’è una cura adeguata. Qual è allora il suo miglior interesse? È crudele dirlo, ma è morire. E aggiungerei un particolare».

Prego.
«Mi risulta che i genitori sapessero che la figlia sarebbe venuta alla luce in queste condizioni, a cosa sarebbe andata incontro. Esisteva già, quindi, una diagnosi prenatale. Si apre così uno scenario molto differente e più triste».

All’ospedale di Nottingham hanno staccato i fili alla malata, quello del Bambino Gesù di Roma era pronto ad accoglierla e assisterla.
«La proposta del Bambino Gesù non conteneva una terapia alternativa, nulla di particolare se non l’opportunità di accompagnare la bambina alla morte. Devo dire la verità: da un punto di vista sarebbe stato puramente cinico, sarebbe stato meglio, sempre che Indi avesse superato il viaggio, il suo ricovero nel nostro Paese. Tra due, forse tre mesi, sarebbe comunque morta. E a quel punto si sarebbe capito che non cambiava niente. Non avrebbe avuto più tempo la neonata, ma, semmai, i genitori, per metabolizzare la perdita».

Da ultimo, il capitolo della cittadinanza italiana concessa alla figlia di Dean e Claire Gregory. Riccio non vorrebbe intervenire nelle polemiche.
«Dico questo: le dichiarazioni della Meloni su Indi, che poteva venire a Roma, la cittadinanza italiana accordata dal Consiglio dei ministri in una seduta di pochi minuti, l’offerta dell’ospedale del Bambino Gesù e tutto il corollario... credo sia stata tutta una questione politica».

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